Presentato alla trentottesima edizione del Torino Film Festival, The Dark and the Wicked è il nuovo horror di Bryan Bertino

Arrivato al suo quarto film, Bryan Bertino ormai non ha più bisogno di grandi presentazioni all’interno della nicchia di appassionate e appassionati di film horror contemporanei. Il suo è infatti un nome che circola molto già dal suo secondo lavoro, l’horror d’ispirazione found footage Mockingbird del 2014, e che ha consolidato la sua posizione come regista di genere discusso (nel bene e nel male) con The Monster del 2016. Non stupisce affatto quindi vedere che un festival come quello di Torino, da sempre attento alle nuove tendenze del cinema di genere, compaia il suo nuovo lavoro: The Dark and the Wicked. Un modo per la kermesse piemontese per ricordare il lavoro compiuto in più di un decennio con la storica e apprezzatissima sezione “Afterhours” anche in un anno particolare come questo e in un’edizione totalmente digitale del festival.

Sceneggiato e diretto da Bertino, The Dark and the Wicked racconta la storia di una famiglia che, oramai, non ha più particolari legami che legano tra di loro i suoi componenti. Un dramma familiare tipico e diffuso negli Stati Uniti di oggi: dove i figli decidono di lasciare alle spalle la vita rurale condotta dai genitori, tagliando ogni rapporto con il passato. Un passato che, però, torna a bussare alle porte dei due protagonisti: i fratelli Louise e Micheal. A loro padre restano pochissimi giorni di vita, ed è quindi necessario che loro ne onorino la probabile dipartita tornando nei luoghi che avevano deciso di abbandonare.

The Dark and the Wicked si inserisce quindi in quel filone, di cui fanno parte lavori come il recentissimo Relic, in cui famiglie tormentate dalle loro guerre interne sono la base per sviluppare un discorso sul terrore e l’angoscia, in modo tipico del genere con possessioni e paranormalità del caso. Bertino, poi, non si lascia sfuggire neanche l’occasione per inserire anche un ragionamento sulla sempreverde questione religiosa e su come il film horror (in questo caso con tendenza da cinema d’essai evidenti) ne svolga le tematiche e le implicazioni sociali.

dark wicked

 

Il film è quindi per il regista il modo per creare uno spazio di sperimentazione delle atmosfere. C’è una costruzione della tensione molto efficace, estesa da una fotografia appagante nel modo in cui gestisce i colori e i movimenti di macchina. Lo squallore della fattoria di famiglia in The Dark and the Wicked viene comunicato con i dettagli tagliati dall’esposizione che fa intuire il carattere di fondo e lo ricopre con un senso estetico distintivo. Un punto d’unione tra ciò che è più normale del genere e le nuove tendenze visive del cinema semi-indipendente nordamericano di case di produzione come A24 e Annapurna.

È però un peccato che, per agevolare lo spavento, questa forte struttura fatta di movimenti lenti e luci soppesate venga sporcata da jumpscare eccessivi e a tratti fuori contesto che ne rompono spesso e volentieri l’equilibrio. Il ritmo calibrato e convincente viene infatti relegato a canale per arrivare a un crescendo che viene usato quasi a sproposito e in modo esagerato. Una scelta quasi in contrasto con l’eleganza vista prima, che invece cede il passo a canoni ritmici fin troppo abusati e snaturati.

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Un parziale imbarbarimento di quanto di buono fatto a livello suggestivo è anche rappresentato dalla sceneggiatura. Se infatti la recitazione si assesta su un buon livello, con performance attoriali convincenti, quanto detto e fatto dai personaggi presenta ben più di una lacuna. È evidente che quella di The Dark and the Wicked è una storia che serve da pretesto per l’atmosfera e lo sviluppo dei contesti tematici di cui sopra ma alcune sezioni del film sono fin troppo abbozzate e lasciate al caso. 

Approfondire il rapporto tra i vari personaggi e fornire più dettagli sulle loro vite in modo più diretto, per esempio, avrebbe potuto portare a una risoluzione narrativa forse più funzionante di quella proposta. È proprio il finale che, non dando troppi appigli di trama a chi guarda, sembra chiudere una storia che aveva bisogno di qualche respiro in più prima di essere portata al suo termine. Un percorso narrativo che ha poco mordente e non riesce a svincolarsi da qualche cliché, che come visto prima per la questione strutturale crea un po’ di dispiacere per ciò che questo film sarebbe potuto essere.

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Per concludere The Dark and the Wicked di Bertino è un horror che guarda al cinema che vuole farsi arte e che funziona sotto questo aspetto. Un intento che viene raggiunto grazie a una costruzione della tensione che è visiva ed estetica ma che, purtroppo, cede il passo a stilemi fin troppo facili e a una narrazione che lascia fin troppi non detti che portano a una conclusione decisamente fuori fuoco. Un film che si inserisce in un solco narrativo e tematico che, forse, inizia a essere un po’ saturo e a esaurirsi. Un lavoro assolutamente non da scartare, però, che con qualche attenzione maggiore avrebbe portato verosimilmente a risultati eccellenti.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.