L’attesa dell’attesa

“L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” diceva il filosofo Gotthold Ephraim Lessing, santone tedesco sconosciuto ai più, ma di cui è ben la nota la celebre massima.
Oggigiorno, vuoi per colpa dei meme, vuoi per colpa di Facebook e affini, questa frase è stata in gran parte svuotata del suo significato originario: nel momento che precede il compimento di un evento, si trova la vera essenza dell’atto stesso. Dunque, non tanto è il realizzarsi di un qualcosa che le da’ un senso, ma tutto quello che è accaduto prima. Ed è questo ciò che ci insegna Sergio Algozzino, fumettista patermitano che torna il libreria con Storie di un’attesa, edito da Tunuè per la collana Prospero’s books.

Sergio Algozzino Cover Audaci New

Il fumetto è un intreccio di storie apparentemente non collegate tra loro, sullo sfondo della città di Palermo. I racconti sono diversi, ma tre di essi si impadroniscono della scena, per via del pathos che li contraddistingue.
Il primo parla di un principe che decide di organizzare un viaggio in Terra Santa e dedica la sua vita a questo obiettivo. Il secondo ha per protagonista un giovane ebreo, da poco trasferitosi nel capoluogo siciliano, che inizia una lunghissima partita a scacchi per corrispondenza con un rivale sconosciuto. Nel terzo, ambientato negli anni novanta, un giovane si ritrova ad attendere sotto casa la ragazza che gli piace, durante un afoso pomeriggio estivo in cui l’unica compagnia sono i suoi pensieri da innamorato.
Ad incasellare le varie vicende ci sono spezzoni, tavole e frammenti di altre storie, tutte legate al valore dell’attesa, gioia dimenticata in quest’era frenetica che non si ferma mai.

L’ultima fatica fumettistica di Sergio Algozzino è una favola poetica sul tempo, o, per meglio dire, sulla “sospensione del tempo“. Il ritmo della narrazione sembra essere dilatato all’infinito, dando quasi l’impressione di non scorrere mai. Ma quello che potrebbe apparire come l’emblema della pesantezza è, invece, un inno dolce, leggero e armonioso agli istanti, a prima vista vuoti, che scandiscono la nostra vita. C’è qualcosa di magico in queste tavole, a tratti pacate, appena abbozzate, ma in fondo potenti e di grande impatto. Un filo le lega, adagiandosi tra una vignetta e l’altra, come la sabbia in una clessidra.
All’improvviso ci si trova in un clima assorto, quasi meditativo, immersi nei pensieri che scorrono tra le pagine. Le riflessioni dei personaggi diventano le nostre e così i loro dubbi, le loro paure e le loro angosce. Impossibile non individuare nelle storie, per quanto diverse tra loro e da noi, elementi e particolari affini al nostro presente. In esse troviamo qualcosa che ci appartiene, anche se non si tratta di una riflessione istintiva, ma sommessa e silenziosa.

Cover Algozzino

Algozzino è riuscito ad intessere un’atmosfera da fiaba partendo dalla realtà. Ha scavato nella vita di tutti i giorni e di epoche differenti, per dare cittadinanza letteraria all’universale valore dell’attesa. Il risultato è un’opera che rappresenta, attraverso i disegni e le parole, le infinite sfumature dell’aspettare.
Il modo estremamente intimo di raccontare, sia dal punto di vista grafico che narrativo, è come un sussurro che parla alle orecchie, ma che arriva dritto al cuore. La sensibilità elevatissima dell’autore riesce a filtrare ogni intervallo tra una sequenza e l’altra, permettendo al lettore di percepire il tempo che scorre. Rievoca le emozioni forti di chi, almeno una volta nella vita, ha vissuto un’attesa senza mai concluderla, rimpiangendola.

L’autore ci regala una storia poetica, struggente, in cui non è difficile riconoscersi e ritrovarsi. Il fumetto si rivolge a ciascuno di noi, toccando le giuste corde e intonando una melodia comprensibile a tutti.
L’attesa è una delle componenti più importanti delle nostre esistenze e qui ottiene l’elogio che merita, diventando protagonista di una graphic novel di grande delicatezza.

 

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!