Ars Scribendi – Decima puntata

Il fantasy

Quando abbiamo parlato di generi, abbiamo detto che si tratta essenzialmente di una categorizzazione di natura commerciale, intesa più a segmentare il mercato dei lettori che i contenuti di un romanzo. Resta il fatto che i generi si sono affermati al punto da portare gli scrittori a costruire le proprie trame sempre di più all’interno di una serie di modelli precostituiti e a evitare le ibridazioni letterarie.

Uno di questi generi è il fantasy. Definire cosa sia fantasy e cosa non, non è semplice. Si tratta di un genere che appartiene alla letteratura fantastica, ovvero a quel filone letterario in cui siano prevalenti uno o più elementi fantastici o surreali. Al contrario della fantascienza, che lega tali elementi a una “più o meno verosimile” tecnologia e quindi a una spiegazione di natura pseudo-scientifica, il fantasy si appoggia su tutto ciò che è esoterico, magico e persino teistico, quando serve.

Possiamo quindi avere un fantasy in cui la magia è centrale, o uno in cui lo sia il mito. A volte queste forze sono inquadrate in un modello rigoroso, che per certi versi ricorda l’approccio scientifico, altre volte sono del tutto misteriose e non spiegate, ovvero assunte.

Rispetto all’horror, che fa della tensione e del confronto con il diverso e l’incomprensibile il suo elemento caratteristico, il fantasy punta più sulla classica avventura nel miglior stile del “viaggio dell’eroe”, del quale abbiamo già parlato. Spesso infatti abbiamo un protagonista centrale, a volte affiancato da un mentore, a volte da una compagnia di prodi, a volte da entrambi. Nella maggior parte dei casi c’è una missione da compiere e, immancabilmente, un antagonista. La missione prevede il superamento di una o più prove, alcune delle quali l’eroe fallirà, specialmente all’inizio, quando ritiene di essere pronto e invece non lo è. Altre volte c’è una falsa vittoria seguita dall’apparente fallimento dell’impresa, salvo qualcosa che avviene all’ultimo momento per salvare la missione.

Vi ricorda qualcosa? Beh, potrà sembrare strano, ma questi sono più o meno gli elementi alla base di Star Wars. Sebbene ambientato in un futuro tecnologico, potremmo affermare che Star Wars è più fantasy che fantascienza, dove la Forza gioca il ruolo della magia e il confronto con le spade laser ricorda i duelli cappa e spada dei romanzi storici o quelli dei samurai dell’epoca degli shogun. Viceversa Star Trek è fantascienza allo stato puro, nonostante l’apparizione qua e là, in alcuni episodi, da esseri così avanzati tecnologicamente da apparire dei veri e propri dèi ai membri della Federazione.

E dato che, come scrisse Arthur C. Clarke in “Profiles of the Future”, ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, il confine fra fantascienza e fantasy è spesso labile. Un esempio sono alcuni romanzi di Poul Anderson.

Molto spesso l’ambientazione fantasy ha carattere medioevale, perché nell’immaginario storico la magia è fortemente legata a quel periodo della nostra Storia. Esistono tuttavia romanzi fantasy ambientati in altre epoche storiche, come il periodo ellenico o quello delle prime dinastie cinesi.

Un altro elemento molto presente nel fantasy è la spada. La spada e la scherma antica giocano un ruolo fondamentale in moltissimi romanzi fantasy perché devono bilanciare la magia intesa come azione a distanza, contrapponendole il contatto fisico con l’avversario. In alcuni romanzi, la magia è bandita sul campo di battaglia perché rappresenta quello che nell’epoca moderna chiameremmo “arma non convenzionale”.

Scrivere un romanzo fantasy richiede molto lavoro di ricerca. Innanzi tutto bisogna avere una buona conoscenza del periodo storico reale sul quale si è deciso di modellare l’ambientazione del nostro romanzo. Uno degli errori principali che fanno molti scrittori che affrontano questo genere è di focalizzarsi quasi completamente sugli elementi fantastici, quelli che, entro certi limiti, possono essere inventati senza dover mantenere una qualche coerenza con la realtà, per cadere sugli elementi realistici, ovvero il quotidiano. I nostri eroi infatti dovranno pure vestirsi, lavarsi, mangiare, viaggiare. Ma come?

Prendiamo uno dei periodi storici più amati dagli scrittori fantasy: l’Alto Medioevo. Come ci si vestiva in quel periodo? Con quali materiali? E chi si poteva permettere cosa? Gli abiti erano colorati? E con che colori? Che differenza c’era fra un abbigliamento da viaggio e uno da casa o da lavoro?

E ancora, cosa si mangiava e come veniva cucinato? Quali erano le ricette più comuni e come variava l’alimentazione sulla costa rispetto che all’interno o sulle montagne? Come erano fatte le abitazioni, che genere di arredamento avevano, come variavano da una zona all’altra di un territorio?

Un altro aspetto spesso sottovalutato sono i mezzi di trasporto e i tempi di percorrenza nei viaggi. Come si viaggiava? C’erano strade? E quanto tempo ci voleva per percorrere cento miglia a seconda del terreno e del mezzo di trasporto? Quanto poteva reggere un cavallo al trotto e quanto al galoppo? Come si navigava con imbarcazioni a vela quadra o latina?

Anche se questi elementi compaiono spesso di sottofondo e sembrano trascurabili rispetto al resto della storia, sbagliarli vuol dire rendere del tutto irrealistico il romanzo. Molti sottovalutano il fatto che un buon romanzo fantasy, proprio perché spesso saturo di elementi fantastici, deve a maggior ragione essere il più realistico possibile in tutto ciò che fantastico non è.

Non solo un buon scrittore fantasy spende parecchio tempo a fare ricerche storiche sul periodo di riferimento, ma si costruisce tutta una serie di strumenti per non dover ogni volta analizzare una situazione al fine di evitare svarioni significativi e potersi così concentrare con serenità sulla trama.

Un calendario, innanzi tutto, per poter seguire passo passo i nostri eroi nei loro spostamenti, specie se la trama vede l’intreccio di più storie parallele che devono poi confluire nel finale. Un atlante, che riporti luoghi, città, territori e che ne descriva le caratteristiche, per evitare inconsistenze fra vari capitoli del romanzo o vari romanzi della saga. Nell’atlante si tiene traccia delle caratteristiche di ogni territorio, l’orografia, il clima, l’agricoltura, così come dei riferimenti “politici” delle varie regioni: regni, ducati, città, osterie, stazioni di sosta, strade, ponti e via dicendo. Ogni volta che un personaggio si ferma in un’osteria si registra il nome della locanda, quello del proprietario, le caratteristiche dello stabile, se ha o meno una stalla, e via dicendo. Capita spesso infatti che un personaggio ritorni nella stessa città e ha senso, se si è trovato bene, che ritorni nella stessa locanda. Altrimenti si finisce per inventare un posto nuovo ogni volta perché ci si è dimenticati di cosa effettivamente si trovi in quella città. In pratica, un buon scrittore di fantasy si crea gli equivalenti di Google Map, TripAdvisor, Yelp, AirBnB e chi più ne ha più ne metta.

Analogamente si traccia tutto quello che si scrive riguardo alle popolazioni locali, ai costumi, alle tradizioni, alle religioni, agli edifici pubblici o di particolare importanza, come potrebbe essere il Magistero della Gilda dei Maghi, se ce n’è una, o il Palazzo Reale. In pratica, man mano che si scrive si crea un mondo e spesso, i bravi scrittori, ne preparano una bella fetta anche prima, pronta per essere usata alla bisogna.

Uno degli aspetti più interessanti poi dei libri fantasy sono le razze non umane. Si può fare riferimento ai miti e alle saghe che ci sono arrivate da varie culture, oppure svilupparne di nuove. Anche quando si usano gli stessi nomi, non è poi detto che si stia parlando della stessa razza. Ad esempio, gli elfi della mitologia norrena sono ben diversi dagli elfi della mitologia celtica. Lo stesso dicasi per i troll o i goblin. Le stesse sirene sono ora mezze donne e mezze uccello, oppure mezze donne e mezze pesci. Ogni mitologia, ogni saga, ogni racconto, ha dato agli stessi nomi aspetti e comportamenti differenti. Basti pensare ai demoni indiani o agli spiriti delle leggende giapponesi.

Uno scrittore di fantasy ha a disposizione un “bestiario” notevole se attinge dalle mitologie di tutti i popoli e le culture della Terra. Solo quelle africane o asiatiche offrono spunti di ogni tipo.

Culture e razze implicano poi costumi diversi e, soprattutto, idiomi diversi. Dato che non siamo tutti dei linguisti come lo era Tolkien, inventare una lingua è sconsigliato. Al più ci si può appoggiare a una lingua esistente e che è esistita, magari con un alfabeto inventato se proprio ci si tiene a fare qualcosa di originale, ma anche qui, ne vale davvero la pena? Sviluppare una nuova lingua o anche solo un nuovo alfabeto ha senso solo se è funzionale alla storia. Altrimenti meglio appoggiarsi al parco lingue esistente che, se includiamo anche quelle scomparse, è sufficiente alla bisogna di qualsiasi scrittore di fantasy.

Diverso è il discorso se la lingua ha anche una caratterizzazione magica o religiosa, come lo erano i geroglifici dell’Antico Egitto o le rune del Fuþark. Qui entriamo nell’aspetto esoterico, dove la corretta rappresentazione di un glifo può fare la differenza fra un incantesimo che funziona e un mezzo disastro. Anche in questo caso, sviluppare questo genere di dettagli deve essere funzionale alla trama e non un semplice esercizio stilistico.

Tutti questi aspetti, infatti, stanno al romanzo come gli effetti speciali stanno a una pellicola: possono impressionare all’inizio, ma alla lunga stancano se la storia non ha un suo spessore.

Il sistema migliore per costruire una trama fantasy è posi delle domande del tipo “Che succede se…”. In pratica si parte quasi sempre da una situazione ben definita per poi introdurre qualcosa che la sconvolge. Nei vecchi romanzi l’eroe era perfetto, il classico buono, spesso ritagliato su modelli sociali “politicamente accettabili”, e la storia tendeva ad avere un “happy ending”, ovvero il classico lieto fine. Le sorprese, i momenti di apparente fallimento o sconfitta, erano concentrati per lo più nella parte iniziale della trama, quella della “crescita di consapevolezza” dell’eroe, e in quella finale, dove si arrivava allo scontro con l’antagonista, anche lui ben delineato nell’essere il “cattivo” di turno.

Oggi le cose sono cambiate: i vecchi schemi sono venuti a noia. Più l’eroe è imperfetto ed “umano”, più il lettore ci si può immedesimare. Anche la netta divisione fra buoni e cattivi tende sempre più a sfumarsi, la fine della storia non è detto debba essere lieta e se nelle storie passate l’eroe non moriva mai o moriva solo alla fine, facendo qualcosa di spettacolare, oggi può capitare che un protagonista muoia a metà racconto per essere sostituito da un altro e che sia tutt’altro che buono o pieno di virtù. Basti pensare al “Trono di Spade” di Martin.

column ars scribendi gennaio 2018

Il fatto è che è stato scritto molto e che seguire gli schemi rischia di diventare ripetitivo. Così le storie si colorano a volte di umorismo, spesso portato agli estremi del demenziale, oppure di tensione tanto da sconfinare nell’horror. Inoltre una magia sempre meno spiegata e oscura viene bilanciata da un realismo estremo negli aspetti sessuali o dei combattimenti. In pratica la storia si “sporca” letteralmente, rifuggendo dai cliché delle fiabe per diventare sempre più cruda. In tutto ciò la ricerca secondaria diventa fondamentale. Un buon scrittore di fantasy si avvale di consulenze di ogni tipo: sul periodo storico, sulle armi, sulle tecniche di combattimento, persino sulle usanze sessuali e le relazioni sociali.

Per ogni ora spesa a scrivere, sono spesso due o tre quelle dedicate alla ricerca, a intervistare qualche esperto o ai sopralluoghi in posti nei quali ambientare la nostra storia. Non basta una foto o un video, spesso, ma bisogna recarsi sul posto, assaporare l’aria, ascoltare i suoni, parlare con le persone. Come descrivere una forgia se non ci si è mai stati?

Quindi, per concludere, se volete scrivere una storia di fantasy, (1) concentratevi innanzi tutto sulla trama, ovvero non aspettatevi che gli elementi fantastici “da soli” bastino a dare spessore alla storia; (2) lavorate molto bene sull’ambientazione cercando di rifarvi il più possibile a dati storici, leggendo saggi o consultando esperti; (3) mantenete una forte coerenza in tutto ciò che scrivete, evitando di confondere il lettore con affermazioni apparentemente attraenti ma poi di fatto inconsistenti. Più sarete realistici, più darete forza alla parte fantastica del vostro romanzo.

E non — ripeto, non — cercate di stare negli schemi. Avete la fortuna di potervi sbizzarrire con la fantasia, cosa che lo scrittore di romanzi storici, romantici o d’avventura può fare solo fino a un certo punto. Sfruttatela, ma non esagerate mai. Mantenete sempre i piedi ben piantati a terra, anche se avete poi la testa fra le nuvole. Ricordatevi che siete sempre voi a scrivere la storia. Non lasciatevi prendere la mano perché poi potreste avere problemi a chiudere tutti i fili che avete intrecciato e a non saper dare al tutto una conclusione soddisfacente.

A cura di Dario de Judicibus