Troll, alt-right, hate speech e trattamento delle minoranze nell’epoca del dibattito online hanno un riflesso sulla nostra società? Che conseguenza ha il disprezzo che viene riversato sui social networks, quando sfonda le porte della realtà? Ales Kot ha cercato di dare una risposta a queste domande, con il suo Days Of Hate.

Ales Kot è un immigrato ceco su suolo americano, oltre che uno sceneggiatore di fumetto. Come tutti i millennial – il nostro è infatti nato nel 1986 – ovviamente spende una considerevole parte del suo tempo su internet, a dialogare con il mondo e a informarsi su di esso. Credo siano queste le due condizioni che lo hanno portato a decidere di scrivere Days Of Hate: la sua di citizen alien e quella della conversazione politica sul web. E, sicuramente, non è un caso che ad accompagnarlo in questa avventura sia un altro non-americano: il disegnatore polacco Danijel Zezelij.    

Badate bene: Kot non è affatto nuovo a inserire tematiche fortemente politicizzate nei suoi fumetti, anzi in un certo senso è la sua cifra stilistica più preponderante. La trilogia di fumetti che ruota intorno alla serie Zero (che oltre all’omonima opera coinvolge gli auto-conclusivi Change The Surface) ma anche le incursioni in Marvel con Secret Avangers hanno dato prova dell’attenzione che lo scrittore pone alla società e alle sue mutazioni, criticandone aspramente alcuni aspetti. In questo senso, dunque, possiamo quasi dire che Days Of Hate è la diretta conseguenza di quel che l’autore ha già trattato e introdotto precedentemente nei suoi lavori.

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Da internet alla Casa Bianca: gli scenari plausibili dell’odio

Stati Uniti d’America, 2022. Le elezioni del 2018 hanno portato gli alt-righters dalle image board e i forum alle strade e alle cabine elettorali, applauditi e con il bene placito dell’opinione pubblica che non vedeva alternativa data la crescente isteria verso ciò e chi è diverso. Il governo americano in poco meno di quattro anni si è trasformato in una dittatura di estrema destra di dichiarata ispirazione nazi-fascista, nella quale ogni forma di dissidenza è osteggiata tanto quanto minoranze e diversità.

Quello descritto in Days Of Hate è un futuro prossimo di cui l’autore sottolinea con fermezza la plausibilità, una risultante ipotetica a partire da quello che accade davvero nei giorni nostri sia negli USA che nella maggior parte dei paesi occidentali.  Ales Kot, però, non vuole fare critica esplicita a Trump, Salvini, Le Pen o Bolsonaro quanto piuttosto risalire a quello che per lui è il fulcro del problema: internet e come esso abbia agito da incubatore di idee all’interno del quale le persone hanno trovato una valvola di sfogo all’interno della quale accrescere il loro odio.

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Fake news, hate speech e trolling sono dunque gli imputati verso il quale la coppia di autori punta il dito. La legittimazione del trovare un nemico, un capro espiatorio su cui scaricare ogni responsabilità. Ed è anche il modo in cui l’estabilishment e le classi più ricche hanno usato questi stratagemmi per allontanare ancor di più e tra di loro gli svantaggiati  a essere chiamato in causa tra i colpevoli della crescita di rabbia, odio e violenze tanto argomentative quanto di modalità.

Nei dodici capitoli che compongono la serie, Kot e Zezelij percorrono la strada che l’attuale e il contemporaneo hanno già tracciato. Non si tratta di allarmismo distopico, di avvertimento di ciò che potrebbe essere, ma sostanzialmente una certezza di quello che, in fin dei conti, è inevitabile rispetto a quelle che sono le basi di partenza. Days Of Hate non suona come un monito, ma come una premonizione già largamente avverata.

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L’ambiguità dell’odio

Odiare, però, non è solo appannaggio della destra estrema al giorno d’oggi. I personaggi di Days Of Hate, anche quelli che sono opposti al regime, riflettono in modo perfetto come nel contemporaneo i ragionamenti e le azioni delle persone sono sempre mossi da contrapposizione e avversione da schieramento. In parole povere i modi di chi odia le minoranze hanno infettato e corrotto anche quelli che si professano progressisti, rendendo tutto una questione di bandiere e tifo più che di idee e lotte.

Nell’America del 2022 descritta da Kot e Zezelij l’odio ha distrutto ogni possibilità di risveglio di coscienza e idee. I personaggi sono gusci vuoti alimentati da nient’altro che dal cercare qualcun altro da incolpare, anche quando le loro intenzioni tendono nel verso opposto. È il paradosso che contraddistingue la società occidentale odierna, e un fumetto che parla di questo non poteva in nessun modo esimersi di appuntarla.

Anche se Days Of Hate è permeato dalle idee politiche di Ales Kot, l’ambiguità di fondo percorre e attraversa tutte e tutti quelli che compongono la storia. Nessuna e nessuno è esente da questo vizio di forma, tutte e tutti sono colpevoli di aver ceduto all’odio. Questo concetto va al di là e al di fuori dell’evidente pensiero che l’autore ha riguardo le cose, perché alcuni nemici sono talmente subdoli da arrivare a soggiogare anche gli amici.

Per concludere: Days Of Hate è un lavoro di fine ricerca sul contemporaneo per spiegare dove esso possa portarci. La spaventosa mole di riferimenti letterari, cinematografici e musicali con cui Ales Kot ha infarcito l’opera – mettendoli quasi come fossero note a piè di pagina di un saggio – si mescola con gli inchiostri petroliferi e violenti di Zezelij (ai quali, poi, i colori di Jordie Bellarie donano un dinamismo impeccabile e dalla carica espressiva dirompente) in un concerto di intenti efficace e convincente.

Una serie, questa, che potrà essere sia un punto di partenza che uno di arrivo per chi vuole aggiungere un tassello alla propria libreria di opere dedicata all’analisi politica, che si merita un posto accanto ai grandi classici del contemporaneo – da cui inevitabilmente prende spunto – come i libri di Mark Fisher e Slavoij Zizek.

Un prodotto a fumetti che si assesta senza dubbio tra i migliori degli ultimi anni. Un lavoro che finalmente – grazie a Eris Edizioni – permette al pubblico italiano di godere delle doti di Kot come sceneggiatore anche in contesti non blasonati come quelli Marvel.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.