Il brivido della caccia

Quarto lungometraggio del regista Jeremy Saulnier e primo ad essere distribuito ufficialmente da Netflix – dove è disponibile dal 28 settembre – Hold the Dark è tratto dall’omonimo romanzo di William Giraldi e racconta una storia di mistero ai confini della civiltà.

L’opera si apre con una prima inquadratura che sembra un dipinto. Dopo dei brevi titoli di testa e una citazione del poeta Gerard Manley Hopkins, veniamo infatti catapultati nell’innevata cittadina di Keelut. Circondato da un muro di verdi alberi e da un fiume ghiacciato, il luogo non potrebbe contenere più elementi tipici del desolato panorama dell’Alaska a partire dallo stesso nome dell’insediamento. La parola, scelta in modo assolutamente non casuale, deriva infatti dalla mitologia inuit e indica uno spirito malvagio dalle fattezze canine, conosciuto anche come Ke’lets, Qiqion o Qiqirn, interpretato come un presagio di morte. Proprio con un presunto decesso si apre la storia e inizia una serie di eventi destinati ad avere effetti devastanti. Quando, infatti, la sparizione di un bambino segna il terzo caso di rapimento da parte di lupi, la madre dell’ultima vittima decide di scrivere una lettera ad un noto naturalista ed esperto di comportamento di questi predatori.

 

La coppia Saulnier e Macon Blair, rispettivamente regista e sceneggiatore, si dimostra maestra nella presentazione dei personaggi. Una sola carrellata della stanza del protagonista Russell Core (Jeffrey Wright, noto ai più per Westworld) ne evidenzia una forte ossessione per i pericolosi animali, mentre bastano poche battute di Medora Sloane, interpretata da Riley Keough e madre del bambino scomparso, per delineare la forte figura di una donna costretta a crescere un figlio da sola in un luogo sperduto e temibile come quello in cui si trova a vivere. Il freddo ne ha gelato il cuore tanto che non spera in un fortuito ritrovamento ma desidera solo vendetta nei confronti della creatura che le ha portato via tutto. Con lo stesso procedimento viene presentato anche Vernon Sloane, marito di lei e soldato al fronte in un caldo e sabbioso Iraq che non ne ha, però, sciolto lo sguardo glaciale. Poche le sue azioni, svolte in un silenzio quasi religioso e rese ancora più intense dall’interpretazione di un magistrale Alexander Skarsgård.

All’ottima recitazione di tutti e tre i personaggi principali si affianca una regia ormai forte e salda anche dopo sole altre tre prove dietro la macchina da presa. La violenta brutalità che percorre tutto il film si sposa alla perfezione con le cupe atmosfere di cui Saulnier ha già dato ottime dimostrazioni nei suoi precedenti lavori, e ci conduce in una ripida discesa in un mondo oscuro. Un luogo feroce dove vige la legge del più forte e dove l’animale da temere maggiormente è l’uomo privo di freni e completamente abbandonato al proprio istinto.

Eppure qualcosa impedisce a Hold the Dark di essere un film migliore di quello che è. Prese singolarmente le sue componenti sono più che ottime, ma non funzionano se poste l’una vicino all’altra. Il lento incedere della storia è reso quasi morboso dal grande peso dato al silenzio e alle poche battute. Le interpretazioni degli attori perdono il loro valore quando non vengono date motivazioni, in maniera diretta o anche solo suggerite, alle loro azioni e la tensione costruita passo dopo passo crolla quando il film termina lasciando troppe domande senza risposta. Tanta la carne al fuoco e ancora di più i capovolgimenti della situazione in questa vicenda, che inizia come una caccia al lupo, evolve in una caccia all’uomo, e torna nell’atto finale ad una nuova e più violenta caccia al lupo. Un viaggio nella mente umana e nella reazione che  si scatena in risposta alla violenza, alla morte e alla solitudine.

hold the dark

Verdetto

Il lavoro di Saulnier non è per niente da bocciare o evitare ma dispiace che non possa che essere definito poco più che sufficiente. La storia ingrana in poco tempo, inserendo tanti elementi che variano dal thriller, al crime e sfiorando più volte l’esoterico ma subisce quasi immediatamente una violenta battuta d’arresto che ne segna poi in modo definitivo il lento procedere. Le varie strade intraprese al suo inizio vengono presto abbandonate senza motivo o portate avanti fino ad una conclusione che nel migliore dei casi è assente del tutto o non soddisfa minimamente. Non mancano certo scene forti e memorabili, che difficilmente possono essere dimenticate, come un’improvvisa quanto ben costruita sparatoria o la già citata presentazione del personaggio di Vernon Sloane, ma questo continua a non bastare. Hold the Dark non è un prodotto mediocre ma allo stesso tempo non è, sfortunatamente, troppo distante dall’esserlo anche se gli ingredienti per un prodotto di tutto rispetto sono presenti.

Se vi è piaciuto Hold the Dark…

E volete dare uno sguardo ai precedenti lavori di Jeremy Saulnier, allora vi suggeriamo Green Room, film del 2015 con il compianto Anton Yelchin. Se invece avete voglia di un film con un’ambientazione simile, allora potete recuperare The Grey, pellicola del 2011 diretta da Carnahan, con Liam Neeson protagonista.

Davide Siepe
Appassionato di cinema, fumetti, serie tv e videogiochi (non necessariamente in quest'ordine). Mi piace scrivere e sogno di poter vivere di questo diventando uno sceneggiatore professionista. Sempre pronto a mettermi in gioco e a dare il massimo in tutto quello che faccio, anche a costo di rimanere sommerso dagli impegni e costretto a sacrificare ore importanti di sonno.