Nato nel 1932 dalla penna di Robert Ervin Howard, Conan si è fatto strada fin dagli anni Settanta anche nel mondo del fumetto.

Le letture contemporanee ci hanno abituati a mettere in discussione la figura dell’eroe, ad apprezzarlo tanto più quando ne assistiamo alle crisi, ai dubbi, alle cadute. Il mondo dei comics e, nello specifico, del fumetto supereroistico si è adeguato magnificamente, approfondendo le psicologie dei personaggi tutti d’un pezzo attraverso vivisezioni accurate, e innumerevoli punti di vista. Gli eroi con cui siamo familiari – esattamente come i loro lettori – possono fallire, possono impazzire, possono anche morire. Ciò che conta, sempre, è rialzarsi. Questa è la lezione della letteratura epica contemporanea, questa la grande novità che ha permesso al genere di restare al passo coi tempi. Di tanto in tanto, però, è molto piacevole concedersi avventure in un’epica all’antica, dove il personaggio principale è armato di forza monolitica e infallibile. Conan il Barbaro, nato in un contesto letterario poco incline all’introspezione, è uno di questi. Forse uno degli esempi più riusciti e coerenti, nell’ambito letterario e – dal 1970 – anche fumettistico. Il suo esordio nei fumetti è legato alla Marvel, che lo pubblicò sia nel formato strips sia con storie complete. Negli anni questo personaggio, col suo complesso e affascinante mondo, è stato oggetto di numerose revisioni, entrando anche a far parte di una particolarissima formazione degli Avengers. Ma è nella sua forma più pura e autentica che Conan il Barbaro conserva il suo senso più profondo.

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Per approfondire la storia editoriale di Conan, vi rimandiamo al nostro excursus dedicato all’eroe. Quello che ci chiediamo oggi coinvolge sicuramente il Cimmero, ma trascende la storia dei numerosi artisti che a lui si sono dedicati. La domanda, piuttosto, è – in un mondo che si interroga sulla raffigurazione della forza e della mascolinità – come sopravvive un’icona così rude. Le risposte sono tante e per nulla scontate, e sta naturalmente al gusto e alla sensibilità del lettore. Però, quando si tratta di prodotti letterari così inquadrati in un contesto culturale, provare ad aggiornarli potrebbe portare piuttosto a snaturarli.

conan fumetto
Conan disegnato da Mahmud Asrar.

Siamo in un periodo storico in cui per godere della maggior parte dell’arte prodotta in passato è necessario uno sforzo di contestualizzazione, e di concentrazione su quello che è il cuore dei personaggi e delle storie. Nel caso di Conan, per trovare questo cuore, bisogna osservare cosa è rimasto, partendo dai romanzi di Howard, fino alle bellissime e più recenti interpretazioni, tra cui quelle di Kurt Busiek e Cary Nord e di Jason Aaron e Mahmud Asrar. Conan è invincibile: posto un obiettivo quasi sicuramente porterà a termine la missione. Ha un’etica barbara, non addomesticata dalla religione monoteistica, ma piuttosto anarchica e naturale – là dove per naturale s’intende una legge della giungla, in cui vince il più forte. Scaltro, ma non infido, sa sempre come sopravvivere. E le sue vittorie quasi mai si tramutano in accumulo e ricchezza, bensì bastano ad appagare bisogni momentanei, che siano alcolici ed erotici. Diventerà Re di Aquilonia, come ricompensa di un cursus honorum esemplare, sbaragliando ogni concorrenza intellettuale, mettendo in pratica una saggezza accumulata sui campi di battaglia e alimentata da un sistema di valori elementare, ma proprio per questo puro.

Il barbaro e le donne

Un aspetto problematizzato di Conan è anche il suo rapporto con le donne e – in generale – la presenza femminile nelle sue storie. In un universo fittizio che si sviluppa da una solida fantasia storica, a comandare sono coloro che sanno ben imbracciare una spada, o una qualsiasi arma da taglio. Va da sé che la presenza femminile sia abbastanza accessoria, almeno secondo un primo sguardo. Anche un secondo, in effetti, ci restituirà un’immagine di donne maliarde, incantatrici, oppure vittime da salvare e proteggere dal predatore più vicino. O ricompense, da godersi dopo una missione. Tuttavia, anche grazie alla mano di scrittori moderni che si sono sovrapposti alla narrativa di Howard, sono stati tracciati nuovi ritratti femminili molto interessanti. Siamo sempre in un ambito binario, in cui i ruoli di genere sono molto definiti e le “donne forti” sono forti proprio perché si comportano come maschi. Tuttavia, considerando la base di partenza, vedere l’incrollabile Conan affiancato da suoi pari di genere femminile (come la regina dei pirati Belit) è una gran conquista. E non snatura l’epos del personaggio, dimostrando anzi che il valore dell’eroe non è messo in discussione da interlocutrici di carattere.

Conan il Barbaro non sarà mai un fumetto femminista, proprio perché non è nella sua natura, né il tema è una sua priorità. Sta al lettore conoscere l’opera che ha tra le mani, e fare uno sforzo di astrazione. D’altra parte ci sono valori ed esigenze che travalicano i generi e le identità, e che fanno delle opere delle esperienze trasversali. Rieducarsi al fantastico è un passaggio fondamentale in un’epoca in cui molta narrazione si basa sul sé e sul quotidiano, e Conan il Barbaro è sicuramente un’ottima guida per raggiungere posti eccezionali.

Conan il Barbaro nei fumetti: il cuore di un classico

L’era Hyboriana descritta da Howard è una rappresentazione fantastica di una generica tardoantichità in cui diverse civiltà si contendevano spazio e potere. Ognuno con la sua cultura, gli attori di questo spettacolo mettono in scena un simbolico scontro di punti di vista sul futuro dell’umanità. Innegabile, a questo punto, è un certo romanticismo dello sconfitto proprio dell’autore Howard, che esalta dei valori ormai anacronistici e irreali. Conan, insomma, è vincitore in un mondo antico, che prende una strada opposta a quella che la Storia ci insegna, dove la forza bruta è stata soppiantata dall’intelletto e dalla tecnologia. È il campione degli sconfitti.

La figura di Conan è una proiezione del suo autore, che vorrebbe rispecchiarsi nell’eroe ma ricopre più che altro il ruolo di suo cronista. Fa parte di un’epica americana che ancora si conserva in alcune manifestazioni, quella dell’uomo forte, defilato dalla società che agisce in perfetta comunione con le leggi naturali e ne esce – per questo – vincente. Potrebbe bastare per definirlo l’ennesimo Übermensch caro alle destre, se non fosse che la triste storia di Robert Ervin Howard, suicida all’età di 30 anni, rende Conan più un forzuto e infallibile avatar di un underdog vessato dalla vita. Bullizzato dai compagni e spronato dal padre ad adeguarsi a un modello di maschio alfa, Howard utilizza la letteratura come via di fuga. In questo è un perfetto pioniere della letteratura escapista, che sopravvive nel suo Conan e nelle sue avventure a fumetti.

L’importanza di (non) essere Conan

Non sempre il lettore deve guardarsi allo specchio, quando legge. A volte, basta che il fumetto sia una finestra per osservare mondi distanti e diversi e personaggi evidentemente irreali. E quando ci si chiede se tifare o meno per loro, ecco che Conan e i suoi riprendono i valori più antichi dell’epica. L’amicizia sul campo di battaglia, la protezione dei più deboli, il coraggio di affrontare il nemico a testa alta. Servo di nessuno, nemmeno di quel Krom a cui spesso si rivolge (imprecando), Conan è un concetto in cui rifugiarsi. Leggere Conan è un’esperienza in cui abbandonarsi, sebbene forti di uno spirito critico che fa da filtro con gli anti-valori che il personaggio porta con sé. Potrebbe trattarsi di una buona occasione per redistribuire la responsabilità del messaggio tra autore e lettore, perché se è vero che il primo è titolare di ciò che scrive, il secondo può modulare ciò che assimila.

Conan disegnato da Cary Nord

Questo è un discorso valido per gran parte della letteratura, soggetta negli ultimi anni a una lecita rilettura critica e messa in discussione dei suoi valori. Tuttavia, avere un’idea precisa di quello che è il linguaggio migliore nel contemporaneo non dovrebbe precludere nessuna esperienza culturale. Che si tratti delle avventure più farsesche del Cimmero di Roy Thomas, o della più poetica interpretazione di Busiek, Conan va incluso nel proprio bagaglio. Anche per via del magnifico apparato visuale, che nel fumetto talvolta è preponderante – e che nel Conan di ultima generazione raggiunge dei picchi altissimi.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.