Una notte “qualunque” per inseguire il proprio destino. Arriva anche in occidente The night is short, walk on girl.

Quante volte ci siamo trovati la sera a bere un drink e a chiederci cosa stiamo facendo della nostra vita? Il tempo scorre davanti a noi e non possiamo far niente per fermarlo o rallentarlo. L’unica possibilità che ci rimane, allora, è semplicemente goderci il momento e seguire il flusso delle cose: un cocktail ben miscelato, una buona compagnia, l’atmosfera notturna delle grandi città e i nostri sogni inizieranno a mescolarsi tra loro, donandoci esperienze irripetibili.

“La ragazza dai capelli corvini” protagonista di The night is short, walk on girl, diretto da Masaaki Yuasa (Devilman Crybaby), decide di fare proprio questo mentre si trova ad un matrimonio: passare una serata a base di alcolici e divertimento. Una decisione simile viene presa anche dal suo “senpai” (compagno di scuola o lavoro più anziano, ndr), anch’egli presente al ricevimento e innamorato di lei da quando si è unita al suo club: il suo scopo sarà di riuscire finalmente a intavolare una conversazione con lei e dichiararsi, seguendo il suo piano strategico. Ha inizio così una lunga notte per entrambi, fatta di incontri bizzarri e situazioni al limite dell’assurdo, in giro per il quartiere di Pontocho di Kyoto, ricolmo di locali notturni.
I destini dei due studenti, per quanto intrecciati tra loro, prenderanno strade diverse, contrapponendo le loro avventure notturne: lei si divertirà in ogni momento ignorando di essere seguita dal suo senpai, il quale vivrà momenti imbarazzanti e sfide devastanti, che si concluderanno con un finale sereno dopo un’ultima scena molto tormentata e surreale.

Nel corso delle loro imprese verranno affrontati in più occasioni temi come il destino e i collegamenti che esso crea (concetto molto caro ai giapponesi), il tempo che passa, la solitudine.
Per tutto il film avremo la sensazione che ogni avvenimento, ogni persona siano connessi gli uni agli altri, poiché ogni personaggio coinvolto ha i propri obbiettivi da portare a termine entro quella notte, creando numerose sottotrame: Mr Mutanda è alla ricerca della ragazza con la quale ha avuto un colpo di fulmine e per questo scrive una commedia romantica; il presidente del Comitato studentesco, un belloccio che si diletta nel crossdressing, vuole catturare tutti i membri del teatro abusivo che disturba la quiete del festival; la ragazza dai capelli corvini stessa vuole prima bere a non finire, poi ritrovare un suo vecchio libro nel mercatino dei libri usati… e proprio qui viene spiegato con una metafora sui libri come ogni cosa sia connessa ad un’altra e per questo la ragazza si convince ancor di più a seguire il suo “filo del destino”, lasciandosi quindi trascinare dagli eventi.
Pur vivendo una notte completamente diversa, sarà solo il suo senpai a fare lo stesso. Gli altri personaggi sembrano, invece, bloccati nelle spire del tempo e nelle loro convinzioni: in particolare sono il famoso Rihaku e il gruppo di anziani sofisti a essere vittime del passato, dopo il quale sono invecchiati provando un sempre più crescente senso di solitudine e rimpianto. Tutti loro si confronteranno con la ragazza dai capelli corvini, in una sorta di confronto generazionale che vuole essere un invito a vivere ogni momento con entusiasmo, cogliendo il momento e saranno i giovani, infatti, a vivere energicamente questa notte interminabile (decisamente in contrasto col titolo del film).

D’altronde, è così che appare la vita, a seconda di come la si guardi: un lunghissimo susseguirsi di eventi ed emozioni da vivere appieno o qualcosa che ci scorre davanti senza che noi ce ne accorgiamo. In qualunque modo la si veda, per non sentirci soli in questo lungo percorso, tentiamo affannosamente di costruire dei rapporti che spesso si rivelano essere artificiosi e che dunque ci portano ad isolarci ancora di più. Una visione, quella del regista, che sembra voglia essere una critica alla società giapponese, nella quale chiunque viene messo sotto pressione dalle aspettative della comunità, in virtù di un bene collettivo a scapito di quello individuale. Ci si sente sopraffatti e stanchi, anche dopo averci messo tutto il proprio impegno e per questo si finisce per restare semplicemente immobili ed isolati a guardare il tempo che passa, in un conflitto interiore caotico ben espresso dal soliloquio del senpai nel finale. Tuttavia, i ricordi e ogni cosa condivisa con gli altri, che siano conoscenti o perfetti estranei, sono ciò che dona conforto in una lotta fatta di resilienza e speranza, simboleggiata dalla presenza e dal ruolo che ricopre in una delle diverse sottotrame di un daruma: una bambola tonda e rossa con la caratteristica di raddrizzarsi sempre dopo essere stata spinta da un lato e di avere gli occhi bianchi, che vanno colorati solo quando il desiderio espresso si realizza.
Tutto questo reso con lo stile selvaggio, stilizzato ed esagerato di Masaaki Yuasa, che tanto ha sconvolto i fan di Devilman, assolutamente perfetto per narrare gli avvenimenti e gli aspetti immaginifici di una notte che sembra esser solo un lungo sogno collettivo, il risultato di una recita dell’assurdo, per quanto estremamente reale. Le inquadrature si fanno molto mirate e ravvicinate, a sottolineare espressioni, deformazioni, situazioni ed animazioni grottesche e ridicole, accompagnate da una musica orchestrale che regala un mood fantasioso alle vicende ed esalta le scene di vita notturna.

Verdetto

In conclusione, Yoru wa muzukashii, arukeyo otome, come viene chiamato il film in Giappone, è un piccolo gioiello d’animazione con una sceneggiatura ricca di risvolti divertenti e eccentrici, anche grazie ad uno stile di disegno che nella sua semplicità è in grado di far risaltare le caratteristiche dei personaggi (anche quelli più marginali che non vengono trascurati nemmeno sul finale) e un’ambientazione tradizionale ma movimentata. Nel suo lavoro successivo, Devilman Crybaby, il regista ha fatto definitivamente il salto di qualità ma quest’opera di poco precedente è altrettanto valida per poterne conoscere le tematiche e lo stile visionario.

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.