“Se il cinema può cambiare la Storia? No, ma può sicuramente influenzarla”

Dopo un’affollatissima anteprima per il pubblico (ecco la nostra recensione), all’inizio di un caldo agosto romano, Quentin Tarantino presenta alla stampa italiana C’era una volta… a Hollywood, accompagnato dai produttori David Heyman e Shannon McIntosh e dagli attori protagonisti Leonardo Di Caprio e Margot Robbie. 

Tarantino e il suo cast sono impegnati in una tournée di presentazione europea che, oltre Roma, li ha visti calcare i red carpet anche di Londra e Berlino. Un occhio di riguardo, molto apprezzato, del regista americano al mercato europeo, che l’ha immediatamente consacrato come Maestro sin dai suoi esordi negli anni Novanta. 

Aprono le danze della conferenza stampa i due produttori, David Heyman – noto per aver patrocinato la saga di Harry Potter – e Shannon McIntosh

Come è stato lavorare con un Maestro come Quentin Tarantino?

Shannon McIntosh: È stato un percorso molto emozionante. Il copione era lungo, enorme, ma subito dopo averlo finite è partita questa avventura, ed è stata molto divertente. 

David Heyman: È stato un privilegio. Ho avuto la fortuna di fare questa esperienza unica. Quentin controlla tutti gli aspetti della sceneggiatura, ci sono tantissimi particolari, sembra di leggere un romanzo. Lui crea per piacere, non lo fa per professione. 

C'era una volta... a Hollywood

Interviene Di Caprio, a proposito della sua interpretazione in C’era una volta… a Hollywood

Leonardo Di Caprio: Fin dall’inizio ho pensato che la sceneggiatura fosse molto intelligente, col suo modo di parlare di un periodo in cui la cultura – quella di Hollywood – è cambiata, attraverso pochi giorni nelle vite quotidiane dei personaggi.  Rick Dalton era un protagonista, poi si è trovato a fare da punching bag per la nuova generazione di attori. Forse è bipolare, sicuramente è angosciato dalla sua mortalità e dal fatto che il mondo possa andare avanti malgrado lui. 

Cosa si prova a confrontarsi con cult del cinema degli anni Sessanta, come “La grande fuga”?

Leonardo Di Caprio: Grazie a Quentin si entra in contatto con possibilità sicuramente non aperte a tutti e questo è possibile grazie alla sua sconfinata cultura cinematografica. Grazie a lui ho approfondito i film Western anni Cinquanta, di cui ero già un appassionato spettatore. Ma la differenza sta nel profondo rispetto che Quentin ha verso queste storie e questi attori: dal canto mio sono cresciuto guardando film e ho sempre cercato di migliorarmi. 

Nel 1969 alcuni di voi non erano ancora nati, Quentin era giovanissimo. Che sensazioni avete avuto nel rapportarvi a quel cinema? 

Margot Robbie: Sono felicissima di lavorare adesso, nel 2019, come attrice e come donna. Tuttavia, amo molto anche quei film, forse perché riconosco una certa vicinanza: tra il 1965 e il 1969 Hollywood si è profondamente trasformata, così come sta avvenendo ora. 

Quentin Tarantino: Io quegli anni li ricordo. Ricordo quando è uscito The Wrecking Crew (in Italia: Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm), ero fan di Dean Martin e Jerry Lewis. Sharon Tate era carina, ironica, riusciva a fare vere e proprie gag senza perdere il proprio aplomb. E in più c’era quella lotta coreografata da Bruce Lee. La scena in cui Margot/Sharon va al cinema è ispirata alla prima volta che io ho visto quel film, la struttura che abbiamo scelto ricorda infatti il Garden’s Theatre a Saint Gabriel. 

È noto che Lei ama molto il cinema di genere e il cinema di genere italiano, in particolar modo. Eppure in questo film il personaggio di Di Caprio non sembra molto contento di venire a girare in Italia…

Quentin Tarantino: Sì, amo i film di genere e adoro i B-Movies. Ho sempre amato come voi italiani avete sviluppato i Western, le commedie Sexy, i polizieschi, i Peplum. Gli italiani hanno preso ispirazioni venute da fuori e le hanno reinventate per il loro pubblico, in maniera del tutto nuova. Leone, Corbucci, tutti partono come critici, poi come sceneggiatori, poi come registi di seconda unità per le scene d’azione: il cinema di genere nasce dalla passione, così come il mio. Il primo libro che ho letto sui Spaghetti Western li paragonava all’opera lirica, in cui tutto era sopra le righe. Questo vorrei fare io: un’Opera della violenza. 

c'era una volta... a hollywood

Quella di C’era una volta… a Hollywood è un’operazione-nostalgia?

Quentin Tarantino: Il cinema sta cambiando. Non voglio essere il solito vecchio noioso che dice che prima era meglio, ma con la CGI si è persa la dimensione artigianale del set. Ora anche le grandi produzioni, che potrebbero permettersi di ricostruire tutto nella realtà, preferiscono usare la computer grafica. L’estetica del cinema, però, è fatta di cose vere, concrete, oltre che composta da tutte quelle maestranze la cui competenza era davvero un elemento di qualità del film. 

Il cinema può cambiare la Storia?

Quentin Tarantino: Cambiarla forse no, ma sicuramente può influenzarla. Hey, non sono mai stato a una conferenza stampa così intellettuale!

 

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.