“Dei grandi attori si dice che sono animali da palcoscenico, Giorgio Cavazzano è un animale da disegno.”

Tiziano Sclavi

Vita di un maestro

Una matita si snoda silenziosa tra le pagine più importanti della storia del fumetto italiano. Ha visto cambiare il mondo accanto alle sue opere, ha assistito alla nascita di tanti talenti, ha collaborato con alcune delle penne più brillanti di cui la nona arte abbia mai goduto. Quella matita è tenuta in mano da un signore alto, dotato di una certa età ma, nonostante ciò, pieno di un vigore quasi elettrico, esplosivo, che porta due leggeri occhiali su un viso mai stanco. Un disegnatore, piegato su un tavolo da lavoro che sta per terminare un lavoro importante. Tutti sono importanti quando è lui a realizzarli, perché applica ad ogni progetto la stessa, straordinaria professionalità. La punta viene sfruttata per tracciare le linee morbide, rotonde e precise, tipiche della mano che ne guida i movimenti, una semplicità naturale che fa sembrare quel gesto il più intuitivo del mondo.

L’autore è attento, focalizzato sul foglio con la stessa concentrazione di un combattente che sta tirando di scherma contro un avversario mortale, consapevole che il primo errore potrebbe costargli la vita. Il suo approccio alla pagina ricorda quello di tanti scultori che, al posto di plasmare la fredda materia con le proprie dita, cercano di togliere la pietra che copre la statua compiuta. Così agisce il disegnatore. Grazie alla sua matita, pare tirare fuori la tavola dalla pagina stessa, quasi come se fosse al suo interno e che le linee nere stiano scalfendo il bianco che la nasconde. Quell’uomo, quel disegnatore, è Giorgio Cavazzano.

Centinaia e centinaia, come le storie realizzate. Migliaia di migliaia, come le tavole disegnate. Decine e decine, come gli sceneggiatori, italiani e non, di cui ha reso graficamente le sceneggiature. 12, come gli anni che aveva quando ha iniziato a lavorare nel fumetto. Incalcolabile, come il suo contributo donato alla letteratura disegnata.

È vero che i numeri e le statistiche faticano a dare conto del reale valore di una vita, di un’esperienza umana, di un mito. Eppure, forse, uno ci riesce: 50, come gli anni di carriera che Disney e Panini Comics hanno deciso di festeggiare degnamente inaugurando proprio con Cavazzano la nuova collana prevista per marzo, Tesori made in Italy, parallela a quella International già attualmente in edicola. Tesori Made in Italy raccoglierà le storie dei più grandi autori Disney italiani (come International faceva per gli stranieri) e, nei primi sei numeri, riproporrà esclusivamente le migliori storie del maestro Cavazzano.

Ma non fermiamoci qui: durante lo scorso Lucca Comics and Games, Cavazzano ha tenuto una sentitissima lectio magistralis e il suo nome è andato ad aggiungersi alla Wall of Fame, insieme al calco delle sue mani. Come se non bastasse, ultimamente, dopo una breve parentesi di due anni, è tornato in pianta stabile su Topolino, dove è da pochissimo stata pubblicata una sua parodia (sui testi di Bruno Enna) di Corto Maltese, celebre creatura di Hugo Pratt. Si tratta di Topo Maltese: Una Ballata del Topo Salato, che noi abbiamo ovviamente recensito e adorato.

Ma neanche queste straordinarie iniziative bastano a dare l’esatta dimensione del disegnatore che abbiamo davanti. Perché l’importanza di Giorgio Cavazzano non si può misurare in nessun modo, le parole non riescono ad identificare l’impatto che ha avuto sull’immaginario a vignette e balloon del nostro paese. Tutti abbiamo letto almeno una delle storie illustrate dal suo tratto vitale, nitido ed elegante: i suoi topi e suoi paperi, i suoi investigatori, i suoi cowboy, i suoi trappers, le sue regine, i maghi, i pianisti, gli agenti segreti, i supereroi, gli alieni… Un intero universo sterminato, impossibile da vagliare tutto nella sua complessità di cui, forse, perfino lui fatica a trovare i limiti. E quindi noi di Stay Nerd potevamo evitare di pagargli un sincero ed emozionato tributo, in occasione del suo cinquantennale di carriera in Disney? Ovviamente no, eccoci quindi tutti qui, a ripercorrere alcune delle tappe e delle emozioni di un lungo e splendente percorso a fumetti. Si parte…

Dove cominciare a descrivere una carriera dai contorni mitici, che ha il sapore della predisposizione, di una favola voluta dal destino in persona? E dove, se non dall’inizio? Giorgio Cavazzano nasce il 19 ottobre del 1947, a Venezia, città prescelta e di nascita per tanti fumettisti entrati di diritto nella storia. Su tutti: Hugo Pratt e Romano Scarpa. E proprio a Romano Scarpa, il maestro veneziano, uno dei massimi fondatori del fumetto Disney in Italia, è legata la sorte di Cavazzano. Si dice che le migliori giovani menti siano unite con un filo sottile ai più grandi maestri, che qualcosa di invisibile metta in contatto i talenti futuri e passati nei vari campi dell’arte umana. Mai tradizione è stata più confermata dal rapporto che hanno avuto questi due magnifici autori, e la vicenda che li ha fatti incontrare ha assunto ormai delle sfumature leggendarie. Si narra che un giovanissimo Cavazzano, appena adoloscente ma già attivo nel mondo del fumetto come inchiostratore per il cugino Luciano Capitanio, abbia cercato in tutti i modi di incontrare Scarpa, di cui era un ammiratore sfegatato, cercandolo nei negozi di Venezia e persino chiedendo in giro se qualcuno lo conosceva, o se l’avevano visto passare.

Tutto cambiò quando, si narra, su un vaporetto che stava usando per attraversare da una sponda all’altra i canali della città, una ragazza prese tra le mani i disegni appena finiti per il datore di lavoro. Quella donna era la fidanzata e futura moglie di Romano Scarpa. Il giorno dopo, sembra, Cavazzano ricevette una telefonata da parte dello stesso maestro, alla ricerca di un inchiostratore per il suo studio, visto che quello precedente se n’era andato di punto in bianco per seguire la sua “vocazione” e aveva preso i voti. E così già nel 1962 Cavazzano contribuisce a una storia sul Topo, sebbene lavorando dietro le quinte come inchiostratore. Si tratta di Paperino e la gloria nazionale, apparsa su Topolino 370, scritta e disegnata da Scarpa.

Per l’esordio assoluto bisogna attendere cinque anni. Nel 1967, al termine di un lungo apprendistato fatto di chine e passione, disegna il suo primissimo lavoro: Paperino e il singhiozzo, sceneggiato da Cesare Pavese. Ma è in quegli stessi anni che incontra un altro dei suoi “uomini del destino”, uno dei tanti che hanno costellato la sua immensa carriera: Rodolfo Cimino. Rodolfo Cimino che, guarda caso, durante il periodo di apprendistato di Cavazzano aveva anch’egli lavorato con Romano Scarpa, sia come inchiostratore che come sceneggiatore. La collaborazione tra i due “allievi” (fa sempre strano definirli così, anche se nel passato) dà vita ad alcuni dei più bei progetti degli anni ‘70, compresa la serie dei Racconti intorno al fuoco, narrati da Nonna Papera alla famiglia riunita. Su tutti, c’è un personaggio speciale che, nonostante sia apparso solo poche volte nella lunga vita del giornalino (a malapena 5) è entrato subito nella sensibilità del lettori.

Stiamo parlando di Reginella, la regina extra-terrestre innamorata di Paperino, sempre costretta ad abbandonarlo a causa della “ragion di stato”. In quel periodo, nonostante la giovane età, Cavazzano inizia a mettere le mani su alcune delle figure più importanti dei fumetti Disney made in Italy, e ad allora risale il primo incrocio con Paperinik, il Diabolico Vendicatore. Infatti, sui testi del “sommo poeta” disneyano Guido Martina, vengono dati i natali a Paperinika, controparte femminile dell’eroe mascherato e alter ego di Paperina. Si tratterà solo della prima incursione nel mondo del tenebroso super-doppio del papero vestito da marinaio, di cui realizzerà nel corso dei decenni tantissime storie.

La seconda metà degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 vedono il consolidarsi della fama di Cavazzano, sia negli ambienti italiani ed esteri, che lo portano a nuove, numerose collaborazioni insieme ad autori specializzati nei generi più differenti, distanziandosi leggermente dall’umoristico che l’aveva contraddistinto fino a quel momento nelle sue produzioni. Nel 1975 comincia un proficuo rapporto, umano e professionale, con lo scrittore che ha lascia segnato sul fumetto italiano un altro profondissimo (e graditissimo, a dir poco) segno nelle ultime decadi, causando un terremoto sociale e culturale grazie al suo personaggio più famoso: Tiziano Sclavi. Sulle idee del futuro genitore di Dylan Dog, Cavazzano illustra Altai & Jonson, curiosa serie che unisce comicità e poliziesco coadiuvate da gustose suggestioni noir. Fortunata testata, pubblicata originarimanente sul Corriere dei ragazzi e via via su altre riviste, durò fino al 1985 e si fece notare per lo stile di scrittura e le ambientazioni, che ricordavano molto le serie investigative del periodo (su tutte Starsky ed Hutch), non solo per gli evidenti richiami ma anche per il ritmo molto televisivo, rapido e pieno di didascalie che ammiccavano al lettore. Curioso come Sclavi volesse realizzare all’inizio un’opera più seria, ma, una volta visto il lavoro di Cavazzano e i primi numeri da lui realizzati, scelse di adattarsi di più al suo tratto, dando così vita ad un connubio artistico inimitabile che consentì ad entrambi di sperimentare e toccare livelli di qualità assolutamente sorprendenti.

Quasi nel frattempo, si forma un’altra collaborazione decisiva che compie una piccola rivoluzione sul topo. Infatti, nel 1973 Cavazzano realizza una storia in coppia con Giorgio Pezzin, Paperino e la visita distruttiva. Il duo, famoso per diversi progetti tra cui l’apprezzatissimo Capitan Rogers, un cacciatore di castori dal carattere socievole e un paio di baffoni, ha infatti il merito di aver ridato vita e cittadinanza fumettistica ad un personaggio che, incredibilmente, all’epoca era stato quasi dimenticato: Paperoga. Pensare oggi a un Topolino senza Paperoga, dopo i tantissimi anni e storie con protagonista il disastroso cugino di Paperino, sarebbe impossibile. Ma lo dobbiamo la Cavazzano e Pezzin, che hanno codificato la struttura narrativa più usata fin dalla leggendaria Paperino e il croccante al diamante, dove i due diventano coppia fissa che a suon di trovate assurde ne combina di tutti i colori e finisce, irrimediabilmente, per scappare da un Paperone inferocito. Non solo: nel 1983, sui testi di Carlo Chendi, crea Umperio Bogarto, altra figura che si avvalerà più volte del supporto di Paperoga.

Mentre le collaborazioni extra-Disney continuano ad infittirsi, con l’aumentare delle incursioni sul mercato francese, specialmente insieme all’autore François Corteggianti, Cavazzano si fa conoscere anche aldilà delle Alpi, affermandosi come uno dei disegnatori più apprezzati nel vecchio continente. Al 30 agosto del 1987 risale quella che viene considerata la storia migliore dell’artista veneziano, scritta ed illustrata dalle sue mani, quella che molti definiscono “la storia” per eccellenza: Casablanca. Una delle più celebri e fenomenali rivisitazioni disneyane dei grandi classici del cinema e della letteratura, questo capolavoro nasce dal profondissimo amore dell’autore per la settima arte e uno dei punti più alti della sua carriera, dove è possibile trovare tutto ciò che per Cavazzano è il fumetto, il suo personalissimo modo di esprimersi al massimo della sua forma. Non è un caso che lo stesso Cavazzano indichi quel lavoro come il più importante da lui realizzato da lui in veste di autore completo. E, secondo sua stessa ammissione, proprio lì, a pagina 31, terza vignetta, è riuscito a disegnare il suo “Topolino perfetto“, forma ideale della sua personale visione della creatura di Walt Disney.

Ma quella non è l’ultima delle parodie che realizza e già a distanza di pochi anni, nel 1991, reinterpreta, sulla sceneggiatura di Massimo Marcone, La strada di Federico Fellini, film vincitore nel 1957 del Premio Oscar come miglior film straniero. Un’altra viene realizzata insieme alla nuova leva dei primi anni ‘90, Francesco Artibani, e all’attore Lello Arena. Si tratta di Miseria e Nobiltà, rielaborazione dell’omonima commedia di Eduardo Scarpetta, ispiratore anche del famoso film di Mario Mattoli con protagonista Totò.

L’ultimo decennio del secolo, oltre al già citato Artibani, porta nel topo sceneggiatori giovani, determinati e pieni di talento, destinati a portare grossi cambianti all’interno del panorama italiano. Uno di questi è Tito Faraci, ormai diventato uomo-ovunque nel fumetto nostrano che collabora stabilmente con le testate più importanti del paese: Topolino e Tex. All’epoca aveva cominciato a fare i primi passi in questa variegata realtà e proprio in Cavazzano, da lui stesso definito un “mentore“, trovò un amico e un collaboratore inesauribile. Non per nulla i due, durante il loro primo progetto condiviso, creano un personaggio ormai entrato a far parte in pianta stabile dei comprimari di Topolinia: l’Ispettore Rock Sassi. Questo è solo un assaggio dei racconti memorabili frutti di un sodalizio che, nel corso degli anni, si rivelerà sempre più florido e straordinario. Ad esempio, creano insieme il primo numero di MMMM, il Mickey Mouse Mystery Magazine, serie sfortunata ma apprezzatissima che lancia un Topolino inedito, più serio, maturo, che affronta il mondo crudele e spietato della criminalità di una grande città sporca, caotica, di nome Anderville. Ma il loro team non si limiterà al solo mondo Disney e compirà perfino una clamorosa e osannatissima incursione oltreoceano, portando a termine una storia per la Marvel con protagonista Spider-Man. Approvato e supervisionato addirittura dall’allora Editor in Chief della Casa delle Idee, Joe Quesada, Il segreto del vetro, uscito nel 2003, è un racconto breve che porta Peter Parker a Venezia, la città natale di Cavazzano. Un piccolo caso editoriale, molto apprezzato dal pubblico e dalla critica

Sempre seguendo il filo che lega i grandi maestri ai grandi allievi, Cavazzano si è alternato in questi due ruoli durante tutta la sua carriera, partendo come studente di Scarpa e diventando poi insegnante e nume tutelare di tanti giovani autori. Anche in tempi recenti, non ha mai smesso di consigliare ed aiutare i meno esperti e, negli ultimi anni, il fumettista che è maggiormente cresciuto sotto la sua ala è stato quello che, al giorno d’oggi, viene considerato uno dei maestri Disney dell’era moderna: Casty. I due cominciano a collaborare nel 2003 e creano, occupandosi rispettivamente di disegni e parole, l’archeologa Eurasia Tost, che Cavazzano ritrae per ben tre volte in alcune delle storie migliori degli anni duemila: Topolino e la spedizione perduta, Topolino e il dono di Xamoc e la bellissima Topolino e il Colosso di Rodi. Insieme, hanno anche ridato lustro a Macchia Nera nelle vesti di villain diabolico e privo di scrupoli, riportandolo al centro della vicenda nella sensazionale Topolino e il dominatore delle nuvole, del 2006.

Più di recente, l’impegno di Cavazzano non è mai venuto meno, tanto che ha portato sulle pagine del topo opere fenomenali come Topolino e la vera storia di Novecento, parodia del romanzo di Alessandro Baricco sui testi di Tito Faraci. L’autore ha anche preso parte a molti dei progetti di punta, come Doubleduck e la prima trasposizione a fumetti dei libri di Camilleri: Topolino e la promessa del gatto, che vede l’esordio del Commissario Topalbano, versione disneyana del personaggio dello scrittore, ideata da Francesco Artibani.

In generale, lo si vede ovunque, soprattutto dopo la piccola parentesi di pausa, alle prese con gran parte dei personaggi del vasto panorama del settimanale. Perché Cavazzano è un maestro a tutti gli effetti, illustratore di storie lette da generazioni e generazioni di lettori. Ciascuno di noi ha messo gli occhi almeno una volta sopra i suoi disegni, indugiato di fronte a quelle tavole che facevano apparire i personaggi come i più fidati compagni d’avventura che potessimo desiderare. Siamo cresciuti insieme a lui e, forse, è stato lui stesso a crescerci un po’ attraverso il suo lavoro e il suo tratto. E questo è un merito per cui non esistono ringraziamenti capaci di ripagarlo, né onorificenze o premi che possano rendere esattamente il valore di un simile operato.

Ma questo non ci dissuade certamente dal farlo lo stesso, sperando di potergli dimostrare quanto il suo lavoro sia unico, inimitabile. Auguri, Maestro. Cento di queste carriere. E grazie, ancora grazie per ciò che ha fatto e per quello che ancora farà.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!