Dark Horse Comics: nascita, successo e collasso di un leader editoriale

Dark Horse Comics è una delle realtà statunitensi più dinamiche del mondo editoriale, affacciata in un settore dove Marvel e DC soffocavano il mercato. Nonostante un ambiente saturo di numerose uscite e il monopolio delle catene distributive la casa editrice nacque da Mike Richardson e Randy Stradley.

Il successo della Dark Horse Comics si concretizzò nell’intercettare numerosi autori e artisti di livello nazionale e di legarli a sé garantendo a quest’ultimi i diritti di proprietà intellettuale delle proprie opere, oltre un giusto ritorno economico. La filosofia della tutela dei creator-owned (per esempio è iconico il legame con Mignola) portò la casa editrice a pubblicare molte opere con licenza o a finanziare nuovi progetti dietro compenso, e nel quinquennio tra 1986 e 1991 Dark Horse riuscì a stampare un numero esorbitante di copie dei suoi lavori più rappresentativi.

Da Concrete di Paul Chadwick al tentativo di imprimere nel mercato americano i manga. Il tentativo riuscitissimo portò alle stampe Godzilla: Kings of the monsters, Astro Boy e Ghost in the Shell. Per non parlare delle splendide edizioni di Lone Wolf Club con le copertine illustrate da Frank Miller.

Universi espansi della Dark Horse

Nonostante il dinamismo verso un rapporto inedito con artisti, sceneggiatori e il mondo del fumetto nipponico la Dark Horse ha continuato a distinguersi. Per esempio declinando numerose produzioni cinematografiche in nuove saghe fumettistiche. Alien, film iconico di Ridley Scott viene integrato dalla Dark Horse in universo espanso di matrice narrativa che andrà a delineare l’Alienverse. Si aggiunsero al catalogo le opere derivative di Predator, Terminator, Indiana Jones. Senza dimenticare gli splendidi fumetti del cosmo di Star Wars in collaborazione con la LucasArts. All’inizio degli anni ’90 Dark Horse si conferma la leader dell’industry trend, ovvero quella realtà che monopolizza e orienta il mercato. Ciò si verificò grazie all’ibridazione dei franchising di Alien e Predator da cui poi deriverà il film di Anderson nel 2004 Alien Vs. Predator.

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Gli anni ’90 continuano a essere brillanti per l’etichetta Dark Horse Comics, può vantare della collaborazioni crossover con editori come DC e Marvel mentre viene fiancheggiata da altre realtà indipendenti come la Valiant e la Image Comics. Tuttavia uno dei punti deboli di Dark Horse è la sua mancata ambizione nell’investire nel mercato fumettistico dei supereroi dove le major controllano il mercato. Tuttavia il 1992 segna l’avvento della Dark Horse Entertainment inc che porterà al cinema il film di culto di The Mask, personaggio che viene dal fumetto omonimo creato da John Arcudi e Doug Mahnke nel 1989.

A metà anni ’90 la Dark Horse Comics, come altri editori e addirittura fumetterie e negozi, verrà travolta da un grave collasso economico dovuto anche alle catene distributive. Tuttavia reggerà benissimo il colpo e dagli anni 2000 a oggi può vantare numerose opere di successo e di una certa longevità. Da Buffy l’ammazza vampiri (ora di Boom studios) all’universo di Black Hammer di Jeff Lemire o la miniserie dedicata alla serie cult di Netflix Stranger Things. Un focus su due capisaldi della Dark Horse è tuttavia d’obbligo.

La Sin City di Frank Miller

Frank Miller ci offre un setting corrotto e viscido, ricoperto di sangue e ingiustizia. Solo a Basin City, o la città del peccato Sin City può prendere vita la sua storia chiaroscurale e noir. Marv è un anti-eroe delle bettole, fatto di cicatrici e muscoli tesi e il corpo zuppo d’alcool scadente, tuttavia si erge a nuovo paladino della città-fogna quando l’unica donna che lo ha trattato da essere umano rimane uccisa. Nessuno doveva toccargli Goldie. Sin city è un fumetto iper violento e iper sessuale, ingiusto e politicamente scorretto e conserva un proprio carisma crepuscolare e hard boiled. Un nuovo pulp che consacra Frank Miller e la Dark Horse. Tant’è che nel 2005 il bianco e nero di Miller viene riproposto al cinema grazie al regista Rodriguez.

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Il franchise di Alien vs Predator

Numerosi archi narrativi e miniserie, l’Alienverse è un’epopea fumettistica lunga e davvero irresistibile. Non stiamo parlando di opere di “becero intrattenimento”, i lavori della Dark Horse derivati dai film non sono puro fan service che si pone di narcotizzare il lettore con scene violente e tanta azione senza un minimo di logica e caratterizzazione dei personaggi. Gli albi sono sceneggiati e illustrati da grandi maestri e promesse del settore. Gli archi narrativi non si collegano solo ai film ma seguono binari indipendenti, creando così universi paralleli (per esempio in Predator c’è un mix con la Londra di Sherlock Holmes o con il far west de Il Buono, il Brutto e il Cattivo -Predator-).

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Gli episodi di Aliens: Defiance sono stupendi e incentrati sulle peripezie cosmiche del marine coloniale Zulia Hendricks, una donna di colore dalla corporatura esile che non rappresenta gli standard del soldato perfetto. Il sesso, l’origine etnica e la corporatura minuta di Zulia non sono soltanto limiti fisici ma veri ostacoli per far carriera nell’esercito e per guadagnare quel minimo di rispetto che le può garantire un’esistenza non detestabile. Come se non bastasse la guerra, le ingiustizie sulle minoranze ecco che arrivano gli xenomorfi, creature letali dello spazio profondo.