Il comparto multiplayer di Call of Duty: Black Ops sotto la lente d’ingrandimento

Dopo avervi esplicato nel modo più chiaro (si spera) possibile le nuove possibilità offerte dal comparto single player, oggi vogliamo analizzare quello che è sicuramente l’aspetto più appetitoso di Call of Duty: Black Ops Cold War, ossia il comparto multigiocatore.

Ancora una volta, i ragazzi di Treyarch avevano davanti a sé una missione tutt’altro che semplice: soddisfare sia i nuovi sia i vecchi palati, cercando di preservare gli ottimi risultati ottenuti con l’ultimo Modern Warfare ma allo stesso tempo riprendere e approfondire gli aspetti tipici della saga Black Ops.

Senza scendere troppo nel dettaglio (lo faremo a seguire nella recensione) vogliamo anticiparvi che l’obiettivo dell’azienda è stato pienamente raggiunto. Call of Duty: Black Ops Cold War offre un comparto multigiocatore sontuoso, sia in termini di possibilità sia in termini di struttura, capace di donare ai videogiocatori appassionati della saga centinaia e centinaia di ore di divertimento sui server di gioco.

E non si dica che “è il solito CoD”, perché di novità ce ne sono e sono anche, in alcuni casi, discretamente importanti e rilevanti.

Passato e presente: una fusione riuscita?

Per raggiungere gli scopi prefissati, gli sviluppatori hanno provveduto a ritoccare alcuni aspetti fondamentali dell’esperienza multigiocatore, cercando di fonderli nel miglior modo possibile per offrire a tutte le tipologie di giocatori un’esperienza appagante, divertente e mai frustrante.

Il primo a finire sotto il banco degli “imputati” è il fattore dinamismo, che in Modern Warfare ha subito una forte rivisitazione al ribasso, mostrando un gameplay pesantemente più lento rispetto al passato. Con il ritorno della saga Black Ops si è preferito optare per un ritorno ad una velocità d’azione più elevata, con ovvie conseguenze anche sull’approccio tattico ai vari scontri. Black Ops Cold War

 

Per tal motivo, ad esempio, Treayarch ha rimosso la possibilità di appoggiarsi agli oggetti di scena per nascondersi con le armi in mano, mossa evidente che rende più difficili le manovre conosciute come “camperaggio”, spingendo così i giocatori a muoversi in maniera più convinta e costante durante l’arco della partita.

Di pari passo torna anche la feature dello sprint infinito, che ritorna dopo alcuni capitoli di assenza proprio per avvallare ancora di più questa forte volontà di velocizzare il tutto, cosa che ovviamente si sposa anche con una gestione sapiente delle mappe, ancora una volta caratterizzate da un design di pregevole fattura.Black Ops Cold War

 

Il vero punto di snodo rispetto al precedente capitolo è rappresentato però dal time to kill, che rispetto al capitolo dell’anno scorso si presenta ai nastri di partenza con caratteristiche ben diverse. Il nuovo time-to-kill è molto più elevato e garantisce ai giocatori più tempo per reagire e per pensare alle prossime azioni, una scelta che forse va in leggero contrasto con la volontà di rendere tutto più dinamico, ma alla fin fine comprensibile per accentare ancora di più le prodezze di un gunplay sempre di pregevole fattura in tutte le sue sfaccettature.

Tante modalità per tutti i gusti in Black Ops Cold War

Passando alla “ciccia” vera e propria, bisogna subito ammettere che il nuovo episodio della saga porta con sé, ancora una volta, un’offerta contenutistica sontuosa e a tratti soverchiante. Insieme alle classiche modalità tipiche della serie, tutte impreziosite da una stabilità dei server come al solito encomiabile e da un matchmaking rapidissimo (oltre a un benedetto cross play), come ad esempio Deathmatch a squadre, Dominio, Uccisione confermata e altre ancora, vengono introdotte alcune novità di sicuro interesse e dal grande potenziale, seppur non esenti da problemini di sorta.

Ci riferiamo, nella fattispecie, alle modalità Scorta VIP (6vs6) e alle modalità su più vasta scala: Bomba Sporca e Armi Combinate. Nel caso della prima siamo ci sentiamo di elargire soltanto buone impressioni, poiché l’abbiamo trovata molto interessante nel suo essere allo stesso tempo immediata e stratificata. Essa infatti consiste nello scortare un obiettivo verso dei punti di estrazione specifici e di conseguenza richiede una grande conoscenza delle nuove mappe di gioco, quest’anno, come dicevamo, più estese e più complesse da assimilare, cosa che richiederà un periodo di ambientamento decisamente più lungo rispetto al passato.

Discorso diverso per le altre due modalità di Black Ops Cold War, decisamente dal buon potenziale ma gestito bene soltanto in parte. Laddove la prima delle due consiste nello svolgimento di obiettivi dinamici in una sessione di quaranta giocatori divisi in dieci team da quattro, tutto sommato anche discretamente divertente, la seconda tenta invece, con risultati alterni, di offrire un’esperienza riveduta e corretta di quella Guerra Terrestre introdotta con Mordern Warfare e mai veramente entrata nel cuore dei videogiocatori.

 

D’accordo, abbiamo apprezzato lo sforzo sostenuto, ma il risultato finale è apparso pressoché il medesimo di dodici mesi fa, con sbilanciamenti evidenti dovuti sia alla cattiva gestione delle mappe, sia all’eccessiva efficienza di alcuni veicoli, capaci di rendere ai limiti del frustrante alcuni passaggi delle partite.

Occhio allo zombie!

Uno degli obiettivi principali del nuovo corso del brand è legato fortemente al concetto di “centralità” e di unificazione, tanto voluto dalle software house e che, lentamente, si sta affermando inesorabilmente. Per suggellare, appunto, la sempre più evidente e convinta natura “globale” delle sue produzioni, lanciata con il florido binomio Warzone – Modern Warfare, Treyarch ha studiato un modo vincente per rendere felici proprio tutti: unificando laddove possibile i progressi di gioco dell’account.

Questa volontà di rendere tutto più “continuativo” si è estesa, ovviamente, anche al nuovo arrivato Black Ops Cold War e a buona parte delle sue modalità, tra cui spicca una nuova gestione e una nuova metodologia di approccio di una delle più amate e giocate presenti in game: Zombie.

Non è un mistero quanto la modalità sia tra le più apprezzate ma allo stesso tra le più “bistrattate” anche per una questione meramente di progressi e di continuità, essendo quest’ultima completamente slegata dalle altre iterazioni ludiche della produzione. Con Black Ops Cold War finalmente questo aspetto viene rivoluzionato, con Zombie che diventa a tutti gli effetti parte integrante del comparto multigiocatore del nuovo episodio della saga.

Nella modalità in questione, che non ha subito grandi rivoluzioni in termini ludici e strutturali, ma piuttosto una lunga serie di accorgimenti “minori”, sarà dunque possibile utilizzare gli stessi lodaout delle altre modalità, cosa che offre sia grandi vantaggi in termini pratici sia una grande sensazione di avere tra le mani un qualcosa di veramente completo e che, semplicemente, dà al giocatore la scelta di goderne nei modi e nelle metodologie a egli più consone.

 

Black Ops Cold WarQuel che è certo è che Zombie, con queste importanti novità e con alcuni accorgimenti vari, insieme alla conferma di dinamiche quali puzzle ambientali, il ritrovamento di casse segrete contenenti item più o meno rari e così via, mai come quest’anno potrebbe rubarvi diverse ore di gioco, lasciandovi magari sedurre dal fascino sempreverde del crafting e del loot.

Nel complesso, comunque, non possiamo non ritenerci soddisfatti dall’offerta ludica multigiocatore di questo Call of Duty: Black Ops Cold War. Ci siamo divertiti, ci stiamo divertendo, stiamo imparando a muoverci in un contesto nuovo ma allo stesso tempo legato alla storia del brand, con la promessa importante di tanti nuovi contenuti, che arriveranno in maniera del tutto gratuita nel corso dell’anno.

In conclusione vogliamo specificare che abbiamo lasciato fuori dalla valutazione appositamente Warzone, poiché trattasi di un’ecosistema sì unificato e legato al capitolo in questione, ma anche e soprattutto di un qualcosa che vive al di là di ogni capitolo principale o secondario del brand.

Salvatore Cardone
Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.