Prodotto da Guillermo Del Toro, Antlers – Spirito Insaziabile riprende il mostro delle leggende indigene canadesi chiamato il Wendigo

Distribuito al cinema dal 28 ottobre, giusto in tempo per la programmazione di Halloween, Antlers – Spirito Insaziabile è uno dei tanti horror venduti con l’etichetta “prodotto da Guillermo Del Toro”. Come la sua filmografia dimostra, non sempre questo sigillo è sinonimo di ottimi film e talvolta anche il Maestro dell’Horror commette qualche passo falso. Tuttavia Antlers è innegabilmente un film che per certi versi funziona, anche se questi sono pochi in un contesto artistico in cui il genere sta vivendo una rinascita autoriale. Ovvero, si tratta di un prodotto mediocre, che non si fa notare né per originalità, né per tener avvinto lo spettatore alla trama. Anche il cast, fatto da attori e attrici che in altre occasioni hanno dato prova di talento – su tutti, Jesse Plemons, protagonista di Stavo pensando di finirla qui – si muove sacrificato da un copione sciatto. Capita l’antifona, accettato che non si è davanti a nulla di straordinario, lo spettatore potrà prendere quel che di buono c’è in Antlers – Spirito Insaziabile. Vediamo cosa.

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Antlers – Spirito Insaziabile e il mito del Wendigo

Sostanzialmente, le tematiche di Antlers sono tre. La prima è dichiarata dal cappello iniziale, di una sorta di ribellione della Natura stufa dell’arroganza umana. La seconda, è quella del mito e della leggenda, intrinsecamente legata alla prima. Siamo nell’Oregon, una terra un tempo abitata principalmente dai nativi della cosiddetta First Nation. Tra quelle lande cupe, poco ospitali, si aggira la figura mitologica del Wendigo, nato dall’aberrazione di un cacciatore che – per fame – ha divorato un altro essere umano. Da allora il mostro è costretto a vagare in una caccia perenne, tormentato da uno – appunto – Spirito Insaziabile. Infine, la storia personale dei protagonisti mette al centro della loro psicologia la delicatissima tematica degli abusi sui minori.

Molta carne al fuoco, dunque, per un film che riesce a gestire probabilmente solo la figura mitologica e mostruosa del Wendigo, una bestia dalle lontane reminiscenze umane, la cui conformazione basterebbe da sola a spaventare il pubblico. La storia di Antlers parte, in effetti, proprio così: con l’infezione del cuoco di metanfetamina, Frank Weaver (Scott Haze) da parte di una creatura orribile e misteriosa. Con lui, sfortunatamente anche un collega che farà una fine ancora più orrenda e il figlio minore Aiden (Sawyer Jones). Da quel momento, oltre a far la conoscenza con il figlio maggiore di Weaver, Lucas (Jeremy T. Thomas) – isolato, malinconico e bullizzato – vediamo cambiare il clima nella cittadina. Presto lo sceriffo Paul Meadows (Piemons) troverà cadaveri brutalmente masticati, di cui gli esperti non sanno dare alcuna spiegazione. Come da cliché narrativo, si tratta di un paesino tranquillo, dove non è mai successo nulla. Almeno non alla luce del sole.

L’horror di Scott Cooper affronta un tema delicato

Il vero personaggio principale di Antlers – Spirito Insaziabile è la maestra elementare Julia Meadows, sorella dello sceriffo e insegnante di Lucas. Oltre a essere un raccordo sociale e affettivo tra le parti, è anche una donna la cui sofferenza è mostrata sin dai primi fotogrammi in cui compare. Vibrante e arrabbiata, Julia spiega subito da cosa nasce il suo sesto senso rispetto alla delicata situazione di Lucas e dichiara di aver subito abusi per tutta l’infanzia. Esattamente come il ragazzino, e si tratta (questo è quello che ci lasciano intuire) solo del dover accudire padre e fratello trasformati in creature letali, ma di qualcosa di reiterato e precedente all’evento soprannaturale. Questo tema è trattato da Antlers in maniera difficile da decifrare. Si tratta di qualcosa di sostanziale nella costruzione del personaggio principale, dei suoi comportamenti e della sua psiche, ma sembra comunque accennato e lasciato in superficie.

Proprio perché è coinvolto un contenuto così importante, che meriterebbe di per sé una riflessione profonda, l’effetto finale di Antlers è quello di film incompleto e straniante. I personaggi si muovono tutti più per servire la trama che per una vera coerenza psicologica. Sono pedine del regista che li muove come serve che si muovano, li porta in posti in cui nessuno in quella situazione andrebbe mai, e motiva con poca convinzione le loro scelte. Anche la caratterizzazione del loro approccio al soprannaturale, è molto rapido, superficiale, accessorio. Abbiamo il personaggio scettico, il personaggio che si convince gradualmente, le vittime caratterizzate unicamente come tali, il nativo americano (Graham Greene, volto ricorrente per questo tipo di ruolo) che ammonisce con parole criptiche tutti gli altri. L’eroina, il mostro, gli aiutanti e i più deboli da salvare. Tutto come previsto, tutto già visto.

antlers spirito insaziabile
Jeremy T. Thomas and Keri Russell in the film ANTLERS. Photo by Kimberley French. © 2021 20th Century Studios All Rights Reserved

Qualche jumpscare e dei buoni effetti speciali

Su una scacchiera, dunque, piuttosto prevedibile, il regista Scott Cooper gioca alcune pedine che salvano il salvabile. Il suo stile registico è abbastanza classico per questo tipo di film, supportato da una buona fotografia e – come già detto – un cast ben rodato nella gestione dei ruoli drammatici. Anche per i volti meno noti, soprattutto quello del piccolo protagonista Lucas c’è stata una scelta azzeccata nel casting, scegliendo una presenza scenica espressiva anche con poche battute.

Tuttavia, quel che è meglio riuscito in Antlers – Spirito Insaziabile, è proprio la resa del villain – il Wendigo – nelle varie fasi della sua evoluzione. In un primo momento lo Spirito Insaziabile si insinua nel corpo di Weaver, che resta tutto sommato riconoscibile, per quanto livido e consumato. Ma è nella trasformazione finale, ben visibile nella scena madre del film, che ammiriamo un buon lavoro di effetti speciali che riproducono in maniera vivida la fisionomia mitologica del mostro. Durante una visione in cui si attende un po’ la fine, l’appagamento estetico è sicuramente una boccata d’aria. La trasformazione in sé, poi, richiama certi elementi di body horror molto edulcorato, mostrando anatomie irreali e sofferenti.

Infine, l’elemento puramente horror, nella sua accezione più superficiale, il jumpscare. Non si può negare che in alcuni momenti la tensione è ben costruita e l’azione fa saltare lo spettatore sulla poltrona. Ma, come sa chi guarda tanti film di questo genere, questo è un espediente che non basta più. Anche chi cerca solo questo aspetto, magari il pubblico che vuole un intrattenimento leggero, dovrà affrontare una premessa lenta e drammatica, prima di essere soddisfatto. Insomma, Antlers metterà d’accordo tutti nel non convincere pienamente nessuno. Né chi sta seguendo le nuove proposte del genere, né chi cerca il classico divertimento “che fa paura”.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.