L’analisi che unisce la critica sociale occidentale a quella di stampo giapponese attraverso due originali elementi: Evangelion e Franco Battiato

Neon Genesis Evangelion, o semplicemente Evangelion, è l’opera magna di Hideaki Anno, pubblicata nel 1995. A distanza di ventiquattro anni, l’anime continua a emozionare e a far riflettere le attuali generazioni di giovani adulti – poco importa se occidentali od orientali -, ricoprendo un posto speciale nella storia dell’animazione giapponese. Non è infatti un caso l’arrivo della serie su Netflix.

A tal proposito, chi ha già avuto modo di apprezzare Evangelion, avrà notato come il teaser rilasciato all’annuncio della notizia punti tanto al combattimento tra gli Eva e gli Angeli (o Apostoli, ma useremo il primo termine), presentandolo come un prodotto incentrato sui robottoni. In realtà, sappiamo bene che l’opera di Anno è una psichedelica riflessione sulla solitudine e il senso di inadeguatezza sociale dell’uomo, scardinato in tutte le sue sfaccettature.

Partendo dal protagonista Shinji Ikari, Evangelion presenta un vasto corollario di personaggi, ognuno dotato di una profondità caratteriale così intensa da portarci a interrogare sul nostro io. Il tutto è raccontato attraverso un forte simbolismo incarnato dallo scontro tra le unità Eva e gli Angeli.

Per la maturità dei suoi temi e il suo stile visionario, Evangelion è stato spesso oggetto di analisi legate al mondo della filosofia, della psicoanalisi, della teologia. Ci sono articoli su come Anno abbia ripreso il concetto di Ombra (inconscio) da Jung, o su come sia stato ispirato dall’idealismo di Fichte e dall’esistenzialismo di Heidegger. Persino sulle nostre pagine abbiamo interpretato i riferimenti religiosi presenti nell’anime. Un’interpretazione resa più complessa dal nuovo riadattamento italiano per Netlfix a opera di Gualtiero Cannarsi. Eppure, chi scrive questo articolo ha scoperto un nuovo modo di leggere Evangelion. Un metodo trovato per caso, ascoltando Franco Battiato.

Il celebre cantautore siciliano, con il suo poliedrico stile, ha trattato i temi più disparati lungo la sua carriera: astronomia, filosofia, critica sociale, storia, antropologia. Tra tutte queste opportunità, è venuto spontaneo scovare un legame tra la narrativa di Battiato e quella di Evangelion, consentendo una lettura ancora più concreta delle paure e delle ambizioni dei protagonisti dell’opera di Anno.

Il dubbio della realtà

Evangelion ruota attorno al concetto di solitudine. La scelta di un tema così delicato deriva dall’esperienza vissuta dal suo stesso autore: Anno ha sofferto di depressione per un lungo periodo, cadendo nel vortice degli otaku, ovvero persone socialmente isolate, ossessionate da hobby come fumetti, anime, videogiochi e tecnologia. Una volta uscito dal tunnel, l’autore giapponese ha portato su schermo l’idea di emarginazione e vacuità interiore, declinata attraverso i personali punti di vista dei personaggi.

Da Shinji e la sua necessità di affidarsi al parere degli altri, ad Asuka e il suo desiderio di primeggiare su tutti; poi c’è Misato con la sua incapacità di innamorarsi, e Ritsuko, che usa una cinica razionalità per affrontare la vita. Ciascuno di loro indossa una maschera per lasciarsi accettare dagli altri e trovare il proprio posto nel mondo, all’interno della società.

https://www.youtube.com/watch?v=_guwsLegDuU

Non è affatto un percorso semplice: ragione e subconscio si scontrano costantemente, provocando un’esasperazione dell’io, che tende a chiudersi e a guardare con paura l’esterno. Questa sensazione di disagio interiore è il tema de Il Vuoto. In questa canzone Battiato, accompagnato dalle MAB, racconta il senso di vuoto derivato dalla società contemporanea, la quale è frenetica, alla ricerca del successo e quindi dell’approvazione sociale. Ambizioni asfissianti che collidono con l’io, incapace di ritagliarsi spazio nell’immenso e famelico oceano in cui viviamo, e per questo costretto ad utilizzare una maschera.

“Tu sei quello che tu vuoi ma non sai quello che tu sei”
(Il Vuoto, Il Vuoto 2007)

Da qui il collegamento a Evangelion è semplice. Ripensiamo infatti a Shinji, un ragazzo incredibilmente fragile da non riuscire a rapportarsi con gli altri. Il chiedere scusa a ogni occasione, l’isolarsi con la musica del suo walkman, i tentativi di abbandonare la NERV, l’attrazione sessuale repressa: sono tutti segni di uno struggimento interiore, tra l’impulso di accontentare gli altri e la paura di restarne ferito.

Vi è poi Asuka e la sua sicurezza dirompente, che la porta a voler superare ogni obiettivo con il migliore risultato: essa non cela altro che il bisogno dell’approvazione da parte degli adulti. L’amore per Kaji, l’invidia per Misato e la competizione nei confronti di Shinji e Rei nascondono la mancanza dei genitori, in particolare della madre, persa in tenera età in circostanze inquietanti.

Ognuno dei personaggi simula l’apparenza che si oppone alla reale personalità, per superare le aspettative degli altri. Attraverso Shinji, Asuka, Misato, Ritsuko riviviamo le ansie della società contemporanea, ormai fondata su:

“Danni fisici psicologici collera e paura stress
Sindrome da traffico ansia stati emotivi
Primordiali malesseri pericoli imminenti
E ignoti disturbi sul sesso”
(Il Vuoto)

Fa pure riflettere il fatto che, ne Il Vuoto, la frase “Venti di profezia parlano di dei che avanzano” ben si lega al ruolo degli Angeli in Evangelion, creature misteriose e pericolose, che allo stesso tempo consentono di vedere i lati più reconditi dei diversi personaggi.

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A causa di questa repulsione della reale natura umana, non sempre comprendiamo in Evangelion cosa sia reale e cosa sia finzione. Ciò deriva anche dal tipo di narrazione, definibile quasi allucinogena, resa particolarmente profonda per la delicatezza dei temi, trattati attraverso lunghe pause di silenzio e inquadrature suggestive.

La nostra vista, il nostro udito, il nostro cuore e cervello vengono costantemente sollecitati, instillando in noi il dubbio se il monologo che stiamo ascoltando o la visione a cui stiamo assistendo sia finzione o verità. Persino credere alla morte di un personaggio diventa difficile in Evangelion. Viviamo una costante alternanza tra apparenza e realtà, proprio come l’omonimo brano di Battiato.

“Tempi tumultuosi e quindi resto confinato nella mia stanza
immobilizzato da così tanta lontananza al mondo
mi sento estraneo”
(Apparenza e Realtà, Dieci Stratagemmi 2004)

Queste parole potrebbero benissimo uscire dalla bocca di Shinji, quando è nel suo letto, al buio e con lo sguardo perso nel vuoto, mentre ascolta le solite tracce 25 e 26 dal suo walkman. Il soffocante contrasto interiore del ragazzo, maturato nel corso delle puntate, lo porta a interrogarsi sulla sua reale identità, tra il disgusto provato per se stesso e il bisogno di accontentare gli altri.

Un isolamento disperato, che ben rispecchia la realtà degli otaku menzionata nell’articolo.
La totale mancanza di amor proprio e l’ossessiva necessità di sopravvivenza porta spesso a chiedere a Shinji quale sia la sua vera essenza. Disprezzarsi o provare ad accettarsi senza temere l’aiuto degli altri? Una domanda ridondante che sconfina semplicemente in Io chi sono?, come la canzone del cantautore siciliano, tratta nuovamente dall’album Il Vuoto.

 

Madre e Padre come forze divine

Prima non abbiamo citato a caso la figura genitoriale, dato che rappresenta uno dei temi centrali di Evangelion. Accanto ad Asuka, vi è Shinji che, privato anch’egli da piccolo della madre Yui Ikari, si sente indifeso nei confronti di un mondo vorace. L’attaccamento alla madre da parte del protagonista si riflette in Rei Ayaname: sin dal primo incontro tra i due, è evidente l’interesse di Shinji nei suoi confronti. Un interesse che non deve esclusivamente assumere sfumature sessuali, ma si riferisce più al rimanere colpiti nel trovare un senso di familiarità in un estraneo.

Neon Genesis Evangelion Netflix

Shinji è però incapace di relazionarsi con gli altri. Non può nemmeno contare sull’affetto del padre, Gendō Rokubungi, fortemente detestato per il suo cinismo e dedizione totale alla carriera. Eppure, inconsciamente, Shinji agogna alle sue lodi: è bastato ricevere i suoi complimenti dopo il primo combattimento contro un Angelo per farglielo capire.

Da qui nasce il vero contrasto interiore del ragazzo, diviso dal bisogno di fuggire dalla realtà, in solitudine, e l’appagamento nel ricevere l’approvazione altrui. Un’approvazione che può essere ottenuta solamente quando Shinji si trova dentro l’Eva-01: all’interno del mecha, il pauroso ragazzino si tramuta in un essere agguerrito, assetato di sangue, incapace di arrendersi.

Anche Misato Katsuragi vive la sua vita in bilico a causa del padre, perso durante il Second Impact. Misato è una donna ottimista, pigra, che adora bere birra a colazione, ma anche un capitano dotata di incredibile sangue freddo e capacità strategica. Una personalità dunque contrastante ma costruita ad hoc per racchiudere la sua insicurezza. Ciò le impedisce di avere una relazione duratura con un uomo. Nonostante la sua esplosiva passionalità, Misato pone fine ai suoi rapporti perché nei compagni rivede il padre scomparso. Lo confida a Kaji, l’uomo che ha tanto agognato.

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Nell’intricata rete dei legami genitoriali è invischiata anche Ritsuko Akagi. Dotata di una spiccata razionalità e acume scientifico, la donna ha uno stretto legame con la madre Naoko (persa in gioventù), tanto da seguirne le sue orme nel ramo della ricerca tecnologica.

Ma sappiamo bene che in Evangelion la scienza è in realtà un modo affascinante attraverso cui sviscerare le emozioni. Sì, è difficile vedere Ritsuko colta alla sprovvista, ma la sua ambizione e la sua amorevole competizione con la madre sono lo scudo per difendersi da un amore irrazionale – anch’esso ripreso dall’esperienza materna – per Gendō Rokubungi. I suoi controversi sentimenti rimandano al complesso di Elettra, che, secondo la definizione di Jung, descrive il desiderio della bambina di possedere il padre e di gareggiare con la propria madre per il possesso del genitore.

La delicata rete di rapporti tra genitori e figli – resa tale per le forti sfumature erotiche e per la figura idealizzata di madre e padre – può essere rivista in E Ti Vengo A Cercare di Franco Battiato. Il brano, pur essendo una preghiera rivolta a una figura divina, si accosta bene a quanto delineato sinora su Evangelion, perché parla di una ricerca, quasi disperata ma amorevole e sensuale, di un essere superiore, in grado di donare equilibrio interiore ed elevazione d’animo per superare la dura quotidianità.

“Un rapimento mistico e sensuale
Mi imprigiona a te

Dovrei cambiare l’oggetto dei miei desideri
Non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
Fare come un eremita
Che rinuncia a sé”
(E Ti Vengo A Cercare, Fisiognomica 1988)

Oltre l’analisi di Evangelion: il trip mentale

Le analogie fatte finora sono prova di come cultura occidentale e orientale possono mescolarsi tra loro, in maniera involontaria. Franco Battiato critica la nostra società, quella da noi vissuta in prima persona; Anno ed Evangelion invece scardinano le paure della società giapponese. In entrambi i casi è possibile combatterle opprimendo il nostro io in una malsana solitudine, oppure lasciare libero quell’io tanto temuto e renderlo concreto agli altri.

Ecco quindi che la scena finale di Neon Genesis Evangelion, incentrata sull’epifania interiore di Shinji, esplode in tutta la sua magnificenza, specialmente dopo ad aver assistito a tanti tormenti. Allora un nuovo inizio è possibile, allora ritornerà un’Era del Cinghiale Bianco (1979).

Se però quanto delineato nell’articolo vi è poco chiaro, proprio perché credete che la forza dell’opera di Anno risieda nel suo stile visionario e sfuggevole alla comprensione, vi consigliamo di concludere la lettura di questa interpretazione ascoltando Shock in My Town di Battiato (Gommalacca 1998), un brano dal testo criptico, difficile da interpretare, con sonorità stupefacenti. Così da poter iniziare un trip mentale e sensoriale, ma indecifrabile.

Perché d’altronde è anche questo Evangelion. È anche questo Franco Battiato.

Lorena Rao
Deputy Editor, o direttigre se preferite, assieme a Luca Marinelli Brambilla. Scrivo su Stay Nerd dal 2017, per cui prendere parte delle redini è un’enorme responsabilità, perché Stay Nerd è un portale che punta a stimolare riflessioni e analisi trasversali sulla cultura pop a 360° tramite un’offerta editoriale più lenta e ragionata, svincolata dalle dure regole dell’internet che penalizzano la qualità. Il mio pane quotidiano sono i videogiochi, soprattutto di stampo storico. Probabilmente lo sapete già se ascoltate il nostro podcast Gaming Wildlife!