Fridging senza frigo: Barbara Gordon e non solo

Cercare di spiegare cosa sia esattamente il fridging e perché proprio Barbara Gordon, la prima Batgirl, possa esserne il simbolo indesiderato, non è impresa facile. Nei decenni mettere le donne nel frigo (e non solo loro) ha costituito uno degli espedienti di trama più utilizzati dagli sceneggiatori. Anzi, a ben vedere si potrebbe estendere questo concetto ben al di là dei fumetti, dalla letteratura al cinema (anche il cane di John Wick rientra nella categoria?).

Cerchiamo di partire dalle basi. Cosa diavolo è il fridging? Se vogliamo attenerci a una definizione potremmo dire che si tratta della morte violenta di una donna o del suo ferimento come atto (non) necessario a motivare un supereroe. Però è proprio sul necessario che ci si potrebbe spaccare.

Davvero Batman avrebbe bisogno della paralisi di Barbara Gordon per pestare il Joker? Siamo onesti, la risposta è no. L’eroismo, quello vero, non dovrebbe richiedere motivazioni di questo tipo. Poco importa che sia il tentativo di far impazzire Jim Gordon o la morte di (un) Robin. Ed è qui che inizia un sentiero lungo e oscuro, che conduce a una domanda: il fridging è sempre un male? La norma ci dice di sì: ma anche qui la risposta non è semplice e ci sono casi (pochi, pochissimi in verità) in cui gli sceneggiatori riescono a trascendere questo concetto, che solitamente implica l’oggettificazione di una donna (ma non solo).

The Killing Joke è uno di questi. La scelta di colpire Barbara, il suo fridging, non è funzionale tanto a causare la reazione di Batman (che nel finale rinuncia anche alla vendetta sul Joker), quanto a far impazzire il Commissario Gordon. L’espediente narrativo è tortuoso, specchio della mente malata che lo ha ideato nel fumetto. Un domino: colpire Barbara, per far impazzire il commissario e sconfiggere Batman. Ma questo rende anche Jim Gordon un “uomo nel frigo”? A voi lettori l’ardua sentenza.

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Quello che cercheremo di fare qui sarà ripercorrere una storia del fridging per quanto possibile, arrivando ad analizzare alcuni casi eclatanti quanto quello di Barbara Gordon. Cercheremo anche di spingerci, ove possibile, oltre le barriere di genere: il fridging può applicarsi anche agli uomini? Ovviamente non ci sarà possibile tenere conto di tutti i casi nella storia del fumetto (di per sé uscire con un super ti mette automaticamente in graduatoria). Per una lista completa vi rimandiamo al sito WiR, creato da Gail Simone nel 1999.

Una brutta sorpresa per Kyle

Per parlare di fridging a 360° è bene capire da dove derivi il nome. Siamo nel 1994, sulle pagine di Lanterna Verde. A detenere l’anello in questo periodo è Kyle Rayner, che si trova coinvolto in uno scontro contro il villain Major Force. Fin qui niente di insolito: il buono affronta il malvagio, che tuttavia sceglie di colpire l’uomo al posto dell’eroe. Nello specifico Major fa a pezzi Alexandra, la ragazza di Lanterna Verde, smembrandone il cadavere e mettendolo in frigorifero, lasciando un biglietto a Kyle per trovarne il corpo.

Chiariamo un concetto: non è la prima volta che succede qualcosa del genere nella storia del fumetto supereroistico. Ma quanto compiuto dallo sceneggiatore Ron Marz in questo caso fu eclatante. Un po’ per la crudeltà insita nel vilipendio di cadavere, un po’ per l’evidente scelta di rendere Alexandra meno di un personaggio: un deus ex machina. Per giunta inutile.

Ed è proprio qui che nasce il grande problema del fridging nel comic americano. Era davvero necessario uccidere in maniera così brutale la ragazza di Lanterna Verde per fargli affontare Major Force? All’epoca la scelta fu giustificata dalla natura di Kyle come “eroe principiante”. La morte della sua figura di riferimento, la donna che lo aveva incoraggiato a essere un supereroe migliore, doveva spingerlo a padroneggiare al meglio i suoi poteri. Una sorta di parallelismo con la morte dello zio Ben per Spidey o dei coniugi Wayne per Batman.

Il problema è che, nei fatti, le implicazioni della morte di Alexandra non ebbero lo stesso peso per Kyle. Aveva già scelto di essere un eroe: il suo unico problema era la necessità di padroneggiare al meglio i suoi poteri. Una volta concluso l’arco narrativo Alex fu solo un eco nelle azioni di Lanterna Verde, non quel convito di pietra che da sempre è la figura di zio Ben per l’Uomo Ragno. Una morte che lui stesso aveva indirettamente causato (non l’ultima) e che lo spinse a compiere il bene come scelta di vita.
Alexandra non fu altro che una donna nel frigo.

La notte che Gwen Stacy venne messa in frigo

Con Green Lantern Vol.3 #54 il fridging assume un suo nome e contorni definiti: ma come detto già Barbara Gordon, sei anni prima, era stato un caso di “donna nel frigo”. Qualcosa capace di stravolgere il mondo del comic supereroistico.

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E, prima di lei, c’erano stati alcuni casi eclatanti, che non avevano risparmiato alcuni dei personaggi più illustri del mondo del fumetto. Uno dei primi e più noti casi di fridging prima di Barbara Gordon fu senza dubbio quello di Gwen Stacy. Con la morte della storica ragazza dell’Uomo Ragno muore anche la Silver Age. Un evento epocale, che costringerà al trapasso nell’era del dubbio, quell’Età del Bronzo del fumetto di cui abbiamo già parlato tante volte.

La notte in cui morì Gwen Stacy” fu anche la notte in cui morì l’innocenza di migliaia, forse milioni di lettori. I nostri genitori e i nostri nonni, di fronte a quella scena, riuscirono a provare una sincera empatia per Spidey. Un’empatia che tuttavia è venata anche da una certa rabbia. La morte di Gwen era davvero necessaria? Comportò un cambiamento, un’evoluzione nel personaggio dell’Arrampicamuri?

Certo, Peter andò molto vicino a superare la soglia che lo avrebbe trasformato da eroe a giustiziere. Ma, se analizziamo la storia editoriale di quella morte, ci appare chiaro come essa avrebbe potuto essere facilmente evitata. Le discussioni attorno al tavolo di lavoro della Marvel furono lunghe e complesse: si era deciso di uccidere un personaggio legato a Spidey. Ma chi?

La scelta, alla fine, si era ridotta a tre personaggi, le tre donne della vita di Spider-Man. Zia May, Mary Jane e Gwen Stacy. Le prime due furono tuttavia rapidamente scartate, come ricordò John Romita Sr. La prima richiamava troppo il lutto dello Zio Ben, ancora fresco nella memoria del Ragno e dei True Believers. La seconda non era ancora abbastanza popolare per rappresentare un trauma per i lettori. Gwen, per sua sfortuna, era la scelta perfetta.

Certo, la morte di Gwen ebbe delle conseguenze: l’intera industria del comic ne uscì cambiata, per sempre. Un eroe aveva fallito in maniera clamorosa, al punto che tuttora c’è il sospetto che sia stato lo stesso Spidey a uccidere, involontariamente, la ragazza. Ma sta proprio nell’intercambiabilità della figura femminile che sorge lo spettro del fridging. Quella morte avrebbe avuto gli stessi effetti sulla vita di Spidey se non avesse riguardato la sua ragazza? Se fosse toccato a Flash, a Harry, oppure a Robbie? Non lo sapremo mai.

Ciò che sappiamo è che Gerry Conway e Romita Sr. ci consegnarono un pezzo di storia del fumetto di supereroi. La morte di Gwen non diede motivazioni a Spidey, al contrario lo fece sprofondare nel dubbio. Qualcosa che, tuttavia, ci pone di fronte a una duplice interpretazione. Da un lato un fridging può essere presente, ma sceneggiato così bene da passare in secondo piano. Dall’altro, per quanto sceneggiato bene, un frigo forse resta sempre un frigo.

Not so Wonder

Va detto che non sempre il fridgin prevede una morte femminile. Ci sono anche casi in cui una supereoina viene “depotenziata”.

Un caso di fridging molto particolare è senza dubbio quello che riguardò Wonder Woman alla fine degli anni ’60. Mentre le amazzoni sceglievano di abbandonare la Terra, Diana si trovava costretta a dover intervenire per salvare il suo ragazzo storico, Steve Trevor (da molti ironicamente ricordato come “il Lois Lane maschio”). Questa situazione costrinse la supereoina a una scelta: seguire le sue sorelle o restare sulla Terra, priva di poteri, per aiutare Steve. Ovviamente la decisione di Diana ricadde sulla seconda opzione.

Diana iniziò quindi ad addestrarsi nelle arti marziali e nell’uso delle armi bianche e da fuoco. Peccato che Steve ci lasci comunque le penne, cosa che costringerà Wonder Woman a reinventare la sua intera vita.

 

Diana aprirà quindi una boutique di abbigliamento, lavorando allo stesso tempo come investigatrice privata e spia. Una sorta di “Charlie’s Angel ante litteram“. Una scelta, quella di Mike Sekowsky, che oggi viene vista come un fridging: Wonder Woman non è morta come Gwen, non è paralizzata come Barbara Gordon, ma è stata ridotta all’ordinario.

La run di Sekowsky cercava di rendere straordinaria una donna ordinaria. Nei fatti la cosa si risolse con storyline al limite del paradossale, che non avevano ben chiaro quale fosse il concetto di femminismo presente in Wonder Woman. Furono proprio i movimenti femministi a cui questa nuova run cercava di strizzare l’occhio a far riportare Diana al suo stato originale, con una protesta feroce contro quello scempio editoriale. La DC poté solo accettare la cosa cancellando (letteralmente!) cinque anni di storie con l’espediente narrativo peggiore di sempre: l’amnesia.

L’esperienza di Wonder Woman ci racconta anche altre verità. Chiunque può “finire in frigo“, persino una paladina della triade DC Comics. Ma, a ben vedere, Diana non fu l’unica a essere messa nel congelatore. Toccò anche a Steve (l’odiatissimo Steve), che proprio per lo scarso apprezzamento finì per passare in secondo piano.

Anche gli uomini vanno in frigo

La morte (inutile) per dare ulteriori motivazioni (non necessarie) all’eroe è una presenza fissa nel comic americano. Ma non sempre sono le donne a finire nel congelatore. Qualche volta è tocca anche agli uomini.

Accennammo a uno dei casi più eclatanti quando parlammo delle sconfitte dei supereoi: la morte del secondo Robin, Jason Todd. Come Steve Trevor prima di lui i fan odiavano Jason. Troppo diverso da Dick Grayson, una testa calda con tendenze suicide che Batsy faticava a gestire (capita, quando scegli il tuo aiutante per averlo sorpreso a rubare le ruote della Batmobile).

L’apprezzamento di Jason aveva raggiunto una soglia critica. Cinque fan su dieci lo detestavano. Jim Starlin propose allora una storia in cui il nuovo Robin veniva rapito dal Joker, picchiato brutalmente e lasciato a morire con una bomba. La vita di Jason fu affidata a un sondaggio che si concluse con la vittoria degli hater per un centinaio di voti.

I fan, insomma, scelsero di mettere nel frigo Robin. E, di conseguenza, a Bruce non restò altro che una vendetta furiosa, che non poté essere consumata perché il Joker si era fatto nominare ambasciatore dell’Iran dell’Ayatollah Khomeynī (uno dei momenti col più alto tasso di WFT nelle storie di Batman). Un momento in cui tutto, nella mente di Batman, traballò. Persino la No Killing Rule.

Vero è che l’intera storyline non era funzionale a motivare Batman, ma a liberarsi di Jason. Però anni dopo l’ex Robin tornerà nei panni di Red Hood, ormai completamente trasformato in un folle criminale che Batman dovrà fermare a tutti i costi. Insomma, anche qui ci troviamo di fronte a un personaggio “ucciso” e depotenziato, al pari di Barbara Gordon: in una parola fridging.

Frigo o non frigo, è questo il dilemma

A ben vedere la tendenza di uccidere uomini o donne per motivare un eroe è presente un po’ in tutta la storia del fumetto. Anche la morte di Captain America, dopo la prima Civil War, potrebbe essere vista come una forma di “refrigeramento” (coincidenza curiosa, dato il soggetto). E così potrebbe essere per molti personaggi, maschili e femminili, nella storia del fumetto.

Il vero problema, quando si parla di fridging, è capire quando se ne presenti il gelido spettro. Abbiamo citato la morte di Zio Ben e dei genitori di Bruce. Eventi traumatici, che comportano un lutto terribile per i protagonisti. Ma in quel lutto si nasconde la motivazione che li spinge a lottare, a essere paladini della legge. La sottile differenza, alla fine, nasce proprio in questo. Nell’utilità di una morte per il personaggio. Limitarsi a fare di un lutto una motivazione temporanea, senza che da questo scaturisca un cambiamento per un personaggio (uomo o donna che sia) è il vero orribile volto del fridging. Trasformare la morte e il dolore in un momento insignificante.

Il fatto che siano soprattutto le donne a pagarne il prezzo sembra esserne solo una conseguenza. Quella dello specchio della realtà che viviamo tutti i giorni.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.