“Steve McQueen continua ad alzare l’asticella”

Prendete uno dei cineasti più interessanti e forti in circolazione, contraddistinto da una regia esageratamente autoriale, aggiungete un cast stellare con attori del calibro di Viola Davis, Colin Farrell e Liam Neeson, aggiungi uno script pregno di argomenti e condito di tensione, ed avrete uno dei nuovi  thriller dell’anno: Widows – Eredità criminale (dal 15 Novembre al cinema).

Quattro donne pronte a tutto pur di portare a termine, volente o nolente, la rapina dei loro defunti mariti, ed un malavitoso che desidera la sua fetta, questo è, senza troppi fronzoli, il succo super concentrato di Widows, il quale, pertanto, potrebbe sapere di già visto e/o sentito, ma non è così. Superando le apparenze, infatti, McQueen ci mostra un heist movie denso di contenuti e spettacolarmente caratterizzato, capace di mostrarci uno spaccato iper realistico della realtà più povera di Chicago.

La capacità della pellicola del regista afroamericano, creatore del  film premio Oscar 12 anni schiavo, è quella di riuscire a catturarti e travolgerti immediatamente grazie ad una regia raffinatissima, ed una potenza visiva vera e viva.
La creatura di McQueen inizia immediatamente con una sequenza carichissima di azione ed adrenalina, interrotta da alcuni flashback utili a farci immergere in questa nuova realtà, per poi proseguire con un’altalena di emozioni perfettamente centellinate durante l’arco dei 128 minuti di proiezione.

Una sequela di azioni che frame dopo frame riesce a mantenere costantemente vivo l’interesse di uno spettatore catturato da una trama ricca di emozioni, intrighi e colpi di scena. La tensione è costante, fitta, palpabile, sempre presente, impregna l’aria, i gesti, gli sguardi e le parole di tutti i personaggi, donandogli una carica di pathos che entra nell’animo del pubblico.
Significativo, senza ombra di dubbio, è l’aver percepito, dopo un’ora di proiezione, un minutaggio molto più lungo di quello effettivo, ma liscio e diretto, privo di rallentamenti, frutto di un grande numero di avvenimenti che, fortunatamente, non appesantiscono mai il filone principale.

Tutto ciò è naturalmente coadiuvato da una regia di prima categoria.
McQueen, oltre a dei deliziosi piani sequenza che vi ipnotizzeranno (prestate attenzione alla ripresa nella palestra), mette in scena un film che non scade nei soliti banalissimi cliché hollywoodiani dove chiunque si può improvvisare un ladro da un giorno all’altro, ma ci mostra la preparazione, la tensione, le paure ed i fallimenti possibili dietro ad un colpo tanto difficile quanto importante.
Notevoli anche i flashback costanti, ma mai fuori luogo, crudi, enfatizzanti ed esplicativi, fondamentali per dare ancora più corpo alle scelte stilistiche del regista.
Ovviamente tutto viene enfatizzato maggiormente da un cast superlativo, dove Neeson, Farrell (sempre troppo sottovalutato) e, soprattutto, Kaluuya (nei panni di uno spietato criminale) giganteggiano per l’ennesima volta, assieme a delle protagonisti femminili capaci di mostrare il vero “Girl power”.

Non vi aspettate una pellicola con tanti approfondimenti sociali messi lì tanto per cavalcare l’onda dell’attivismo politico (tanto cara allo stesso cineasta, sia chiaro) attuale, perché la forza delle donne, l’emarginazione nera e gli spaccati della società più povera di Chicago ci sono perché sono reali.
Tutto ciò che ci viene mostrato potrebbe essere quasi paragonabile ad un, registicamente parlando, grandissimo docufilm, solo perché ci mostra la verità.
Le nostre protagoniste sono donne nere, messicane e polacche, ultime nelle gerarchie dell’imperante politica bianca che continuamente ritorna a prendere il controllo del 18esimo distretto (teatro del colpo) della più grande città dell’Illinois, ma capaci di sopravvivere al costante innalzamento della marea mortale che rischia di ingoiarle.
Tutte quante sono promosse a pieni voti, ma, nonostante una delicatissima interpretazione da parte di Elizabeth Debicki, è il premio Oscar Viola Davis a rubare la scena.
La Davis è un vulcano pronto ad esplodere in ogni istante, carico di una potenza visiva probabilmente, e permettete l’azzardo, superiore alla sua interpretazione in Barriere.
La pellicola segue pedissequamente l’evolversi delle emozioni impercettibili dell’attrice afroamericana, le quali, in uno stato di apparente quiete come il magma sotterraneo , sono pronte a venir fuori in una risoluzione finale adrenalinica e mai scontata.

L’anima di Widows, oltretutto, riesce a definire i propri lineamenti grazie ad una colonna sonora costantemente in tensione ad opera dell’inconfondibile maestro Hans Zimmer che prova a riproporci un lavoro significativamente simile, almeno nell’intento, a quello che avevamo sentito in Dunkirk.
Una colonna sonora che decide di entrare in intimità con una fotografia solenne e statuaria curata da Sean Bobbit (già collaboratore di McQueen nella sua pellicola premio Oscar). La palette cromatica è spenta, smunta, tipica di una realtà marcia che prova  a sopravvivere al buio. Una lotta che viene perennemente alimentate ed enfatizzata dai contrasti tra nero e bianco, proposti innumerevoli volte anche grazie ad uno splendido uso della luce nelle scene in interni.

Verdetto

Widows – Eredità criminale si candida prepotentemente a diventare una pellicola cult del suo genere.
Un heist movie con la H maiuscola, pronto a stupire lo spettatore grazie ad un meccanismo perfettamente oliato da una trama affascinante e messo in moto da ingranaggi di qualità superiore rappresentati da un cast di pregevole fattura. Le scelte registiche sono presenti, numerosi e si vedono nettamente, donando alla pellicola una firma autoriale netta e distinguibile.
Promossa a pieni voti Viola Davis grazie ad una proposta degna della sua carriera, coadiuvata da un cast altrettanto esperto ed affascinante.

StayNerd consiglia

Se vi è piaciuto Widows e siete in astinenza da thriller, vi consigliamo il capolavoro di David Fincher, Seven.
Oltre a questo, per continuare a scoprire ed apprezzare i lavori di Viola Davis e Steve McQueen,  dovrete assolutamente vedere le pellicole che ne hanno segnato, rispettivamente, le carriere, quali Barriere e 12 anni schiavo.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.