Ovvero, cose che fanno venire voglia di Giappone

Dopo anni di battaglie, con i fan in ginocchio nel tentativo di convincere SEGA a portare gli episodi di Yakuza anche in occidente, pare che finalmente la situazione si sia sbloccata; così, nel solo ultimo anno, abbiamo visto uscire Yakuza 0 e Yakuza Kiwami (che abbiamo recensito rispettivamente con entusiasmo qui e qui). A marzo invece pare che riusciremo a mettere le mani (armate di tirapugni) sul sesto episodio della serie, che farà da conclusione alle avventure di Kazuma Kiryu.

Qui a Colonia, in occasione della Gamescom, era disponibile per stampa e pubblico una demo del gioco, nella quale era possibile provare brevemente il terzo capitolo del gioco o girare liberamente per Kamurocho.

Ovviamente non c’è molto da raccontare riguardo la storia, un po’ per non farvi spoiler un po’ perché ho potuto vedere davvero poco. Il gioco è il seguito diretto del quinto e, come gli altri episodi di Yakuza richiede che si siano giocati i capitoli precedenti per poter godere a pieno della storia.
Appena iniziata l’avventura mi sono trovato nella nuova location realizzata da SEGA, Onomichi, una piccola città della provincia di Hiroshima. Qui il nostro protagonista tiene in braccio un bambino, ed è alla ricerca di Haruka. Nel peregrinare Kazuma si troverà ad entrare in un bar per un drink, a conoscere uno yakuza per, inevitabilmente, finire a tirarsi schiaffoni. Già è cosa nota che il titolo sarà incentrato proprio sulla ricerca di Haruka, e saranno presenti molti altri elementi come la costruzione di una banda, che però non erano disponibili nella porzione di gioco da noi testata e di cui quindi non vi parlerò. L’altra ambientazione, Kamurocho, è certamente conosciuta da chiunque abbia giocato i precedenti capitoli della serie, e ci torneremo dunque più avanti.

yakuza 6 gamescom

Quello che mi ha colpito di Yakuza 6, in prima battuta, è stata la messa in scena. C’è sempre un particolare colpo d’occhio nei titoli della serie, ma in questo caso l’impatto è stato più forte del solito. Onomichi non è certamente la pulsante Tokyo, e men che meno il suo quartiere a luci rosse. Ciononostante il team di sviluppo riesce a colpire al cuore, restituendo quella sensazione “di Giappone” che praticamente nessun altro gioco riesce a regalare.

Si tratta di un posto piccolo, Onomichi, con un forte sapore di città di provincia, con le sue dinamiche interne: un microcosmo a se stante. Vi chiederete: “come è possibile che giocando 20 minuti abbia avuto tutte queste sensazioni?”. Ve lo vorrei saper spiegare meglio, ma – credetemi – è difficile. Avete presente quando vi trovate in una nuova città, in vacanza o per altri motivi, e sentite di essere stranieri, che quella terra e quei palazzi “non vi appartengono”, ma allo stesso modo riuscite a percepire le inafferrabili dinamiche di una realtà composta da persone che vivono, quelle stesse persone che vedete andare al lavoro muovendosi automaticamente e senza pensare in strade a cui voi siete alieni, quelle facce sconosciute che vi fanno fantasticare su come sarebbe vivere in quel posto in pianta stabile, darlo per scontato, osservandolo senza gli occhi dello straniero. Ecco, questa è la sensazione che ho provato muovendo i primi passi ad Onomichi, nuovo a quella realtà come lo era Kazuma, ma sicuro di riuscire a vedere, seppure solo con la coda dell’occhio, qualcosa che viveva. La grandezza di Yakuza è in queste atmosfere in un certo senso realistiche, che sfregano violentemente con la vena di cazzeggio e comicità che caratterizza il gioco, sempre in bilico tra la pesantezza dei film di yakuza à la Kitano e quell’umorismo sopra le righe tipicamente giapponese.

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Kamurocho, colpisce allo stesso modo, seppure per motivi diversi; ma soprattutto colpisce ancora, dopo anni. Questo perché il quartiere che non dorme mai sembra anche crescere di continuo, episodio dopo episodio, arricchendosi e diventando sempre più vivo, facendoci venire voglia di esplorarlo ancora e ancora. Le luci, i colori, la vita delle singole persone, tutto continua a comporre quel puzzle bellissimo che è il quartiere principale di Yakuza.

Ok, detto così sembra quasi una recensione e che io abbia già deciso che Yakuza 6 sia un gioco bellissimo, ma non fatevi ingannare: il mio obiettivo è solo quello di raccontarvi perché le aspettative sono alte. Purtroppo nel poco tempo concessoci non c’è stato modo di approfondire il tutto, e quando ciò non possibile rimane solo il primo impatto, la pura sensazione, e su questo sto facendo affidamento per raccontarvi la nostra prova di un gioco che ha come più grande merito quello di far sentire l’utente (occidentale) un turista, immerso in una cultura e in una realtà non sua, e che vorrebbe solo scoprire. Così come quando si arriva in una nuova città, prima di tutto si vive il fascino del nuovo e del diverso, io sono appena entrato in Yakuza 6. E come quando si ha la sensazione, a pelle, che si è comprato il biglietto per il giusto posto, credo che SEGA si stia muovendo nella giusta direzione.

Dopo questa carrellata di #feels, passiamo agli aspetti più oggettivi: Yakuza 6 si comporta benissimo in movimento, non tanto perché il motore grafico muova chissà quanti poligoni o tessiture super pulite, ma perché l’impatto di cui vi ho ampiamente raccontato, mischiato all’ottima fluidità complessiva, ad animazioni di primissimo livello per quanto riguarda sia il movimento che le animazioni facciali, riescono a conferire al tutto grande bellezza.

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Il sistema di combattimento sembra aver abbandonato i diversi stili visti, per l’ultima volta, in Yakuza 0, mentre si aggiunge una barra da riempire che permette di infuocare, letteralmente, il protagonista. È ovviamente sempre possibile raccogliere oggetti dal terreno e romperli in testa agli avversari, così come fare azioni contestuali dopo una presa. Il combattimento è sempre estremamente fisico, si sente la forza dei colpi come in passato. Coreograficamente siamo su ottimi livelli, e il tutto ci è sembrato un po’ più organico rispetto a prima. Per quanto riguarda la crescita del personaggio, invece, Kazuma ha ben cinque pool di punti esperienza, ognuno riempibile compiendo determinate azioni. Le nuove abilità da acquistare costano ognuna una certa quantità di diverse tipologie di punti esperienza.

Il tempo è stato tiranno in questa prova di Yakuza 6, purtroppo. Tuttavia è bastato per capire che, probabilmente, a marzo avremo per le mani un altro giocone. Dita incrociate, quindi. Non il mignolo, ovviamente, quello lo abbiamo tagliato.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.