Streghe: un mito vecchio di secoli

Una delle pagine di storia più sanguinarie è quella della cosiddetta caccia alle streghe, che coinvolse per secoli in particolare Europa e America. Le donne accusate di stregoneria erano per la maggior parte innocenti e vittime di pura superstizione, alimentata dalla convinzione che fossero strettamente legate da un patto diabolico per poter utilizzare le arti magiche. Tale è stato l’impatto storico di questi roghi che la figura della strega a continuato a far parte dell’immaginario popolare, divenendo anche protagonista di opere letterarie e cinematografiche e subendo, per questo, una trasformazione delle sue caratteristiche peculiari, fisiche e non solo, nel corso dello sviluppo di queste industrie.

In Giappone avvenne più o meno la stessa cosa, grazie sicuramente all’apertura verso l’occidente iniziata nel periodo Meiji (1867-1912): il Paese aveva già i propri racconti di folklore e figure spaventose che terrorizzavano i contadini e le campagne nei secoli addietro, ma le creature delle leggende occidentali attrassero presto l’attenzione e, in particolare, le streghe vennero rielaborate dalla cultura di massa, dando vita a personaggi del tutto nuovi dai poteri sempre diversi, utilizzati per i motivi più disparati.

streghe giappone

Le streghe in Giappone: ieri

Innanzitutto, è bene specificare una cosa: nel culto shintoista, vi è una divisione fra il mondo degli spiriti e quello mortale raccontata dalla leggenda di Izanami e Izanagi. Con queste due divinità, si creò il concetto di oltretomba, che venne legato alla figura femminile di Izanami: la dea rimase “intrappolata” nell’altro mondo, venendo così associata alla morte, all’impurità e al regno degli spiriti e dei mostri.

Perciò, forse non è del tutto un caso che alcune creature folkloristiche siano perlopiù femminili e che abbiano origine dal risentimento o da grandi sofferenze. Specialmente se vengono rappresentate come vecchie, queste ricevono l’appellativo baba, che col tempo è anche diventato in parte dispregiativo per chiamare vecchie avare, maligne e dispettose, continuando a qualificare alcune donne come nemiche dell’uomo e della purezza di spirito.

Onibaba, il demone strega

Un esempio di “strega” in Giappone è la onibaba o yamauba, che per aspetto ricorda molto proprio le streghe occidentali: vecchia, dai capelli lunghi e bianchi, dalle vesti sporche e, in alcune storie, mangiatrice d’uomini.

Alcune leggende raccontano come una donna si sia trasformata in yamauba: una di queste storie racconta di una donna che faceva da levatrice di una bambina di ricca famiglia. Questa bambina, pur avendo cinque anni, ancora non aveva proferito parola e la soluzione suggerita dal medico fu quella di procurarsi il fegato di un bambino non ancora nato. La donna allora partì per tale inquietante missione, ma non prima di regalare un amuleto alla propria figlia, coetanea della bambina muta.

La levatrice si ritirò presso la piana di Adachigahara e attese che una donna incinta passare nei paraggi. Trascorsero diversi anni, la levatrice nel frattempo invecchiò ma finalmente ecco passare una donna incinta, al cui bambini strappò il fegato che per anni aveva cercato. Solo dopo aver finalmente compiuto la sua macabra missione, si rese conto che quella giovane incinta era la figlia a cui aveva regalato l’amuleto che lei ancora portava con sé. La disperazione folle causata dalla tragica scoperta rese la vecchia uno yokai.

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Un altro racconto invece vede protagonista un monaco buddhista che chiede rifugio ad una vecchia che viveva in una caverna. Accogliendolo, la vecchia disse che sarebbe andata a raccogliere altra legna per scaldare entrambi e quindi intimò il manco di aspettarla senza, però, esplorare oltre la caverna. Un po’ come accadde nel mito di Izanami e Izanagi, anche qui l’uomo non resistette alla curiosità e scoprì che vi era una montagna di ossa umane. Ricordando alcune dicerie su una onibaba della zona (sempre Adachigahara), il monaco decise di fuggire ma, quando la vecchia si accorse della sua fuga, lo inseguì con grande velocità. Il monaco ricorse dunque ad un sutra che creò una tale energia che uccise la vecchia, che egli seppellì vicino al fiume, in un punto che ora viene chiamato Kurozuka.

Entrambe le storie, insomma, sembrano parlare della stessa “strega”, che per il suo cannibalismo ci può ricordare quella di Hansel e Gretel ad esempio, a dimostrazione che anche dall’altra parte del mondo i timori e la paura dell’ignoto e della morte erano esattamente gli stessi. Tuttavia è facile notare come questo tipo di strega non combaci affatto con l’immagine più generica occidentale: non utilizza calderoni in cui crea pozioni, non vola su una scopa, non ha un gatto nero come famiglio e, soprattutto, non ha dei poteri magici. È semplicemente un mostro da cui stare alla larga.

Le streghe in Giappone oggi

La onibaba continua a essere conosciuta come creatura solamente tramite il teatro Noh, probabilmente perché meno fascinosa dell’ideale occidentale, in grado di utilizzare poteri sovrannaturali. Nei vari media giapponesi si sono invece susseguite varie rappresentazioni e soprattutto quelle più pop ne hanno riqualificato l’immagine, rendendo le streghe dei personaggi positivi e integrate nella comunità.

Se mantenendo l’idea di una strega cattiva e vecchia possono venire in mente personaggi come la Strega delle Lande ne Il castello errante di Howl o Yuubaba de La città incantata (notare anche in questo caso la presenza del termine baba), tutto cambia se la strega in questione è giovane. Sempre tra i film dello studio Ghibli (dato che a breve arriveranno su Netflix) la piccola Kiki è un esempio perfetto: una ragazzina di 13 anni sfrutta i propri poteri per svolgere il proprio lavoretto di consegne durante l’anno di noviziato. Nel suo caso, i poteri magici servono per la sua crescita personale e per potersi relazionare con gli abitanti di una città sconosciuta, senza tuttavia potersi liberare delle difficoltà che implica la vita, come invece spesso accade con altre ragazze dotate di poteri che troviamo nella produzione anime e manga.

Di tanto in tanto, nel caso delle giovani streghe, viene anche raccontato come acquisiscono o perdono i poteri magici e spesso la causa della perdita di sono i rapporti d’amore o d’amicizia: nel caso di Magica Doremì, ad esempio, le ragazzine che stanno cercando di diventare streghe rinunceranno più di una volta ai loro poteri, pur utilizzandoli sempre a fin di bene, per poter salvare qualcuno.

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Troviamo tuttavia un breve ritorno alle streghe malvagie in Madoka Magica: le ragazze diventano maghette in grado di combattere le streghe che invadono la Terra con i loro poteri negativi ma, utilizzando la propria magia, le protagoniste stesse rischiano di diventare delle streghe e di perdere dunque il controllo e le persone che amano. Questo anime fu considerato sovversivo del genere mahou shojo, ormai troppo concentrato sull’aspetto kawaii e meno su ciò che comporta l’avere dei poteri.

Nei tre casi succitati, infatti, il comune denominatore è il sacrificio che la magia richiede alle streghe: così come ci viene insegnato in molti altri contesti magici, letterari o cinematografici, la magia ha sempre un prezzo e spesso viene pagato proprio da chi la utilizza, nonostante le intenzioni benevole. Non è un caso, se ci pensate, che in Ransie la Strega o Sugar Sugar Rune, invece, troviamo streghette che, sì, cercano di inserirsi nella società umana ma utilizzando le loro peculiarità a principalmente a proprio vantaggio, senza perderci nulla.

Insomma, la strega oggi, anche per via di queste numerose produzioni che ne hanno rivisitato le caratteristiche principali in tutte le salse, quasi in nessun caso ha il carattere negativo di una volta, ovvero quella di una donna malvagia, scorbutica, vecchia e portatrice di morte. Nelle storie moderne, la magia non è più prerogativa dei cattivi ma richiede menti giovani, che non necessitano di spaventare nessuno per trovare il proprio posto nel mondo e possono semmai rendersi utili, mantenendo comunque quel pizzico di ingenuità che basta per continuare a renderle amabili dal grande pubblico, che trova sicuramente molto più appetibili e interessanti delle ragazzine intraprendenti rispetto alle vecchie megere di montagna!

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.