Sull’ansia di iniziare qualcosa di già avviato e sui draghetti

Decidere di iniziare un MMORPG mette sempre un po’ d’ansia: sono sempre giochi enormi, di quelli che sai quando inizi ma non quando (e se) finisci, con moltissime meccaniche, regole scritte e non che sono andate costruendosi negli anni all’interno delle community e nei quali è preferibile entrare in contatto con altri gruppi di giocatori per esperire al meglio quello che il gioco ha da offrire. Tutto questo è ancora più vero, e ancora più evidente, quando si inizia un gioco con molto ritardo rispetto alla pubblicazione originale.

World of Warcraft nello specifico è uscito nel 2004, quasi vent’anni fa, e nel corso di questi quasi due decenni ha conosciuto la pubblicazione di nove espansioni: il risultato è un mondo grandissimo, meccaniche e timeline che si sovrappongono e un approccio all’MMO diverso – seppur non radicalmente opposto – a quello a cui può essere abituato chi come me era abituato a giocare a Final Fantasy XIV.

Contrariamente al gioco di Square-Enix infatti non abbiamo una main quest lineare che ci porta per mano lungo tutto le espansioni, ma gruppi di missioni sparse che favoriscono un approccio molto diverso alle fasi di questing, lasciando certamente più libero il giocatore ma allo stesso tempo lasciandolo anche più spaesato. Laddove Final Fantasy XIV ha delle quest specifiche per ogni job che più o meno ci spiegano il funzionamento anche di singole skill, in World of Warcraft abbiamo un breve tutorial e poi veniamo lasciati liberi di fare quello che vogliamo, scegliendo quale espansione affrontare e quindi quali quest fare, senza nessun supporto da parte del gioco.

Se il senso di libertà è enorme e ci si ritrova abbacinati di fronte alla mole di possibilità che il gioco offre, è anche facile venirne spaventati all’inizio. Eppure, sono contento di aver stretto i dento all’inizio e di aver combattuto (e vinto, direi) la sopraffazione iniziale.

Dragonflight, di cui vi abbiamo parlato in maniera più ampia – e più competente di quanto non possa fare io – nell’articolo dedicato che trovate poco più sotto, è un punto d’accesso ottimo al mondo di Azeroth, sia che si voglia iniziare l’avventura direttamente dalle nuove zone sia che si voglia fare un personaggio da zero e cominciare “dall’inizio”, se di inizio si può parlare.

Io ho deciso di iniziare la mia avventura con un nano e di arrivare fino al livello 60 (il minimo per giocare nelle nuove aree) facendo circa metà di Battle for Azeroth per poi lanciarmi nelle terre dei draghi. Ammetto che non sarebbe stato facile capire alcune meccaniche senza il supporto di altre persone (e anche qualche prestito per scavalcare un po’ di farming di oro), ma l’esperienza che ho avuto è stata da subito ottima grazie a una scrittura delle quest frizzantissima anche se meno strutturata rispetto a quella di Final Fantasy XIV a cui ero abituato.

In World of Warcraft ho trovato riflessioni su tematiche importanti velate da una sottile ironia, situazioni da horror à la Tim Burton, storie di pirati o di minatori sfruttati, o quest sulla questione ambientale, il tutto in una cornice artisticamente splendida nonostante i limiti di un motore di gioco che ha i suoi anni sulle spalle.

Ho trovato un gioco divertentissimo sia se giocato da solo che in compagnia, che ha sempre qualcosa da dire e ha una cura per determinati dettagli che è rarissimo trovare altrove. Parlando nello specifico di Dragonflight sono rimasto stupito di come alcune missioni che coinvolgono animali che in qualche modo disturbano le popolazioni locali non chiedano di uccidere la fauna quanto di catturarla e spostarla altrove, per portare giusto un esempio.

Digressioni sulla narrativa a parte però, quando finalmente sono arrivato nelle nuove zone sono rimasto stupito del lavoro svolto da Blizzard sia sotto l’aspetto meccanico che sotto quello artistico. Gli ambienti introdotti in Dragonflight sono visivamente splendidi, coloratissimi e riescono a raccontare da soli il rapporto speciale che i draghi hanno con la natura.

Come se non bastasse tanta bellezza, infatti, Blizzard ha costruito la topografia delle nuove zone attorno alla meccanica del volo draconico, diversa da quella del tradizionale volo di WoW. Accelerazioni, picchiate e risalite rendono il volare una meccanica attiva e non soltanto una velocizzazione degli spostamenti, obbligando il giocatore a potenziare anche il proprio drago oltre al proprio personaggio e soprattutto chidendogli di imparare a giocare in un modo nuovo rispetto a quello che proponevano le vecchie avventure.

Rispetto ai precedenti 60 livelli che ho giocato nelle vecchie espansioni ho anche trovato un approccio alla storia principale un po’ più lineare, che se non rinnega l’approccio libero di una narrativa frammentata in tantissime quest secondarie di spessore e con tanto da dire, si impernia comunque più marcatamente su un racconto di fondo strutturato.

Complessivamente Dragonflight è quindi meno ingessato, più giocoso e colorato, e sicuramente più approcciabile per un nuovo giocatore spaventato dalla mole di contenuti che World of Warcraft offre nel 2023. Ovviamente il partire da Dragonflight non preclude il poter tornare indietro alle altre espansioni, né l’accesso del gioco oggi obbliga a iniziare con l’ultima espansione.

Complice anche un leveling piuttosto rapido si è anzi spinti a giocare con più personaggi, magari dedicandosi di volta in volta a un’espansione diversa dal momento che tutto è disponibile fin da subito, e fino a Dragonflight diviso tra questline differenti per Orda o Alleanza.

C’è inoltre da considerare che World of Warcraft non obbliga a far nulla, permettendo a chiunque di entrare e fare quello che vuole senza doversi soffermare forzatamente a imparare meccaniche troppo complesse, proponendo quindi una curva di apprendimento molto più morbida di quanto non ci si aspetterebbe da qualcosa di così grande.

Viene da pensare che, anche qui come in altri casi, è più il chiacchiericcio attorno alle cose a formare delle opinioni rispetto alle caratteristiche intrinseche della cosa stessa. Abbiamo passato vent’anni a sentire delle vite rovinate da World of Warcraft, di gente che uccideva amici nella vita reale per degli oggetti di gioco e più in generale ci è stata raccontata una community tossica e un elitismo tra i giocatori che certamente non ha fatto bene al gioco né ha fatto un buon servizio a chi si voleva solo perdere all’interno di un mondo fantasy.

World of Wacraft ha tantissimo da raccontare e con cui far divertire i giocatori: nei vari racconti che il gioco propone è possibile trovare gioia bambinesca, gratificazione e magari, volendo leggere tra le righe, qualche indizio che tutti gli scandali che sono usciti legati a Blizzard c’erano già stati suggeriti dal team di World of Warcraft.

Dragonflight è un buon momento per iniziare, anche se è possibile che vi perdiate per accorgervi, passate cinquanta ore di gioco, che un drago non lo avete ancora incontrato perché eravate impegnati e salvare un porto da un polipo gigante. Perché in fondo conta più il viaggio che l’arrivo, giusto?   

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.