Il nuovo inizio cinematografico di Lara

Era il 2013 quando Square Enix e Crystal Dynamics, decisero di riprendere in mano Tomb Raider per riportarlo in vita con una nuova identità, cercando di dare una caratterizzazione più matura e profonda al personaggio di Lara Croft, e renderlo al tempo stesso anche più verosimile rispetto alla sua controparte nella serie originale, la quale dietro l’iconica facciata di avventuriera scaltra e coraggiosa, non è che avesse poi molto da dire. Negli ultimi anni però il videogioco si è evoluto, anche e soprattutto narrativamente. Naughty Dogs con Uncharted, ma non solo, hanno portato nel videogame sceneggiature e soggetti più complessi, hanno portato recitazione, regia, avvicinando sempre più questo media a quello cinematografico. Perdonate questa parentesi, forse fuori contesto, ma siccome siamo pur sempre su Stay Nerd, qui un film come Tomb Raider viene analizzato imprescindibilmente con un occhio puntato sulle sue origini “multimediali”.

L’avvicinarsi tra loro di cinema e videogioco rende difficile (ma non impossibile), dare un nuovo senso ad un’eventuale trasposizione, in quanto il videogame stesso spesso e volentieri ormai viene sviluppato in modo da appagare anche una certa esigenza narrativa. Tanto è vero che sono sempre più rare le operazioni di questo tipo. Non che prima le licenze venissero sfruttate a dovere, certo. I film di Tomb Raider con Angelina Jolie non erano nulla di ché pur avendo grosso margine di miglioramento sul materiale originale. Adesso però, cosa può fare per dare un senso alla sua esistenza, un film tratto da un videogioco che già di per sé si impegna a sviluppare una certa vena cinematografica? Deve necessariamente sviluppare, approfondire ,o in alternativa reinterpretare con efficacia, tutti gli aspetti migliori del soggetto originale. Aspetti che per ovvi motivi devono fare i conti con i limiti di un media pur sempre interattivo.

Questo preambolo era doveroso per aprire l’analisi del nuovo film di Tomb Raider, opera del norvegese Roar Uthag che vede la bella Alicia Vikander nei panni di Lara Croft. Il rimando al reboot del videogioco è ancora più palese di quanto ci si potrebbe aspettare, giacché si tratta della riproposizione esatta delle vicende del gioco del 2013, con solo marginali differenze. Lara Croft è una giovane atletica, sveglia e spigliata. Sbanca il lunario, nonostante l’enorme eredità della famiglia Croft che le spetterebbe, facendo il corriere a Londra. Lara infatti non vuole prendere il posto di suo padre, il ricco imprenditore Richard Croft scomparso 7 anni prima,  e non accetta che egli sia disperso per sempre. Scoperta però la doppia vita del padre, che in veste di “esploratore” stava cercando la tomba dell’antica regina Himiko, capace di portare la morte con il solo tocco delle mani, decide di seguire la sua pista ed avventurarsi verso l’isola misteriosa al largo delle coste del Giappone, nel mezzo del “Mare del Diavolo”, ove secondo le ricerche di Richard Croft, è ubicata la sepoltura di Himiko.

Tomb Raider è un film che ingrana la quinta dal primo istante, ma lo fa quasi esclusivamente sul versante dell’azione. Anche solo nel prologo e prima di arrivare sull’isola, Lara ci viene subito presentata come un personaggio molto “fisico”, con ampio spazio alla dimostrazione delle sue doti atletiche, fra incontri di box, pazze corse in bicicletta e rocambolesche fughe tra i pontili di Hong Kong. Lara è già un personaggio fatto e finito, che non pare lasciare molto spazio ad una potenziale crescita del personaggio. Questo brutto preagio si fa piuttosto concreto proprio quando si entra nel vivo delle vicende. Raggiunta l’isola Lara dovrà vedersela con la Trinità, un esercito di mercenari che ha il suo stesso obiettivo. Il contrasto tra i due “schieramenti” ruba praticamente da subito tutta la scena. Non ci sono momenti di introspezione forti, Lara non si confronta mai realmente con se stessa, nemmeno di fronte al concetto di morte che teoricamente le dovrebbe essere abbastanza estraneo, e il passaggio da “giovane ed intraprendete ragazza normale” a “eroina avventuriera” risulta affrettato e posticcio. Quello che quindi era un punto cardine della produzione videoludica, che comunque non convinceva nemmeno lì al 100%, è gestito nel film in maniera ancora più maldestra. Sia chiaro, non mi aspettavo certo Cast Away, Tomb Raider deve essere un film d’azione sostanzialmente, ma tornando alle questioni in premessa, quale è il senso di realizzare un semplice film d’azione e chiamarlo Tomb Raider, se non si sfruttano almeno un po’ gli input interessanti che ti dà il videogioco al li fuori della sua componente ludica?

Eppure, il palcoscenico era perfetto. Mai scenografie potevano essere più azzeccate da questo punto di vista. L’isola di Yamatai è stupenda e anche ben fotografata da un Roar Uthag che di certo non si risparmia in panoramiche d’effetto e inquadrature suggestive. Ma risulta messa da parte troppo in fretta, quando avremmo voluto vedere un rapporto tra Lara e la natura molto più sofferto e intenso. Ci sarebbe stato il tempo tagliando qualche momento troppo lungo e poco utile all’inizio del film (come la corsa in bicicletta ad esempio).

Le scene più movimentate e al “cardiopalma”, su cui innegabilmente ha puntato il regista, nonostante mi sarei aspettato qualcosa di leggermente diverso visto il suo trascorso da autore di genere, presentano anch’esse qualche problemuccio. Cerchiamo però di essere precisi. Non c’è niente che non vada nella messa in scena di Uthag in generale. Ha occhio nella scelta della prospettiva più coinvolgente, e inoltre ogni tanto si spertica anche in qualche piccolo piano sequenza interessante. Purtroppo però capita a volte che la scena risulti un po’ disorientate a causa di un montaggio troppo serrato con all’interno qualche sporadico scavalcamento di campo che confonde un po’, non permettendo di godere completamente di momenti altrimenti ben costruiti. Inoltre, c’è da dire che quasi tutte le scene più memorabili da questo punto di vista, sono prese da momenti chiave del videogioco immediatamente riconoscibili (per chi ha giocato ovviamente). Non che sia un male, soprattutto considerando che si tratta di buone interpretazioni degli stessi, ma oltre a quelle? Il film non aggiunge nulla di suo nemmeno in tal senso, facendo il compitino, strizzando l’occhio al fan del gioco originale quando può e negli altri casi limitandosi all’ordinaria amministrazione.

Per quel che riguarda i personaggi, abbiamo luci e ombre anche in questo caso. Partiamo da lei, Alicia Vikander, che risulta sicuramente il punto forte della produzione, vera salvatrice dell’intero progetto. L’attrice svedese è una Lara Croft perfetta. Ha il vero physique du rôle per interpretare questo personaggio, è bella, atletica riesce a mettere intensità nelle prove più fisiche, ha uno sguardo perspicace che, laddove viene meno la sceneggiatura nel tinteggiare le doti più intellettuali che dovrebbe avere la bella neo archeologa (nel film trovano spazio solo un paio di sfide per il suo acume), compensa con grande espressività. Gli altri personaggi invece, non colpiscono particolarmente. La spalla, Lu Ren (Daniel Wu), viene ben presto messa da parte e non ha modo di esprimersi in nessun modo. Richard Croft (Dominic West) che forse rappresenta la più grossa “novità”, e viene messo molto più in primo piano rispetto ai videogiochi in cui è sempre stata una figura sullo sfondo, non viene sfruttato a dovere. Il suo rapporto con Lara è pieno di inutile retorica e il suo contributo alla missione, veramente telefonato fino alla fine. Il “cattivone” di turno, a capo dell’esercito di Trinity, è interpretato da Walton Goggins che vi dirò, c’ha pure la faccia giusta ma… Di nuovo: cosa fa di fuori dalle righe rispetto a ciò che vi aspettereste dal classico villain mercenario e avido che deve mettere i bastoni tra le ruote alla protagonista? Ve lo dico io. Nulla.

E il fascino della scoperta, le tombe, i reperti, le trappole micidiali e gli enigmi? Si, fortunatamente sono scene necessarie per un dignitoso film di Tomb Raider, che si possono “spuntare”. Ad esserci, ci sono. Il problema però è quello che coinvolge un po’ tutti i reparti del film che esulino dal “Lara prende a calci nel culo tutti” e “Lara corre come una disperata”: poco spazio per queste cose, troppo poco. Quella che poteva essere una fase del film più contemplativa, suggestiva, con un respiro più pacato e avvinghiante, viene risolta in maniera sbrigativa e poco soddisfacente.

Verdetto

Tomb Raider non è esattamente un brutto film, ma è una grandissima occasione persa. Lara Croft già a partire dai videogiochi cercava una nuova dimensione per essere meno monocorde. Anche se siamo lontani dai livelli di “trashitudine” della Lara Jolie, e questa risulti molto più credibile (ma forse, pure meno simpatica), non c’è qualcosa nel suo percorso che ci faccia affezionare particolarmente a questa sua nuova incarnazione, a eccezione della “superficie” del personaggio, che la Vikander ha sicuramente interpretato in maniera convincente. Tomb Raider ha due problemi principali. Il primo è che non aggiunge niente al brand da cui trae ispirazione. È solo la copia tamarra del primo capitolo del reboot videoludico (che anche quello diventava cafone a una certa, ma questo è un altro discorso). Il secondo è che anche tirandolo fuori da tutto il discorso derivativo, rimane un film action -e non di avventura come mi sarei aspettato- che non si inventa nulla, nemmeno stilisticamente. Avrei adorato vederlo quanto meno crudo e violento, per dirne una. Paradossalmente però, pur non uscendo dall’anonimato, è girato abbastanza bene, ha un gran bel ritmo (quello certo non gli manca) e sceglie ottime location e scorci per svilupparsi, pur rinunciando a dargli un ruolo che vada oltre la “bella cornice”. Si poteva fare di più.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!