Il suo ultimo desiderio: a metà tra spy movie e film d’inchiesta, un film ibrido e confusionario in cui prevale la noia

Netflix porta sulla sua piattaforma di streaming l’adattamento de Il suo ultimo desiderio, romanzo della giornalista e scrittrice Joan Didion, un thriller d’inchiesta che, sulla carta, sembrerebbe avere tutti i requisiti per il successo.

Elena McMahon (Anne Hathaway) è una reporter di guerra che lavora per il Washington Post, ed è una donna determinata ad inseguire la verità ad ogni costo, cercando di dare giustizia ai popoli che si trovano in conflitti civili. Il suo stile di vita, già assai pericoloso, lo diventa ancor di più quando suo padre Richard (Willem Dafoe), losco affarista nel commercio illegale di armi nell’America Centrale, le chiede un grandissimo favore. Ha infatti in ballo un’operazione da un milione di dollari ma le sue precarie condizioni di salute non gli permettono di chiuderla in prima persona, e chiede ad Elena il suo ultimo desiderio, ovvero di farlo al posto suo.

Lei, anche per il bene del padre, accetterà ma ben presto si troverà invischiata in una situazione difficile da gestire, tra complotti, spionaggio politico e traffici come quelli in cui lei stessa è sempre stata dall’altra parte della barricata.

 

Una storia – come detto – apparente avvincente, con una regista come Dee Rees – che si era fatta apprezzare in un altro film Netflix come Mudbound – e un cast che oltre alla protagonista Anne Hathaway può vantare appunto comprimari come Willem Dafoe e Ben Affleck (Treat Morrison).
Ma ciò che funziona su carta non sempre funziona allo stesso modo sullo schermo, e così Il suo ultimo desiderio inizia ad accartocciarsi come un foglio che si scalda, fino a diventare incandescente e sparire, senza lasciare alcuna traccia di sé.

Dee Rees e il co-sceneggiatore Marco Villalobos non riescono a fornirci gli indizi adatti a comprendere e risolvere questo gigantesco rebus, suscitando nello spettatore solamente noia e la frustrazione per due ore perse dietro ad un prodotto che avrebbe potuto esser trattato diversamente e senza dubbio in maniera migliore.

suo ultimo desiderio

I plot-twist, non beneficiando dello spazio dilatato di un romanzo, non si inseriscono nei giusti tempi dei migliori spy movie, rendendo la trama e i suoi sviluppi poco chiari, così come la componente d’inchiesta è spesso convulsa e confusionaria. Il più grande problema de Il suo ultimo desiderio è proprio questo, una natura ibrida che prova ad essere tutto senza poi riuscire ad essere niente, privandoci oltretutto di un personaggio come Dafoe, a cui viene dato uno scarso minutaggio nel quale tuttavia dà il maggior brio al film, e probabilmente una sua maggiore esposizione sullo schermo avrebbe giovato al risultato finale.

Dee Rees prova a raccontarci il romanzo della Didion come stesse tenendo in mano una penna anziché una telecamera, e predilige monologhi e prolisse spiegazioni anziché mostrarci l’azione, ingabbiando persino un’interprete eccezionale come Anne Hathaway in un personaggio le cui crescenti paure e insicurezze sembrano andar di pari passo con quelle dell’attrice, quasi allo sbando nella parte finale del film. Un peccato, considerando il suo talento, di cui peraltro ci dà ampio sfoggio nelle prime battute.

Uno dei passaggi in cui emerge con più chiarezza la confusione generale della regista è quello legato ad una storia d’amore che coinvolge Elena, gettata praticamente in pasto al pubblico in modo inaspettato e senza preavviso, così come per tutti gli altri ingredienti di questa pietanza dal sapore aspro. Tutto Il suo ultimo desiderio è un cambiamento repentino, dalla personalità dei suoi personaggi, alle location, in avvicendarsi di nebulose spiegazioni e dialoghi dei quali spesso si comprende poco.

suo ultimo desiderio

A proposito di location, salviamo quantomeno la scenografia di Inbal Weinberg e la fotografia di Bobby Bukowski, che ci regalano delle attente diapositive anni ’80, ammiccando anche molto, e inevitabilmente, a film e serie sul tema.
Per il resto, facciamo davvero fatica a comprendere il fallimento orchestrato da Dee Rees, e dopo significativi passi avanti per quel che riguarda le produzioni Netflix, Il suo ultimo desiderio va decisamente nella direzione opposta.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.