Con Visage SadSquare tira fuori quello che è semplicemente uno dei giochi horror più sorprendenti degli ultimi tempi

Visage nasce dalle ceneri del mai realizzato P.T., quel playable teaser che avrebbe dovuto darci un assaggio del nuovo Silent Hill. Quello che colpì di quella demo fu una capacità fuori dal normale di suggestionare i giocatori con pochi ma ben azzeccati elementi. Molto più di quanto avessero mai fatto la maggior parte dei giochi horror sul mercato fino a quel momento. Il team canadese di SadSquare Studio ha colto la potenzialità di questa formula e l’ha espansa in una direzione profondamente ispirata e personale. Realizzando un titolo, Visage, che a tutti gli effetti colma il rimpianto di non aver mai visto realizzato il gioco di Kojima.

Visage sin dalla sua introduzione mette in chiaro i toni dell’avventura: un uomo, Dwayne, uccide a sangue freddo 3 persone imprigionate e indifese, rivolge poi la rivoltella verso se stesso e preme il grilletto. Si risveglierà senza apparente motivo logico tutto solo, in questa casa dell’Oregon avvolta dalla penombra. Un prologo schietto e spiazzante, ma allo stesso tempo misterioso. Il mistero d’altro canto, insieme alla casa stessa protagonista assoluta di Visage, è l’elemento cardine della produzione, quello sul quale ruota l’intera esperienza, quello, che SadSquare sfrutta brillantemente in ogni singola componente del gioco per creare una sensazione destabilizzante nel giocatore e mantenere alto il livello di tensione. Mistero e paura sono concetti infatti profondamente legati.

Da sempre l’uomo teme l’ignoto, teme quello quello che non conosce e non può controllare, teme l’oscurità perché non sa cosa può celare. Ecco quindi che Visage, nei limiti del possibile, ci tiene alla larga per tutta la sua durata dallo “schema”, dalla matrice artificiale, dalla prevedibilità, da qualunque cosa possa tradire la natura ludica del titolo, e riesce a mantenere viva l’illusione di un luogo infernale che sfugge alle regole del nostro mondo.

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Questo è possibile grazie ad una lunga serie di elementi davvero indovinati, che cercherò di far emergere in questa analisi. La casa di Visage ci racconta un trascorso che attraversa diverse generazioni (dagli anni 60 agli 80 inoltrati) fatto di atroci tragedie che hanno visto protagonisti gli inquilini dell’abitazione, e ospita al suo interno non una, ma diverse terribili presenze paranormali che si sveleranno nei 4 capitoli di gioco e che, ad eccezione di quello finale, potranno essere intrapresi a discrezione del giocatore. Basterà toccare l’oggetto giusto, e si innescherà l’inizio di un viaggio orchestrato magnificamente dagli sviluppatori che ci porterà da un angolo all’altro della casa, alla ricerca di oggetti che costituiscono un elemento chiave per la prosecuzione della storia, o la risoluzione di qualche puzzle ambientale.

Il tutto ovviamente, accompagnati costantemente dalla sensazione di essere osservati e braccati da una presenza minacciosa, che si farà sempre più grottesca man mano che all’interno del proprio arco narrativo si farà chiara la sua natura e la sua inquietante genesi. Il pericolo però è reale, non solo suggerito, e quando tali entità si paleseranno in tutta la loro aggressività e ci raggiungeranno, per noi sarà inevitabilmente Game Over.

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Visage nasconde effettivamente una sostanza ludica concreta, non si tratta di un semplice roller coaster degli orrori, lineare, passivo e scriptato, in cui basta correre da un punto all’altro della casa. Nossignore, Visage ci mette di fronte a problemi concreti da risolvere. Dovrete usare la materia grigia e sarete costantemente costretti ad esplorare i 3 piani della magione, oppressi da un buio che non vi abbandonerà mai. E proprio con l’oscurità Visage riesce a trasformare un elemento tipicamente suggestivo finalizzato a definire una atmosfera spaventosa, in una meccanica ludica, chiamandoci a gestirla in qualche modo.

Nel buio infatti la nostra sanità mentale diminuisce e quando raggiunge il fondo, gli eventi paranormali intorno a noi si moltiplicano, le porte sbattono, gli interruttori della luce scattano, solo per citare quelli più banali tra i molti possibili, e infine lo spirito maligno su cui indaghiamo si manifesta nella sua forma predatoria per venire a ucciderci. Nonostante siamo in tutto e per tutto indifesi, l’oscurità è l’unica cosa che il gioco ci chiede di “combattere”,  con la ricerca di qualunque fonte di luce da amministrare il più saggiamente possibile. Ma tutto quello che troveremo avrà vita breve: gli accendini sono comodi per avere costantemente un piccolo crepuscolo intorno a noi, ma si consumano; le candele durano un po’ di più e possono essere piazzate in vari punti della casa, ma anch’esse sono destinate a scomparire; le lampadine dei vari lampadari di casa scoppiano dopo un po’ o vengono fatte saltare.

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 In tal senso Visage si fa veramente survival horror, nella misura in cui si devono gestire le scarse risorse per non piombare in un’oscurità che ci avvolge totalmente, e che in certi frangenti, come nel capitolo di Dolores, non è nemmeno troppo distante rispetto ai più classici capitoli di Resident Evil in quanto a progressione, costringendoci al backtracking per utilizzare oggetti, strumenti e chiavi in punti nevralgici della casa. E ve lo dico, anche alla ventesima volta che dal piano terra dovrete scendere quelle scale per arrivare al seminterrato, il brivido dietro la schiena sarà sempre presente, per i suoni sinistri che sentirete, perché avrete paura di consumare anche l’ultimo accendino e trovarvi senza uscita immersi nelle tenebre, perché non sarete mai completamente al sicuro.

Abbiamo detto prima che tenere alta la sanità mentale aiuta a mantenere “quieta” la casa, ma ciò non garantisce nulla, ci sono decine di fenomeni procedurali e non scriptati che se ne infischiano dei vostri sforzi per stare alla luce e potrebbero mettervi in difficoltà comunque, oppure semplicemente spaventarvi. Certo è molto difficile subire un attacco diretto con la sanità mentale alta, ma questo non significa che il gioco e la casa non operino intorno a voi per farvi perdere il senno comunque.

Ve l’ho detto, SadSquare è stata talentuosa nell’usare l’ignoto come chiave di volta per  ogni singolo frangente del gioco, non solo nelle eccezioni più banali quindi, attribuibili alla indefinitezza narrativa o nel fornire scarse info per risolvere gli enigmi, ma anche laddove si è richiesto lo sforzo di non creare mai un vero senso di familiarità con il gioco. Questo è stato fatto in diverse maniere. Una di queste è la già citata programmazione di svariati e diversi fenomeni che possono accadere in maniera totalmente casuale, alcuni dei quali geniali nel loro essere super inquietanti, vi sfido per esempio a non rimanere spiazzati quando all’ennesimo passaggio davanti alla cucina comincerete a vedere gli elettrodomestici parlare tra loro.

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Poi c’è la continua mutevolezza della casa, mai perfettamente uguale a sé stessa. Ad un certo punto conoscerete i luoghi principali della casa come le vostre tasche, eppure questa continuerà a cambiare in qualche modo forma, ad aprire varchi verso nuovi luoghi di follia, trasportandovi talvolta in ambientazioni completamente nuove e altrettanto complesse, compreso un ospedale. La casa di fatto sembra quasi un ambiente onirico, appartenente alla dimensione dell’incubo, in cui nulla è come sembra, indecifrabile, le cui poche costanti sono tutt’altro che rassicuranti, come gli orologi della casa tutti perennemente settati sulle 3:33, l’ora del diavolo.

Infine la familiarità è scongiurata anche dal fatto di dover affrontare diversi capitoli che in qualche modo cambiano le carte in tavola ogni volta, non solo mettendovi alle calcagna spiriti che non necessariamente operano tutti alla stessa maniera, ma anche meccaniche, obiettivi e ritmi nuovi che vi tengono sempre sull’attenti. Il capitolo di Dolores è più aperto all’esplorazione e basato sugli enigmi, quello di Lucy leggermente più lineare ma con minacce dirette più pressanti, il terzo si svolge quasi interamente nell’ospedale e mette parzialmente da parte i problemi legati all’oscurità per ostacolarvi con qualcosa di diverso. Insomma non vi sentirete mai padroni degli spazi, dei luoghi, degli eventi, e questo oltre a fornire ottima sostanza ludica grazie ad una varietà di situazioni non indifferente per un horror psicologico, ancora una volta incentiva quella sensazione di disagio e vulnerabilità che vi accompagnerà fino alla fine.

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Anche sul piano sonoro il lavoro è magistrale, con suoni diegetici ed extradiegetici che sono grotteschi, raggelanti, macabri, sia per quel che riguarda gli effetti sonori che le musiche. La casa anche nei suoi momenti più statici non sarà mai totalmente silenziosa. Anche qui si introduce una piccola dinamica ludica che contribuisce a creare scompiglio nella stabilità del protagonista. I suoni improvvisi e fastidiosi come possono essere un orologio a pendolo che scocca l’ora di punto in bianco, una radio o una tv che si accende dal nulla, contribuiscono a far salire lo stress nel giocatore e questo fa diminuire la sanità mentale più velocemente. In questo caso o vi allontanate dalla fonte di stress oppure dovrete ricorrere a delle pillole per diminuirlo, ammesso le abbiate in inventario.

Tutto quello che ho descritto finora definisce un gioco incredibilmente ben studiato sulla carta, ma è l’ottima realizzazione e l’incredibile conoscenza della materia trattata da parte di SadSquare che concretizza la visione del progetto rendendolo uno dei migliori giochi horror di tutti i tempi. Una conoscenza che si esprime nella clamorosa capacità di giocare con luci e ombre in molte maniere diverse, dalle più semplici alle più sofisticate, come nel capitolo di Lucy in cui ci verrà messa in mano una macchina fotografica con cui abbagliare la scena per pochi istanti, espediente che vi lascio solo immaginare come i ragazzi di SadSquare abbiano sfruttato.

Si vede poi che il team canadese ha un bagaglio incredibilmente vasto per quel che riguarda la cultura cinematografica horror, che utilizza con incredibile estro, riuscendo a introdurre molti stilemi del genere in maniera brillante sotto ogni punto di vista. A livello registico nei filmati, a livello sonoro, a livello di messa in scena durante la nostra interazione con l’ambiente, sfruttando la grammatica del genere sapientemente e cogliendo il momento giusto per assestarci visivamente un bel colpo basso. L’appassionato non potrà che cogliere citazioni dirette o quanto meno ispirazioni evidenti a moltissimi film horror anche appartenenti a registri molto differenti tra loro, come Shining, Evil Dead, Light Out, Poltergeist, Paranormal Activity e tanti altri.

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Non è tutto, SadSquare dimostra anche di sapere quali tipo di tematiche si sposano con l’horror per renderlo doppiamente efficace. Visage infatti alterna narrazione implicita ed esplicita, ci lascia intuire in maniera chiara gli orrori che ruotano intorno a tutti i personaggi della storia, ma lascia ampia interpretabilità all’arazzo generale, non permettendoci di afferrare la verità precisa dietro il contesto surreale del gioco, o meglio, dandoci diversi indizi per molteplici letture una più macabra dell’altra, e tutte legate a orrori ben reali come droghe, alcolismo, malattie mentali, depressione, ecc.

C’è un velo di disagio intorno all’esperienza che nasce proprio in virtù dell’utilizzo del genere horror per raccontare l’allegoria o le conseguenze di cose che rappresentano i veri demoni dell’umanità.

La grafica è all’altezza del resto dell’offerta. L’Unreal Engine 4 è sfruttato benissimo per gli ambienti, la casa vi risulterà estremamente veritiera sotto tutti i punti di vista. Il lavoro sulla sua planimetria poi è azzeccato. Si tratta di una casa in tutto per tutto verosimile ma allo stesso tempo pare progettata per fornire scorci, stanze, corridoi e passaggi, che vi facciano rabbrividire. Complice anche quello stile un po’ vintage nei dettagli che gli appassionati dell’horror associano immediatamente ad atmosfere piuttosto inquietanti. Su quanto fatto per valorizzare l’illuminazione e rendere ogni angolo della casa super suggestivo e angosciante poi, non mi ripeterò… Mi pare evidente ormai quanto questo elemento sia stato curato in generale nella produzione.

Insomma che vi devo dire più, è difficile trovare reali difetti in Visage. Io ci ho passato 16 ore di pura ansia che chi ama il genere trasforma in adrenalina e divertimento. Anche perché ho trovato più di uno spunto ludico che ha dato spessore al mio viaggio attraverso i 4 capitoli di Visage. Suggestione e interazione hanno fatto coppia in maniera assolutamente virtuosa nell’opera di SadSquare.

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Possiamo dire che non tutti gli elementi grafici sono splendidamente realizzati, fantasmi e personaggi visti da vicino tradiscono una modellazione poligonale un po’ grezza; e magari che qualche enigma risulta un po’ troppo criptico. Possiamo inoltre affermare con assoluta certezza che l’inventario si poteva gestire in maniera molto più intuitiva e meno macchinosa, visto che almeno su console, prendere, riporre e liberarsi degli oggetti richiede combinazioni di tasti a dir poco folli. Ma sapete che c’è? Alla fine chissenefrega quando il colpo d’occhio, l’abitudine e soprattutto il pacchetto generale, compensano completamente questi problemi.

La verità è semplicemente una: Visage è uno degli horror più intensi e terrificanti che io abbia mai fatto. Il mio ”spaventometro” poche volte ha raggiunto certi apici, e Visage va ad affiancare in tal senso i livelli toccati da certe sezioni di Resident Evil 7 in VR e alcune dei momenti più opprimenti dei primi 2 Silent Hills (ovviamente giocati all’epoca, in più tenera ed ingenua età). Ma al di là di questo, rimane sicuramente un gioco intrigante su più livelli.

Finito Visage tirerete il sospiro di sollievo di chi si è appena svegliato da un incubo spaventoso. Vi sentirete appagati per avercela fatta, un po’ scossi e spossati per le mille emozioni forti lasciate da questo viaggio nelle tenebre. Le immagini di quella casa rimarranno impresse nella vostra memoria molta lungo. Se non è questo un ottimo risultato per un gioco di questo genere, non so proprio quale altro dovrebbe esserlo.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!