Che fine ha fatto Sara: Netflix ci propone un altro thriller latinoamericano

Continua la produzione ininterrotta di serie tv in lingua spagnola: dalla Spagna con Sky Rojo o il Caos dopo di te, siamo stati in Colombia con i Ciarlatani e ora torniamo in Messico, dopo averci già fatto una capatina in Contol Z, con la serie originale Netflix Che fine ha fatto Sara (¿Quién mató a Sara?)

Che fine ha fatto Sara è l’ennesima serie latina targata Netflix con tinte thriller, in cui assistiamo al consumarsi di una vendetta studiata per ben 18 anni dal protagonista (Manolo Cardona, che già conosciamo da Narcos) incolpato ingiustamente di un crimine ancora irrisolto. Naturalmente tutto condito da atmosfere drammatiche, sguardi intensi e scene di sesso fini a sé stesse.

Una tragica vicenda che coinvolge due fratelli e una ricca famiglia

Alex Guzmán è appena uscito di prigione per buona condotta: ha scontato poco più della metà della sua pena di 30 anni, ricevuta dopo esser stato giudicato colpevole della morte di sua sorella Sara. La ragazza fu vittima di un incidente, nel 2003, mentre era in vacanza col fratello e la famiglia Lazcáno.

Rodolfo Lazcáno era il fidanzato della ragazza, destinato a diventare l’erede dei casinò gestiti dal padre Cesar: le colpe ricadono sul ragazzo e il primo ad accusarlo di negligenza è proprio Alex ma questi verrà convinto dalla famiglia Lazcáno a prendersi la responsabilità di quanto accaduto, per salvare la loro faccia, con la promessa di una breve permanenza in carcere, un aiuto economico e le cure mediche per la madre malata.

Viste le premesse, potete ben intuire come sia andata a finire per Alex. La sua uscita di prigione anticipata manda quindi nel panico la ricca famiglia, che nel frattempo ha proseguito la propria vita agiata come nulla fosse e ora l’ex galeotto è pronto a farsi giustizia da solo.

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Non se ne salva nemmeno uno

Alex stabilisce la propria “base operativa” nella casa ormai abbandonata dove viveva con la madre e la sorella. Qui mette insieme il suo piano di azione, tra fotografie, dati e informazioni dei suoi bersagli, e installa un arsenale tecnologico con il quale comincia operazioni di hacking per scavare nei segreti della famiglia Lazcáno.

Non si sa bene come un carcerato possa essersi studiato, nel corso degli anni, mezzi di tracciamento, tecniche di hacking e via dicendo completamente indisturbato, tuttavia grazie a questi iniziano a scoprirsi molti altarini che vedono protagonista innanzitutto il capofamiglia Cesar Lazcáno: maschilista e machista, è solo interessato a far soldi e controllare chiunque lo circondi, compresi moglie e figli, quando non è impegnato nella caccia o a portarsi a letto qualcuno .

Si fa poi man mano conoscenza con gli altri membri di questa famiglia (come Chema, il fratello di Rodolfo ed Elisa ripudiato dai genitori perché omosessuale, oppure il giovanissimo Bruno, figliastro di Rodolfo, o Elroy, servitore fedele della signora Lazcáno) che definire indecente è dire poco, per quanti problemi nascondono e creano. In qualche modo, ognuno risulta coinvolto in una qualche situazione con Sara, la quale scopriamo non era, a sua volta, una santarellina come la ricorda il fratello. In questa prima stagione di Che fine ha fatto Sara su Netflix ha dunque l’impressione di assistere a un revival della seconda stagione di Tredici, dove si vengono a sapere pensieri, azioni e comportamenti scabrosi del personaggio femminile al centro di tutta l’attenzione.

In realtà, comunque, non ci sarà quasi mai nessuno che agirà in modo davvero positivo. Anzi, praticamente tutto ciò che fanno è volto esclusivamente al proprio tornaconto personale. E infatti la vendetta di Alex va piuttosto a rilento.

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Che fine ha fatto Sara? Lo scopriremo nella prossima puntata

La vendetta è un piatto che va servito freddo, dicono. Però con questa prima stagione siamo arrivati al dolce quasi senza aver sentito il sapore dei primi piatti. Il nostro protagonista, così carico di odio, perde un sacco di tempo a parlare e a guardarsi le spalle, pur essendo conscio di avere il coltello dalla parte del manico.

Tra un cabròn e un pendejo, i 40 minuti dei 10 episodi di Che fine ha fatto Sara su Netflix vengono riempiti con incontri sessuali e relativo accompagnamento musicale quando non si sa bene come far andare avanti l’azione. Addirittura osserviamo storyline secondarie di cui non si capisce bene l’utilità e a fine stagione avremo più domande di prima.

D’altronde è già confermata da Netflix una seconda stagione per Che fine ha fatto Sara, nella quale possiamo solo aspettarci ulteriori risvolti ancor più folli di quelli svelati in questi primi 10 episodi. A parte la sua scrittura che lascia alcune cose a desiderare e che, arrivati al finale, dà l’impressione di voler andare sempre più lontano dal seminato, si può dire che si tratti perlopiù di una serie senza infamia e senza lode.

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Se tralasciamo alcuni sguardi che ricordano quelli classici da soap, come ve ne sono in altre serie Netflix latine, e dettagli poco realistici (come un gruppo di adolescenti tutti in perfetta forma fisica), alcuni attori di Che fine ha fatto Sara hanno fornito performance abbastanza degne: per esempio Eugenio Siller, interprete di José Maria Lazcáno da adulto, oppure Ginés García Millán, che invece ha recitato nel ruolo di Cesar Lazcáno.

Un po’ un peccato, dunque, che non si riesca a individuare cosa voglia comunicare davvero la serie, a parte mettere in mostra vite dominate da rancore, soldi e piaceri perversi. Abbiamo un po’ timore di vedere cosa potrebbe riservare la seconda stagione di Che fine ha fatto Sara, annunciata da Netflix ma ancora senza data ufficiale. Il potenziale iniziale è andato a perdersi nel corso degli episodi ma il finale lascia aperte troppe domande, con troppi dubbi su chi potrebbe aver fatto cosa, perciò forse l’obiettivo si può dire comunque raggiunto: lo spettatore, se è rimasto intrattenuto da questa caterva di segreti orribili, non potrà che chiedersi che diavolo sia davvero successo a Sara.

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.