Videogiochi indie: un mondo sotterraneo dove gli sviluppatori danno sfogo alla propria creatività!

Il mondo dei videogiochi indie è la tana del Bianconiglio. Scandagliando le profondità degli store, vi potete imbattere in capolavori o in stramberie, anche se a volte è difficile stabilire se un gioco è l’uno o l’altro. Per stuzzicare la vostra voglia di esplorazione, abbiamo selezionato per voi dieci videogiochi indie poco conosciuti, ma da provare assolutamente, come assaggio di quello che questo mondo ha da offrire. Bando alle ciance, sotto con i titoli! 

Videogiochi indie: Automachef (Team 17 – PC, Nintendo Switch)

Dallo stesso studio che vi ha regalato tante ore di rabbia e frustrazione con Overcooked, il 23 luglio è approdato su Steam Automachef, un nuovo giochino che promette di rendervi ugualmente arrabbiati e frustrati.
Guidati da un robottino che si crede un essere umano, in Automachef dovrete assemblare pezzo per pezzo una cucina totalmente automatizzata e renderla funzionante. Niente cuochi che tagliano la verdura o cuociono la carne, ma solo braccia meccaniche, griglie automatiche e assemblatori di cibo. Automatizzato, però, non è affatto sinonimo di semplice: ogni ricetta ha il suo procedimento da seguire, che influenzerà dove e come piazzare gli strumenti in modo che la preparazione fili senza intoppi.

È qui che emerge l’anima puzzle di Automachef: la cucina andrà strutturata diversamente a seconda delle ricette da preparare. Credetemi, capire come incastrare tutti i pezzi necessari per creare il piatto e connetterli correttamente alla macchina di gestione delle comande vi farà perdere neuroni a vista d’occhio, complice anche il fatto di avere un budget sia monetario sia energetico.

Automachef è il fratello cervellotico di Overcooked, parte di quella schiera di videogiochi indie che ti fanno ringraziare di non lavorare in una brigata di cucina, ma che al tempo stesso danno un senso di soddisfazione così assuefacente, una volta conquistati, da non poterne fare a meno.

Consigliato a chi è assuefatto alle sfide cervellotiche, all’organizzare, allo spostare, al riarrangiare, al programmare ai limiti del maniacale.

Cook, Serve, Delicious 1 & 2 (Vertigo Gaming – PC, IOS, Android)

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Per continuare con i videogiochi indie a tema culinario, passiamo a Cook, serve, delicious 1 e 2 (abbreviato in CSD).  

CSD è una simulazione di cucina che richiede una massiccia dose di riflessi, memoria e velocità. Utilizzando la tastiera, preparerete i piatti richiesti dai clienti premendo una determinata combinazione di lettere. Ad esempio per preparare un hot dog con maionese e ketchup, si deve premere nell’ordine (sì, per alcuni piatti c’è anche un ordine): W+M+K. Con il complicarsi dei piatti, si complicheranno anche le combinazioni di lettere da premere, aumentando la sfida.

Le differenze tra il primo e il secondo gioco sono tante ed evidenti, con uno stacco di difficoltà nel secondo capitolo non indifferente, grazie all’introduzione di piatti più complicati e della gestione delle stazioni di preparazione, che semplificano la vita durante l’ora di punta, ma la complicano perché devono essere riempite a intervalli regolari. 

Guardare qualcuno di esperto giocare a CSD è come vedere le libellule che sfiorano il pelo dell’acqua: una danza delicata, durante la quale al giocatore crescono delle dita in più e riesce a servire dieci piatti di kebab, uno degli alimenti più ostici, senza sbagliare un colpo (sto mentendo, probabilmente gli uscirà il sangue dal naso e lo vedrete inveire brutalmente contro l’ultimo cliente che si presenta poco prima della chiusura).

Vi avverto: CSD crea dipendenza. Dopo averlo giocato non riuscirete più a pensare al cibo allo stesso modo: quando guarderete vostra madre cucinare le lasagne, le urlerete scandalizzati “mamma è PSMR PSMR PSM non PSRM PSRM PSM, sono le basi!”; quando vorrete preparare un petto di pollo, conterete mentalmente“T, 1 2 3 4 5 6, S, e panatura!; quando vorrete ordinarvi una pizza, direte al cameriere “mi porti una pizza con P N M R T H V”.

Consigliato a chi non ha paura di rovinare il proprio rapporto col cibo.

The Cat Lady (Harvester Games – PC)

Con i prossimi videogiochi indie, passiamo a titoli di ben altra sostanza, partendo da The Cat Lady, una cruda avventura narrativa di Harvester Games.

Susan è un’aspirante suicida a cui viene affidato un compito inusuale: resa immortale contro la sua volontà, viene incaricata da un enigmatico personaggio chiamato La Regina delle Larve di uccidere cinque persone, ree di aver peccato contro l’umanità. 

The Cat Lady non è un gioco adatto a tutti: parla di suicidio, depressione, perversione, con un’atmosfera così greve, pesante e densa di simbolismo strambo da dover essere preso a piccole dosi. La veste grafica è grezza e sbozzata, con animazioni pupazzesche e un character design un po’ spigoloso, che nell’insieme creano un’atmosfera di sudiciume e abbandono che ho ritrovato così forte in pochi altri videogiochi indie. Anche il comparto sonoro è in linea con quest’atmosfera: i dialoghi sembrano registrati con una microfono amatoriale, con un suono sporco e roco. 

The Cat Lady è una spirale discendente nelle parti più sporche dell’animo umano, ma è anche una storia di speranza e redenzione. La depressione è dipinta nelle sue tinte più horror, quasi paranormali, tra creature mostruose, stati allucinatori, sangue e budella ovunque, ma il messaggio di fondo che porta la narrazione delle vicende di Susan è estremamente reale e positivo.

Consigliato a chi vuole nuotare nella melma per un po’ per toccare il fondo del proverbiale barile.

LISA: The Painful (Dingaling Productions – PC)

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Anche LISA: The Painful non scherza in quanto a pugni nello stomaco. Giocarci fino alla fine è come lanciarsi da una discesa su una bici senza freni, diretti contro un muro di mattoni. Sapete benissimo che lo schianto finale farà un male del diavolo, ma siete consapevoli di non potervi fermare, quindi vi godete la corsa. 

LISA è ambientato in uno scenario post-apocalittico nel quale non esistono più donne, ma solo uomini, assuefatti ad una droga chiamata Joy. L’unica donna rimasta è Buddy, una bambina cresciuta in segreto dal protagonista, Brad. Alla scomparsa di Buddy, Brad parte alla sua ricerca.

Il mondo di LISA mette i brividi: a differenza di The Cat Lady, non offre speranza, né redenzione, ma solo la scelta tra l’assuefazione al Joy o la depressione più nera. Una spessa vena di dark humor pompa una quantità di amarezza e comicità consistente sia nel world building sia nel gameplay. Il party di Brad si compone lungo la strada di personaggi tristi e bizzarri e la stessa backstory di Brad richiede uno stomaco di ferro per essere affrontata fino alla fine. 

Dal punto di vista del gameplay, LISA è un rpg a turni con permadeath, il quale si attiva sia in combattimento sia attraverso alcuni eventi di gioco, nei quali ci verrà chiesto di decidere tra la dipartita di un membro del party o la mutilazione permanente di Brad. Come già detto, LISA non prende prigionieri; e se li prende, li tortura fino a farli impazzire.

Consigliato a chi si sente abbastanza coraggioso da inforcare la bicicletta che LISA offre e godersi la corsa fino al muro di mattoni. 

The Beginner’s guide (Everything Unlimited – PC)

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Il lavoro del game designer è un lavoro di creatività. Nel creare, si sa, si disseminano pezzi di sé stessi nelle proprie opere. Se analizzassimo, dunque, il lavoro di un game designer come se fossimo un terapista, cosa scopriremmo di quella persona? È proprio quello che fa il narratore di The Beginner’s Guide, David Wreden, una delle menti dietro all’acclamato The Stanley Parable, quando sottopone alla propria personale lente d’ingrandimento gli strani giochi del suo amico Coda. 

Per ogni gioco analizzato, David fornisce la propria personale interpretazione, scandagliando i giochi di Coda per individuarne pattern, figure ricorrenti, significati nascosti e simbolismi. David manipola i giochi di Coda per metterne a nudo le componenti nella speranza di poter cogliere qualcosa di più dietro le enigmatiche creazioni del suo amico.

Raccontare davvero cos’è The Beginner’s guide è difficile quanto raccontare una seduta di terapia (chi è stato in terapia potrà capire la sensazione). È un’esperienza personale, che va affrontata in unico respiro, senza interruzioni, per non perdere il filo del proprio pensiero né di quello di David. Vi ritroverete a riflettere su cosa quei giochi significano per voi, quali sono le vostre interpretazioni, per poi ascoltare e confrontarvi con le conclusioni tirate da David, farle vostre e rielaborarle, in un lavoro riflessivo continuo.

Consigliato a chi ha voglia di farsi delle domande e darsi delle risposte. 

The Novelist (Orthogonal Games – PC)

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Una famiglia, una casa sul mare, e una marea di problemi irrisolti. Questa è la premessa di The Novelist. Il vostro compito sarà spiare questa famiglia per comprendere quali siano i loro desideri e cercare di rimettere insieme i pezzi delle loro vite. 

The Novelist ruota attorno al concetto di compromesso: di quale componente della famiglia vale di più la felicità? Di Linda, moglie e madre, che vorrebbe rimettere insieme il matrimonio? Di Dan, in preda al blocco dello scrittore, con una carriera che gli sta sfuggendo di mano? Oppure del piccolo Tommy, che vorrebbe passare più tempo col suo papà? Questi sono i dilemmi iniziali con cui si apre The Novelist, sui quali voi siete chiamati a prendere una decisione. Chi soddisfare? Chi lasciare insoddisfatto? E a chi invece concedere un compromesso? 

In The novelist non c’è game over: nessuno vince o perde, perché non è una competizione, ma è come va la vita in famiglia, un continuo cercare di bilanciare il lavoro, il tempo da dedicare a chi amiamo e il tempo da dedicare a se stessi. The novelist incoraggia all’introspezione: perché avete scelto di dare la precedenza al lavoro di Dan e non al suo rapporto con Linda? Viceversa, perché avete scelto di dare la precedenza alle esigenze di Linda e non a Tommy? Non c’è una scelta sbagliata, un golden path da seguire, ma semplicemente come voi avreste scelto nella stessa situazione. 

Consigliato a chi non ha paura di prendere decisioni difficili.

The Plan (Eko Software – PC)

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Avete un minuto da perdere? Letteralmente un minuto? Se avete risposto sì, scaricatevi The Plan (nel minuto non è inclusa la vostra velocità di download).

Che dire di The Plan? Si potrebbe dire tutto e niente. C’è chi lo definirebbe un non-gioco, un esperimento, una perdita di tempo. Forse non avrebbe nemmeno tutti i torti, perché in fondo The Plan è così: è un minuto della vostra vita perso a far volare una mosca. Eppure, in quella mosca che vola si possono trovare un migliaio di significati. 

Forse la parte migliore di The Plan viene dopo, quando avete appena finito di giocare e siete spiazzati, così spiazzati che aprite Google e andate a leggervi le teorie di altri rimasti spiazzati quanto voi. E allora, ci riflettete, ci pensate, vi lambiccate, leggendo teorie su teorie, tutte su questo giochino da un minuto, dove una mosca vola in giro in balia del vento e delle foglie, e a quel punto vi chiedete: sono sicuro che il minuto speso a giocare a The Plan sia davvero un minuto perso?

Consigliato a chi ha un minuto da perdere e tutto da guadagnare.

SIMULACRA (Kaigan Games – PC, IOS, Android)

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Spostiamoci dai videogiochi indie con sfondo filosofico, alla suspense di SIMULACRA, gioco di Kaigan Games sul quale non avevo scommesso due lire, vista la premessa: il cellulare di una ragazza di nome Anna viene recapitato alla vostra porta. Non sapete chi sia, né perché il cellulare sia lì, ma sembra che la proprietaria sia svanita nel nulla. Aprite il telefono e iniziate ad investigare sulla fine di Anna…

Sulla scia di Her story, SIMULACRA mixa con sapienza video e foto di attori reali con la componente ludica, che è molto scarna, ma che supporta uno storytelling veramente intrigante. Come genere, riprende il found footage, cliché ormai abusato dei film horror, unendolo ad una componente investigativa ben calibrata, alimentata da un “voyeurismo digitale”, che ci spinge ad indagare ogni anfratto del cellulare di Anna in cerca dei suoi segreti.

La qualità di SIMULACRA sta nella gestione della tensione: già dall’inizio, si viene risucchiati dal mistero della scomparsa di Anna e le 4 ore di durata (che diventano 10 se volete sbloccare tutti i finali) volano in un lampo mentre setacciate chat, foto, profilo Jabbr (una parodia di Instagram), lista contatti, parlate con il fidanzato di Anna e un misterioso ammiratore di cui non sapete se fidarvi o meno…

Sulla trama non dirò nulla per non guastare la sorpresa, a parte il fatto che fila che è un amore, senza particolare intoppi dati da enigmi troppo difficili o momenti di morti. L’interfaccia, costituita dallo schermo del cellulare, è semplice, pulita, di facile utilizzo, ad hoc per il tipo di storytelling che veicola. Il prezzo è anche piuttosto amichevole. Che volete di più?

Consigliato agli amanti del found footage e dell’horror a sfondo digitale, in cerca di una buona storia ricca di suspense.

Subsurface Circular (Mike Bithell Games – PC, IOS, Nintendo Switch)

Ora butto la bomba: Subsurface Singular, visual novel fantascientifica di Mike Bithell Games, da le piste al pluripremiato Detroit: Become Human. Ammetto che è un’opinione un po’ esagerata, ma posso affermare che ho preferito di gran lunga questo giochino di un paio d’ore alle lungaggini del lavoro di David Cage. Subsurface Singular tratta più o meno gli stessi temi, ma lo fa in maniera più compatta e minimale.

L’intera narrazione si svolge sui vagoni della linea metropolitana in uso esclusivamente ai robot, chiamata Subsurface Circular. Il robot (o Tek, come è chiamato nel gioco) protagonista deve indagare sulla misteriosa scomparsa di alcuni suoi simili, interrogando i passeggeri che mano a mano salgono sul vagone. Anche se lo stile grafico e il gameplay sono molto asciutti e minimali, dai dialoghi traspare un mondo piuttosto articolato e ricco di spunti narrativi: i Tek hanno una diversa personalità a seconda del proprio ruolo nella società (ci sono i preti, i pubblicitari, le tate, gli operai ecc.); sono organizzati secondo una una gerarchia determinata dalla complessità della loro intelligenza; c’è persino un sistema religioso, le cui divinità principali sono “Gli Architetti”. In due ore vediamo solo uno scorcio dell’universo dietro Subsurface Circular, ma da solo basterebbe per costruire pagine e pagine di lore. 

In una visual novel, dove la storia è tutto, Subsurface Circular non delude affatto: procede spedita e lineare, come i binari della metropolitana su cui viaggiano i Tek, non lesinando su colpi di scena, riflessioni, piccoli enigmi, fino a giungere alla fine, quando abbandona la linearità per chiamare il giocatore a scegliere il proprio epilogo. 

Consigliato se volete vedere come far mangiare la polvere a David Cage.

Sunless Sea (Failbetter Games – PC, Playstation 4, IOS)

Una nave avanza su una distesa di mare inesplorato, immerso nell’oscurità…quali creature si nascondono nella acque nere dell’Unterzee? Perché la luce del sole non raggiunge questi luoghi? Sunless sea di Failbetter Games è qui per rispondere a queste domande.

Sunless Sea è un roguelike basato sull’esplorazione dell’Unterzee, un oceano pieno di isole misteriose in attesa di essere scoperte. Aggirandovi per il mare con la vostra nave, dovrete tenere a bada creature e mostri marini, ma anche il mostro più terribile di tutti, la follia che rischia di prendere il possesso del vostro equipaggio. Dovrete gestire i viaggi tenendo d’occhio il carburante, le provviste e il livello di follia, per evitare fini nefaste come l’ammutinamento o il cannibalismo.

L’Unterzee è una fucina di storie: ogni isola che esplorerete ne racconterà una, della quale volte sarete il protagonista, altre volte solo uno spettatore. I personaggi che popolano questo strano mondo sono numerosi e particolari: a Nuncio, troverete un’isola popolata solo da postini; a Pigmote Isle, dovrete arbitrare l’eterna lotta tra la popolazione dei topi e quella dei porcellini d’india; The Empire of Hands è un agglomerato di isole abitate da scimmie che stanno costruendo un misterioso dirigibile. Il lore di Sunless See è ricco e variegato, raccontato in un inglese elaborato, elegante e raffinato, forse non adatto a chi l’inglese lo mastica poco, più apprezzato da chi è già avvezzo alla letteratura dell’epoca vittoriana. 

Ogni viaggio nell’Unterzee è spaventoso a modo suo: l’ansia del silenzio che regna nelle acque oscure, rotto solo dal motore della barca, la sensazione di sollievo mista a preoccupazione quando raggiungete un porto nuovo con il carburante agli sgoccioli. Se vi lascerete trasportare dal rumore dell’acqua, tratteggiato da una colonna sonora estremamente evocativa, a tratti inquietante, a tratti malinconica, vedrete che l’Unterzee schiuderà lentamente i suoi segreti.

Consigliato a chi non ha paura dell’oscurità, del mare e del silenzio. 

Videogiochi indie: fine della corsa

Siete arrivati alla fine di questa carrellata di videogiochi indie. Ogni gioco è stato selezionato per l’esperienza peculiare che regala, che in molti casi si discosta dalle esperienze a cui hanno abituato i tripla A. Il mondo dei videogiochi indie contiene moltissime perle nascoste, di cui sarebbe importante parlare approfonditamente per portarle alla luce e dare loro il riconoscimento che meritano. In questo articolo si è grattata appena la superficie, ma speriamo che possa costituire un incentivo a cercare altri titoli simili.

Martina Raico
Umanista nel cuore, appassionata di videogames sin dalla tenera età, malata di storie e narrazione. Crede nella forza espressiva e comunicativa dei videogiochi, nel loro valore come esperienze e nel loro status di medium con una propria solidità. Junkrat è il suo uomo ideale: magrolino, appassionato di esplosivi e matto come un cavallo.