Il ruolo della stampa e dell’informazione sull’ennesima polemichetta di cui avremmo fatto volentieri a meno

elfo nero signore anelli

otevamo mai farci mancare la frignata collettiva sull’elfo di colore nella serie TV de Il Signore degli Anelli? Ovviamente no, e infatti da quando è stato diffuso il primo trailer del mastodontico show di Amazon Prime Video, si è parlato praticamente solo di quello, per via dell’insano bisogno di polemichetta di cui tutti sembriamo avere disperato bisogno.

Questa non vuole essere un’analisi approfondita dell’opera che Amazon ha fatto partendo dal materiale di Tolkien, non voglio parlare di quanto abbia o non abbia senso che un elfo della Terra di Mezzo possa avere la pelle olivastra, non voglio lanciarmi in inutili disamine su questo o quell’elemento del fantasy per cui possa essere giustificabile o meno la scelta di questa rappresentazione, perché sono cose che mi interessano letteralmente meno di zero.

Anzi, vi dico anche che del Signore degli Anelli in generale mi frega il giusto. Non ne sono un grandissimo fan, l’ho visto per la prima volta durante il primo lockdown, a trentaquattro anni, perché mi sembrava una lacuna da colmare. Questo per dirvi che non serve essere fan dell’opera o dello scrittore per capire che quella scoppiata negli scorsi giorni sia l’ennesima polemica inutile fondata sul nulla.

elfo nero signore anelli

Perché Amazon, con la sua serie, pagata con i suoi dollaroni sonanti, fondamentalmente può farci quello che le pare. Perché stiamo parlando di un personaggio nuovo, inventato di sana pianta e che nell’opera originale non esiste. Perché il colore della sua pelle all’interno della storia probabilmente non avrà alcuna rilevanza. E soprattutto perché stiamo parlando di un personaggio di fantasia. So di darvi un dispiacere enorme, ma gli elfi non esistono. Ok, sono stati descritti in un certo modo nell’opera originale. E allora, se proprio non riesci a passarci sopra, leggi l’opera originale.

Il solito esercito di macchiette che ha invaso i commenti sotto i post di chiunque stia parlando dell’argomento è lo stesso che a suo tempo riversò la propria bile nei confronti della notizia che La Sirenetta sarebbe stata interpretata da un’attrice di colore.

Qualche anno fa, quando discutevamo della stagione conclusiva di Game of Thrones, c’erano fan della serie che rimasero delusi perché non trovarono credibile la disposizione delle catapulte nella battaglia finale contro i White walkers. In una serie TV dove ci sono i draghi, i non morti, gente che resuscita, una ragazzina che può assumere le sembianze di chiunque, e un invalido che può prendere il controllo di qualunque animale, il loro problema era la credibilità della strategia utilizzata in battaglia.

Un’entità metà donna e metà pesce che parla con gabbiani e creature marine che perde la voce per un incantesimo fattole da una donna-polpo? Tutto perfettamente credibile, ma deve avere la pelle bianca altrimenti faccio un casino. Anche qui, ti ferisce il fatto che la Sirenetta sia stata descritta in un certo modo da Andersen prima e nel classico Disney poi? Leggi quel libro e guarda quel film. Questa è un’altra cosa.

“E allora non la chiami La Sirenetta”. Ma perché? Stiamo parlando di una reinterpretazione. All Along the Watchtower di Jimi Hendrix non ha nulla in comune con la versione di Bob Dylan, ma non credo che nessuno sia mai andato da Hendrix a dirgli “Oh, la devi chiamare in un altro modo, sennò guai a te”.

E così il povero elfo oscuro, prima ancora di vederlo all’opera nel prodotto completo, è finito nel tritacarne del politicamente corretto, il blackwashing, la cancel culture, voglio Mandela interpretato da un bianco, non si può più dire niente e dove andremo a finire, signora mia.

La cosa che però più ho trovato interessante in questo zibaldone di schifezze, mi è capitato di leggerla lurkando nelle discussioni sul mio feed di Facebook. Qualcuno, ricondividendo un articolo, si meravigliava che all’interno della sua bolla fossero tutti abbastanza a favore o comunque indifferenti alla questione Amazon-Elfo Nero, mentre leggendo i commenti sotto il post originale ci fosse una marea di invasati a rivendicare l’arianicità della creatura.

Ecco, a me dispiace battere sempre sullo stesso tasto, ma sono fermamente convinto che se ci troviamo in questa situazione, in cui un numero considerevole di persone percepisce la realtà in un certo modo, la “colpa”, se così la vogliamo chiamare, è anche di un certo tipo di stampa, che nelle notizie di un certo tipo ci sguazza.

Perché ce la ricordiamo tutti la storia del bacio non consensuale dato a Biancaneve dal principe azzurro, e ce la ricordiamo perché l’hanno pubblicata tutti, nonostante fosse una riflessione, smentita nel paragrafo successivo dalle stesse autrici dell’articolo, scritta sul sito web di un giornale locale degli Stati Uniti.

Se una non-notizia pubblicata da una realtà con rilevanza zero arriva a fare il giro del mondo, è perché qualcuno ci ha annusato il click facile e ha colto l’occasione per guadagnare qualche soldo grazie alla pubblicità. Purtroppo la situazione economica per quanto riguarda l’editoria è un disastro, e lo sappiamo tutti. Si riesce solamente a vivacchiare grazie ai pochi soldi delle pubblicità, ed è difficile supportare una realtà per la quale si ha della stima, quando se usi un programma che blocchi le pubblicità gli togli anche quei due spicci che guadagna, e se non lo fai devi fare lo slalom tra i pop up per leggere un articolo.

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La soluzione però non è e non deve essere quella di avere una linea editoriale per la quale si possa pubblicare qualsiasi cosa purché faccia click e like, altrimenti si contribuisce ad inquinare un panorama che già non è che goda di chissà quale salute. E questo vale soprattutto per quei siti che tendono ad occuparsi di cultura pop a tutto tondo, perché in fondo siamo i primi a lamentarci quando i fumetti o i videogiochi non vengano trattati con il rispetto che meriterebbero, ma non ci soffermiamo mai a pensare che magari la colpa è anche di qualche scelta editoriale presa troppo a cuor leggero.

Ok, formare il lettore non è compito delle riviste e dei siti di intrattenimento, ma è da stupidi non pensare che se bombardiamo la nostra utenza di un certo tipo di contenuti, questa si comporterà di conseguenza. Se un quotidiano calcistico iniziasse a parlare solo della Sampdoria, prima o poi (anzi, sicuramente prima) qualcuno penserà “Oh, non se ne può più di ‘sta Sampdoria”.

Se diamo fiato a qualunque fesseria facciamo un danno a noi stessi e alle nostre passioni in primis. Perché è facile fare l’editoriale impegnato su quanto sia dannosa la cultura dell’hype, ma se poi pubblichiamo qualsiasi flatulenza esca da reddit perché i rumor su GTA 6 vanno sempre benissimo, non serve a niente. Lamentarsi dell’oggettificazione del corpo femminile quando poi si pubblicano articoli come “Ecco tutti i film in cui l’attrice X è apparsa nuda”, vi fa fare solo la figura dei fessi.

Cominciamo a cambiare un certo modo di fare informazione, e invece di cascare dal pero e ricominciare da zero, in un futuro non troppo lontano magari qualche polemichetta ce la risparmieremo, perché si sgonfierà da sola.
E se poi non sarà così oh, almeno ci avremo provato.