Freud’s Bones, l’opera prima di Fortuna Imperatore, mette i giocatori nei panni del padre della psicanalisi in modo intelligente e incredibilmente introspettivo

na delle mie personali paure nei confronti di Freud’s Bones è quella della legata alla macchina dell’hype. Intendiamoci, la storia di Fortuna Imperatore è una di quelle da mettere sotto ai riflettori, da raccontare ai bambini quando si vuole cercare un esempio di riscatto sociale spesso impossibile ai più. Partire come una semplice ragazza con una laurea umanistica, quasi un meme nella società contemporanea dove la cultura non è più un vanto, sviluppando un gioco da sola basato sulla vita di Sigmund Freud. La voce si sparge, la curiosità per il progetto sale e Fortuna chiude un Kickstarter con successo triplicando l’obiettivo e ottiene l’attenzione di tutto il panorama italiano, come testimonia il trailer qui sotto pieno di opinioni positive ma non basate sull’esperienza completa. Quasi un ossimoro per il nome che porta: un pizzico di fortuna non manca mai in queste storie ma, come proverò a raccontarvi, Freud’s Bones dimostra di essere una buona opera piena di amore e di eccellenti spunti di riflessione.

La nostra avventura inizia in Rou de Berggasse n°19 a Vienna, indirizzo dello storico studio dove Sigmund Freud, oltre a ricevere le visite dei suoi pazienti, riceve anche la nostra. Una forza paranormale che avvinghia il professore, misteriosa e sconosciuta e che si insedia in un professore turbato già di suo. I motivi sono tanti: ad esempio l’ostracismo verso la sua visione della psicanalisi, vista come blasfema e perversa, al punto da portare al successo il suo giovane allievo Carl Gustav Jung. Ma anche un’aria pesante, in un’Austria dove il vento del cambiamento spira nella direzione del nazionalsocialismo e verso un giovane Adolf Hitler, autore del Mein Kampf e principale promotore di un antisemitismo preoccupante per il professore ebreo. Il giocatore, in modo non dissimile da Freud, si ritrova dunque in questo vortice e costretto a risolvere un enigma tra i più complessi: chi siamo?

Le fasi iniziali di Freud’s Bones sono abbastanza compassate e potranno esserlo di più o di meno in base alla vostra conoscenza della psicanalisi: d’altronde, nel gioco entriamo letteralmente nelle ossa di Sigmund Freud, ne controlliamo le azioni e ne indaghiamo lo spirito in cerca dei suoi tormenti atavici e della loro soluzione. In parallelo, viviamo la sua vita in ogni piccolo dettaglio, dall’abitudinaria colazione al Cafè Eckmann alla cura dei pazienti e al soffocamento delle sue ansie con sigari e, in casi estremi, cocaina. Inoltre, dovremo anche pensare alla nostra situazione finanziaria e a quella affettiva e sociale, aspetti che tuttavia mi sono sembrati troppo marginali durante le partite, soprattutto la gestione delle finanze che non sembra avere abbastanza tempo da risultare impattante. La mia prima partita è infatti durata circa 5 ore secondo Steam: il tempo che ho dedicato al gioco è stato parecchio e, in modo inaspettato, soprattutto offline.

Ho trovato molto catartico il fatto che il gioco sia arrivato più o meno in concomitanza con il mio primo anno di terapia psicologica, uno degli anniversari che mi sento di considerare positivi. Si tratta di un modo per dire che il mio parere è viziato poiché a sostegno della pratica e, per estensione, della psicanalisi. Fa inoltre sorridere che, nonostante sia ormai passato un secolo dalla rivoluzione di Freud, ci siano ancora resistenze sull’efficacia di questi trattamenti e dei benefici che offrono non solo a persone malate, ma anche a coloro che si sentono inadeguati nella loro vita per un qualunque motivo. Per questa ragione Freud’s Bones è stato sicuramente un titolo illuminante come pochi altri, grazie alla sua capacità di rimanermi impresso oltre lo schermo e portandomi ad approfondire la figura di Sigmund Freud e il suo lavoro. D’altro canto, mi piacerebbe anche poter cancellare le mie conoscenze pregresse e vivere sulla mia pelle gli effetti di un gioco simile: vedere per la prima volta la teoria psicoanalitica in azione e realizzare che certi malesseri non sono finzione ma problemi e, in quanto tali, spesso e volentieri risolvibili. In sostanza, mi auguro fermamente che il gioco, piaccia o meno, permetta alle persone di capire il valore della psicanalisi per il nostro benessere mentale, soprattutto in una società dove la disillusione per il futuro e le pressioni di una generazione che ha preso tutto senza pensare al dopo possono rivelarsi tristemente fatali per molti.

Va detto che, nel caso non vi vogliate sobbarcare ore di ricerche extra, nel gioco è comunque presente una sezione enciclopedica dove, oltre ai saggi del professore in forma ridotta, vengono spiegati diversi concetti chiave della psicanalisi freudiana come la funzione dell’Io e dell’Es, dei vari medicinali utilizzati all’epoca e i loro effetti, fornendo suggerimenti al giocatore su come portare avanti le sedute.

Mi piace pensare che la maggior parte di voi che leggerà la descrizione del Super-Io abbia come minimo un sussulto.

Ed è proprio durante le sedute che Freud’s Bones mostra le sue grandi qualità e il suo guizzo creativo, non solo in termini di gameplay ma anche di scrittura: ogni paziente è un vero mistero da decifrare passo dopo passo sia ascoltando con attenzione i nostri pazienti, ma anche mettendo mano a tutta una serie di documenti come cartelle cliniche o manoscritti. Qualcuno potrebbe parlare di strategia, eppure è lampante come la chiave di volta del gioco si basi sull’ascolto e l’attenta interpretazione di ciò che il nostro paziente ci dirà, anche involontariamente. Guadagnarsi la loro fiducia non è semplice, sia per la diffidenza nei confronti di una scienza non ancora ben compresa, sia per i dubbi che attanagliano Freud di tanto in tanto, al punto da renderlo nervoso e insicuro delle sue capacità.

Confermato in ogni modo possibile che Freud’s Bones sia dotato una scrittura di livello, anche a valle di un finale che arriva in modo forse un po’ repentino, va pure detto che tutte le componenti del gioco lavorano di concerto offrendo un’esperienza complessivamente solida: artisticamente parlando il gioco si dimostra curato, con una cura dei dettagli quasi certosina. Lo stesso si può dire per una colonna sonora che fa il suo lavoro in modo diligente ed accompagna senza strafare le diverse fasi di gioco e sottolineando con efficacia i momenti più ricchi di pathos. Insomma, mi sento sereno nel dire che, per Fortuna, Freud’s Bones è un’opera prima che sa di successo. Ne sono sollevato anche perché un gioco italiano deve spesso avere a che fare con una macchina dell’hype molto invadente e che può essere molto difficile da gestire quando le cose non vanno nel verso giusto.

Ci sono sempre margini di miglioramento, sia chiaro: ad esempio mi sarebbe piaciuto affrontare qualche caso in più e vedere alcune feature molto interessanti sviluppate in modo più concreto, come la gestione delle finanze di Freud che ho citato prima e che non ha il tempo di essere sfruttata in modo adeguato. Cionondimeno, le ore passate nel corpo di Sigmund Freud sono state intense e agrodolci, meritevoli anche di qualche partita extra per cercare di fare qualcosa in modo diverso, ma soprattutto capaci di andare oltre lo schermo e offrire spunti di riflessione preziosi. Il che è tutto tranne che un banale colpo di Fortuna.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.