The Last of Us, grande trionfo videoludico, ha replicato il successo anche nell’adattamento televisivo della serie trasmessa da HBO e arrivata in Italia su SKY. Ora che si è conclusa, tiriamo un po’ le somme
Come dico sempre, gli adattamenti da un altro medium per funzionare devono poter essere giudicati positivamente a prescindere dal fatto che i fruitori abbiano visto, letto o giocato all’originale.
Ovviamente chi ha potuto usufruire del prodotto di partenza si divertirà a trovare e carpire dettagli e fare confronti, ma questo dovrebbe restare un plus e non un essenziale elemento di analisi.
Tuttavia opere e franchise di successo generano sempre e inevitabilmente un polverone di polemiche e discussioni, e nel caso specifico di The Last of Us questo è iniziato già dall’annuncio della serie TV.
La serie videoludica infatti è stata un siderale successo e pertanto ciò ha portato i suoi fan a parlare da subito di questo show, tra l’inevitabile timore di uno stravolgimento e la curiosità di vedere se il serial ideato da Craig Mazin e Neil Druckmann, e andato in onda su HBO, avrebbe sfigurato o meno in un potenziale confronto con il videogame.
La serie è arrivata in contemporanea anche in Italia grazie a SKY, e io che non ho mai giocato all’opera sviluppata da Naughty Dog ma che recensisco (o provo a farlo) film e serie TV da vent’anni ho tentato di analizzarla prettamente da questo punto di vista, come – appunto – si dovrebbe fare.
The Last of Us: promossa o bocciata?
Prima di entrare un po’ più nel merito della questione, banalmente vorrei dire che The Last of Us è una serie assolutamente riuscita.
Inizialmente ammetto che nutrivo alcuni dubbi sul suo esito, anche soltanto perché ormai di zombie show ne abbiamo visti a iosa e, per quanto l’opera sia ben più di questo, temevo nel solito effetto The Walking Dead. E invece qui gli zombie – che poi non sono zombie, e state attenti coi fan altrimenti vi mordono – si vedono poco, ma con stile da vendere.
Anche le premesse sono intriganti. Non è un virus o un esperimento di laboratorio a minacciare l’esistenza del genere umano, ma un fungo parassita denominato Cordyceps, che peraltro esiste davvero (ma questo è un altro discorso), a insinuarsi nell’uomo e provocare la disastrosa epidemia, che scoppia ovviamente nella prima puntata.
Da qui in poi però TLOU ci catapulta direttamente a vent’anni dopo, quando ormai il fungo ha stravolto letteralmente l’esistenza sulla Terra, che non è più quella che conosciamo noi, e come ogni scenario post-apocalittico che si rispetti abbiamo la “convivenza” tra quelli (ancora) sani e gli infetti.
Se non avete provato il gioco, vi rassicuro: entrare in questo mondo sarà assolutamente semplice e, probabilmente, ancor più bello.
Questo catastrofico 2023 ci consegna una società nelle mani di un regime militare autoritario (FEDRA) che combatte contro gruppi di ribelli, i quali vengono classificati come terroristi, mentre entrambi cercano a loro modo di sopravvivere in questo nuovo mondo, organizzandosi come meglio possono. In tutto ciò ovviamente non mancano i cani sciolti.
Ma i veri protagonisti del nostro show in terza persona sono Ellie (Bella Ramsey) e Joel (Pedro Pascal). Quest’ultimo, come vedrete sin da subito, ha un background piuttosto tormentato, avendo perso immediatamente sua figlia e avendo subito poi altre perdite. Di Ellie invece inizialmente conosciamo poco, pertanto lascio a voi la scoperta di questo aspetto nel corso degli episodi, ma sappiamo comunque che è una ragazzina di 14 anni sola al mondo e soprattutto che per qualche ragione è immune al Cordyceps. Come è possibile? È la sola a possedere questa sorta di ‘superpotere’? Il suo sangue può essere usato come cura alla pandemia?
Tante domande alle quali TLOU proverà col tempo a rispondere, nel viaggio di questi due protagonisti e nel continuo tentativo di guardarsi le spalle a vicenda in una realtà altamente pericolosa.
Le nove puntate che completano questa prima stagione di una serie di cui sono state già annunciate altre due parti, è un’opera affascinante, violenta e malinconica, dove la perfetta scenografia dello scenario post-apocalittico che racconta è una costante ossimorica gioia per gli occhi.
Il mondo che ci palesa dinanzi è un posto dove le persone fanno ciò che possono – e devono – pur di sopravvivere, sperimentando diversi gradi di orrore, barbara violenza e uccisioni, non soltanto contro gli infetti, ma anche contro gli altri esseri umani, mentre come il cordyceps l’angoscia si impossessa del pubblico.
Su questi infetti si è tanto dibattuto, soprattutto per il fatto che – come detto prima – non se ne vedano molti ma, come dicono Mazin e Druckmann, non lo stiamo giocando: lo stiamo guardando. E così a mio modo di vedere è perfetta la scelta di non sovraesporli, facendo di The Last of Us una serie TV sostanzialmente per tutti, anche per chi non ama gli “zombie”. Ci sono alcune puntate, una nello specifico, in cui ne notiamo di più, e anche qui tutto sembra funzionale alla narrazione.
Le puntate di TLOU – che durano mediamente un’ora ciascuna – infatti non sono tutte uguali, e ogni tanto il viaggio dei Ellie e Joel è interrotto da flashback che raccontano la loro vita o quella di personaggi di contorno. Anche molto di contorno, come nel caso dell’episodio 3, che ha fatto molto discutere dato che sembra che nel videogame i protagonisti della puntata, Bill e Frank, si vedano a malapena. Gli showrunner invece dedicano più di un’ora alle loro vicende e siccome avevo già letto questa notizia, ammetto serenamente di aver pensato, dopo pochi minuti di visione, che avrei assistito ad una forzatura politicamente corretta, dato che il racconto in questione è la storia d’amore tra due uomini gay. Invece sono contento di essermi ricreduto, poiché tale episodio – per quanto totalmente inutile ai fini narrativi – resta uno dei più belli di tutta la serie, che vale quasi come un film standalone. A differenza forse dell’episodio 7, che ho trovato un po’ più forzato, per quanto paradossalmente ben più utile per comprendere il background di Ellie.
Nel dare un giudizio altamente positivo alla serie, nel complesso, aiutano di certo le performance di Bella Ramsey e Pedro Pascal. Ma se quest’ultimo non ha certo bisogno di presentazioni e si manifestava per tutti come una certezza, la Ramsey è stata per molti una piacevole scoperta. Non era nuova nemmeno lei al piccolo schermo, e tanti la ricorderanno in GOT, in Queste materie oscure, o anche al cinema nel recente Catherine di Lena Dunham, tuttavia qui si presenta in modo molto meno acerbo e più pronta, dando vita ad un’interpretazione sublime, autentica e credibilissima. Assistere allo sviluppo e alla nascita di un rapporto così stretto tra i due è commovente, soprattutto nell’episodio 9 che avrà fatto emozionare tutti quelli dalla lacrima facile.
Insomma, a prescindere che siate o meno fan della prima ora di The Last of Us, è impossibile non consigliarne a chiunque la visione, in attesa di scoprire – almeno per noi che non ci abbiamo mai giocato – cosa ne sarà dei nostri Joel ed Ellie.
Nel frattempo, possiamo affermare senza timori che nonostante siamo ancora a marzo abbiamo già trovato una delle migliori serie TV dell’anno.