Alla settima edizione dello Smack! di Genova, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Fabio Piacentini, disegnatore di casa Sergio Bonelli Editore, che ha presentato la nuova collana Martin Mystère a colori. Seguiteci nel resoconto della nostra intervista!

intervista a fabio piacenitni

Innanzitutto Fabio, ti ringraziamo di averci concesso il tuo tempo e iniziamo subito con un grande classico: Come hai iniziato a disegnare? Qual è stata la tua ispirazione per intraprendere quella che, prima di diventare una carriera, è una passione?

È una passione da sempre, da quando sono nato. Mia madre mi ha insegnato subito a scrivere e, di conseguenza, anche a disegnare. Intorno ai 12-13 anni ho iniziato a leggere i fumetti, ho cominciato a copiarli e a pensare che mi sarebbe piaciuto disegnarli. Purtroppo facevo ragioneria che, da un lato, ha rappresentato un freno, non facendo l’artistico, dall’altro mi ha permesso di esercitarmi parecchio, disegnando a scuola. Mi sono diplomato e nella mia testa c’era la necessità, la volontà, di diventare un disegnatore di fumetti, non sapendo se ero in grado o meno non avendo frequentato nessuna scuola. A quel punto mi sono iscritto alla Scuola Romana dei Fumetti, dove ho frequentato un corso per due anni e, quasi da subito, ho iniziato a collaborare con varie riviste.

Quali sono stati i fumetti che ti hanno ispirato?

Il primo fumetto in assoluto, che mi ha portato a leggerne tanti altri, è stato Alvar Mayor, disegnato da Enrique Breccia e scritto da Carlos Trillo. Seguivo solo quello. Compravo anche Lanciostory, Scorpio e una volta, casualmente, ho scoperto Dylan Dog. Da lì ho scoperto Sergio Bonelli Editore ed è “esplosa” la passione.

Ormai sono quasi 25 anni di carriera, giusto?

La prima pubblicazione, se non ricordo male, è stata nel 1994.

Allora 23, per la precisione. Guardando indietro, c’è qualcosa che cambieresti? Qualcosa che diresti, al te stesso da giovane, di fare o non fare al fine di migliorare la propria vita?

Più applicazione! E, se l’avessi saputo prima, sarei passato al digitale prima di quando ho iniziato.

A tal proposito, parliamo di tecniche: tu quali prediligi quando disegni?

Io, avendo seguito il corso alla Scuola Romana dei Fumetti e avendo avuto come maestro Massimo Rotundo, che è un grandissimo del mondo fumettistico, ho imparato le tecniche classiche. Il discorso del digitale è un po’ complesso: disegnare in digitale, per quanto possa sembrare strano, non è molto differente dal disegnare a mano, perché le tecniche sono le stesse, è solo il modo con il quale cerchi di applicarle, che è differente. Io lavoro in digitale usando le tecniche che mi hanno insegnato Massimo Rotundo, Paolo Morales, Caracuzzo e gli altri insegnati della Scuola Romana. Io seguo ancora i vecchi insegnamenti, però applicandoli nel digitale.

Tra tutti i tuoi insegnanti e i fumettisti più famosi, ce n’è qualcuno in particolare che ti ha ispirato quando eri ragazzino? Oppure, hai visto una tavola o un disegno di qualche disegnatore in particolare, che ti ha fatto dire “voglio diventare così”?

Sì, Enrique Breccia, ma non mi ci sono neanche avvicinato! Poi tantissimi altri disegnatori e insegnanti che reputo ancora maestri e ai quali mi sono ispirato. Sto facendo un percorso di ricerca al contrario: ho apprezzato, e apprezzo, i disegnatori moderni, ma purtroppo, o per fortuna, sto tornando indietro ai disegnatori che hanno fatto la storia del fumetto, come Al Williamson.

intervista a fabio piacentini

Finora abbiamo esplorato solo una parte della barricata, andando ad esplorare il tuo lato professionale. Adesso invece vorremmo sapere: qual è il rapporto che hai con i tuoi lettori?

Spero di avere un buon rapporto, un rapporto normale. Ho fatto amicizia con alcuni dei miei lettori e con degli appassionati, essendo io stesso un lettore non vedo alcuna differenza. È stata una mia scelta quella d’iniziare a disegnare, perché avevo qualche caratteristica che mi spingeva in quella direzione, ma per il resto rimango un lettore. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda perché ci lega la passione per il fumetto.

Parliamo un attimo delle tue esperienze lavorative, visto che recentemente ti sei affacciato anche su Martin Mystère. Com’è stato lavorare su un personaggio così importante e qual è l’incarnazione che preferisci del personaggio, considerata la sua unicità nel mondo del fumetto?

La mia carriera mi ha portato vicino al fumetto e lontano dallo stesso, visto che per tanti anni ho fatto l’illustratore, il colorista, il modellatore 3D e poi sono tornato quasi casualmente, anche se buona parte della spinta l’ho data io, e la fortuna mi ha portato, quasi subito, alla Bonelli. Martin Mystère l’ho sempre letto, visto che alla Scuola Romana c’erano Stefano Santarelli, Massimo Vincenti e Paolo Morales che erano sceneggiatori e disegnatori di Martin Mystère, e la fortuna ha voluto che, una volta iniziato a disegnarlo, già sapevo ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. È stata una di quelle cose “che vanno lisce”, che funzionano subito, come quando due persone s’incontrano e s’innamorano. In seguito sono stato selezionato da Alfredo Castelli e mi hanno scelto per creare il nuovo “character” di Martin Mystère.

Com’è stata l’esperienza in Bonelli?

Descriverla non è facile, perché da fuori alcune cose possono sembrare diverse rispetto a come sono all’interno. Quando entri capisci perché, in passato, non riuscivi a lavorare in Bonelli, o perché alcuni disegnatori non vengono premiati rispetto ad altri. È un’azienda che t’insegna a lavorare in un certo modo, dove tu non sei “tu disegnatore” ma “tu disegnatore che lavora per quel personaggio” e devi sempre averne rispetto. È una cosa che va fatta per tutti i personaggi, siano essi Martin Mystère, Dylan Dog o Tex. Poi più è grande la sua storia e più diventa difficile. Io, ad esempio, non mi sono mai avvicinato a Tex proprio per questo motivo: ha una storia così grande alle spalle che non riuscirei neanche ad immaginare di doverlo disegnare.

Ti piacerebbe lavorare a qualche altro personaggio Bonelli? E quali sono i tuoi progetti futuri?

Sì, mi piacerebbe lavorare anche ad altri personaggi, perché avendo fatto tanti progetti, anche al di fuori di Bonelli, mi piace fare molte cose differenti e, se capita una sfida nuova, cerco sempre di accettarla. In merito ai prossimi progetti, al momento sto disegnando una storia per Sergio Badino di Martin Mystère classico e speriamo che si faccia la seconda “serie” di quello nuovo.

L’intervista è conclusa, ti facciamo il nostro più grande in bocca al lupo e grazie per averci concesso il tuo tempo!

Grazie a voi!