Parole, parole, parole…

Ammettiamolo, il mercato indie – in ogni settore – è una creatura estremamente affascinante, capace tanto di donare piccole perle al pubblico, quanto di condannarlo all’agonia di un prodotto qualitativamente scadente. È anche per questo motivo che, in ambito videoludico, ogni volta che ci si ritrova davanti a un titolo sviluppato da un team indipendente, ci si approccia ad esso in punta di piedi, sondando il terreno neanche fossimo dei ladri alle prese con un dungeon tappezzato di trappole mortali. Ci saranno volte nelle quali troveremo il nostro tesoro e ne usciremo indenni, altre che resteremo mortalmente impalati su qualche spuntone d’acciaio, e altre ancora che resteremo lievemente feriti portandoci a casa un misero bottino.

Ecco, la metafora (non a caso a tema “gdristico”) serve a darvi un breve assaggio di ciò che ci aspetta in Haimrik, un action/adventure in 2D/2.5D sviluppato dal team colombiano di Below the Game, caratterizzato da uno stile grafico cartoonish ma, al tempo stesso, cruento quanto basta per affibbiargli un PEGI 16, che fa delle parole e dei libri uno dei punti chiave sia della narrazione che del gameplay. Come? Vediamolo insieme!

Ieri era zero… oggi è un guerriero!

Haimrik è un giovane, goffo ed emaciato scriba che vive insieme alla madre nel piccolo e pacifico villaggio di Sinisa, dove passa le sue giornate a scrivere libri destinati a non esser letti mai da nessuno e ad essere costantemente vessato dalla procace locandiera/affittacamere Jelena, della quale è perdutamente e segretamente innamorato.

Il popolo di Sinisa è in fermento per gli imminenti festeggiamenti del Giorno dell’Unità, celebrazione annuale nella quale si ricordano le epiche gesta degli eroi che, con il loro coraggio e il Potere della Parola conferitogli da particolari libri magici, sono riusciti a unificare tutto il regno, mondandolo dal male che lo attanagliava da anni. Ma, così come in un qualsiasi b-movie del ciclo Fantastica Avventura, la pace e la serenità iniziali sono destinate a durare ben poco. Il sovrano Ulrich, con gli anni, è diventato un despota e i suoi fidati cavalieri vengono visti con paura dagli abitanti di Sinisa, tanto che il malcontento porterà ben presto a una vera e propria rivoluzione.

Come facilmente immaginabile sin dalle prime battute, il nostro Haimrik in compagnia della fidata leonessa Masamba, dovrà cercare di ripristinare la serenità nel regno, sfruttando lo stesso potere con il quale venne ottenuta un tempo dal sovrano e dai suoi leggendari cavalieri. Sul come, quando e perché preferiamo soprassedere, onde evitare di spoilerarvi parti della trama che, purtroppo, è uno dei punti più deboli. Salvo qualche sporadico colpo di scena, concentrato prettamente nelle ultime ore di gioco, gli eventi narrati risultano facilmente prevedibili e spesso potreste ritrovarvi a continuare la vostra avventura spinti solo dalla curiosità di capire se i vostri pronostici erano corretti o meno. Una pecca in verità, perché la storia ha obiettivamente del potenziale e poteva essere sviluppata in maniera più articolata.

Comico, brutale, cavalleresco… ma ha anche dei difetti

Se il comparto narrativo di Haimrik non risulta dunque particolarmente interessante, un discorso diverso è da fare per le meccaniche di gioco. Nulla di trascendentale, sia chiaro, ma si percepisce il tentativo del team di sviluppo di voler creare un qualcosa di “nuovo” – le virgolette sono un obbligo visto che il gameplay è identico a quello di CinderElla, altro titolo di Below the Game pubblicato nel 2015 su dispositivi mobile. Ma andiamo con ordine.

La nostra avventura si svolgerà fondamentalmente su due piani distinti: da un lato il mondo di gioco “reale”, dove avranno luogo la maggior parte degli eventi e che useremo per interagire con gli altri personaggi; dall’altro quello che potremmo definire “il mondo delle parole”, dove il nostro sfigatissimo scriba entrerà tagliandosi una mano e utilizzando il proprio sangue come inchiostro, per poi affrontare cavalieri, draghi, maghi, goblin e chi più ne ha più ne metta. Inutile dirlo, è proprio in questo secondo mondo che si concentreranno le meccaniche di gameplay.

Le molteplici ambientazioni che ci ritroveremo a visitare, nasconderanno al loro interno varie sfide ed enigmi, che andranno dalla banale ricerca di una chiave per aprire una porta, alle più articolate boss fight. Gli scenari saranno caratterizzati da alcune scritte sul pavimento, che spiegheranno gli eventi in corso e con le quali dovremo interagire per procedere al livello successivo. Per farvi un esempio pratico, se il vostro cammino è sbarrato da una porta e tra le scritte sul pavimento appare la parola “chiave” non dovrete far altro che interagire con essa per farla comparire e risolvere l’enigma.

Ovviamente, man mano che si andrà avanti con la storia, il livello di sfida aumenterà e spesso la soluzione prevederà l’interagire con determinate parole in un ordine ben preciso per giungere alla soluzione. Ed è qui che troviamo una piccola pecca, a nostro avviso almeno: anche gli enigmi dei livelli finali risultano estremamente semplici da capire e risolvere, un fattore che penalizza l’intero livello di difficoltà del gioco.

Il discorso cambia spostandoci sui combattimenti veri e propri. Che si tratti di una fuga sul dorso della fida leonessa Masamba, o di un scontro con un mortale drago da abbattere a cannonate – letteralmente – le boss fight saranno la parte più intrigante del gameplay e offriranno spesso una sfida degna di questo nome, introducendo anche delle gradevoli fasi in 2.5D che, insieme al comparto grafico, rendono Haimrik un titolo molto piacevole a livello visivo, soprattutto in un periodo storico dominato dalla “guerra all’ultimo pixel”.

Parlando di grafica, come visto all’inizio di questa recensione, lo stile adottato da Below The Game strizza l’occhio al mondo del fumetto, dando vita ad ambientazioni dominate interamente dal color seppia – che fa molto libro antico se vogliamo – sul quale spiccano tonalità più accese come il rosso del sangue o il giallo e l’arancione del fuoco, elementi cardine delle sequenze più cruente e dei combattimenti. Tutti i personaggi sono rappresentati in uno stile quasi caricaturale che, insieme a un tono narrativo spesso scanzonato e comico – caratterizzato anche da momenti di black humor piuttosto simpatici – riescono a dare ad Haimrik un senso di leggerezza molto apprezzato. Non è un gioco che vuole esser preso sul serio e va benissimo così.

Se prima di procedere al nostro verdetto, permettete una riflessione meramente personale, Haimrik sarebbe stato un gioco perfetto per il pubblico più giovane. Metaforicamente parlando, il dar vita a un proprio universo immergendosi nei libri, scrivendoli o utilizzandoli come “armi contro le avversità del mondo”, è un bell’insegnamento da dare ai più piccoli e, alla peggio, ci ritroveremo con dei giovani divoratori di libri/fumetti (scusate se è poco eh). Purtroppo, per la brutalità – seppur cartoonistica – di alcune scene, la classificazione +16 risulta azzeccata (forse un po’ esagerata in verità). Tuttavia, viste anche le meccaniche di gioco molto intuitive e una storia che, seppure prevedibile, potrebbe esser accostata ad una favola – con i dovuti accorgimenti del caso – forse sarebbe stata una buona occasione per utilizzare quei “PERICOLOSISSIMI MORTALI E VIOLENTI VIDEOGIOCHI” (sigh…) per ambire a qualcosa di più educativo. È andata così…

haimrik

Verdetto

Tirando le somme, Haimrik è un titolo che si lascia giocare, senza infamia e senza lode. La chiara volontà del team di Below the Game di creare qualcosa d’innovativo, si percepisce sin dalle prime battute, eppure non sembrano aver avuto il coraggio – o il budget – per azzardare qualcosina di più. Nonostante uno stile grafico cartoonish, arricchito con una “spolveratina” di brutalità che piace tanto a noi nerdoni, il comparto audio non riesce ad essere alla stessa altezza, risultando spesso eccessivamente ripetitivo. Il gameplay, particolarmente nelle fasi di combattimento, dà un tocco di originalità al titolo a controbilanciare una narrazione facilmente prevedibile e, di conseguenza, non troppo intrigante, tanto da scivolare spesso nel cliché. A fronte di un prezzo pari a 20€ su tutte le piattaforme, ci sentiamo di consigliarvi di attendere un’offerta, se volete, ma di dargli comunque una possibilità, poiché nel suo piccolo – e nonostante una longevità pari a circa 5-6 ore – vale la pena di esser provato.

Federico Barcella
Romano di nascita, nerd per passione, amante di Final Fantasy, di Batman e dei Cavalieri dello Zodiaco. Parla poco ma ascolta e osserva molto, sente un’affinità smodata con i lupi e spera di rincarnarsi in uno di loro. Cede spesso alle tentazioni della rabbia con picchi che creano terremoti in Cina per l’Effetto Farfalla e odia la piega che sta prendendo l’Universo-Videoludico negli ultimi anni.