Uno spaccato sulle rappresentazioni di genere e le minoranze nel panorama indie italiano, dalla tesi di Monica Magnani

l titolo parla per conto proprio, per cui è bene eviscerarlo: l’indie gaming come soggetto è una necessità, perché in continua evoluzione, perché parte dal basso – nasce come frutto di pura passione ed è esente dalle logiche economiche, è un prodotto unico che non si censura ed è estremamente prolifico: nel 2021 sono stati pubblicati su Steam circa 10.000 giochi indie, e alcuni di questi sono stati premiati e molto amati dal pubblico.

Il mio studio si è chiesto se questo soggetto sia inclusivo in Italia come lo è in altri paesi, come si comporta e se è in grado di sfruttare le sue qualità. Peppino Ortoleva ci spiega come i Game Studies abbiano assunto delle italianissime tendenze, e grazie a qualche intervista ho scoperto cosa sta accadendo in questo specifico panorama.

Perché è importante? A livello economico, il videogioco è un mercato stabilmente in crescita (anche in Italia IIDEA registra un +21,9% rispetto al 2019). L’indie game, in questo caso, compone la fetta di sviluppatori e appassionati più sostanziosa, perché appartiene e si fa giocare da tutti, sfrutta piattaforme spesso democratizzanti e si rende disponibile gratis o a un prezzo molto ridotto. Inoltre, senza illustrare in questa sede le difficoltà interne all’industria videoludica, sarà più facile osservare un’inclusività partecipata, reale, realizzata da soggetti coinvolti nelle minoranze che raccontano nel loro stesso gioco – cosa che nei tripla A spesso non accade (o accade male). Quindi l’indie gaming è inclusivo, democratizzante, creativo e pure economico.

Che cos’è l’Indie gaming?

Una definizione diffusa non esiste, per cui non lo sa nessuno ma al contempo lo sanno un po’ tutti. Gli estremi del videogioco indie, come del termine indie in generale, sono nebulosi: anzitutto, indie e indipendente non sono proprio sinonimi. Questo perché Lipkin sostiene come l’indie appartenga a riferimenti culturali molto precisi, e che non si fermi a “tutto ciò che non è mainstream”.

La verità è che l’Indie, specie nel contesto videoludico, contiene tantissime sfaccettature che esulano dall’indipendenza vera e propria: come potremmo categorizzare ad esempio un gioco AA? Gli studiosi Garda e Grabarczyk risolvono la questione parlando di tre tipi di indipendenza, capaci di sovrapporsi o escludersi a vicenda: Indipendenza finanziaria, indipendenza creativa e indipendenza di pubblicazione o distribuzione. Quando un gioco entra in uno, due, o tre di questi parametri, allora può essere definito Indie. Sapevate che Hades (2020), prodotto acclamato dalla critica e fra i più inclusivi degli ultimi anni, è un indie game?

Sì, ma in Italia?

L’obiettivo era scoprire dove si trova l’Italia in questo momento, a pesare dell’apertura culturale verso il videogioco avuta degli ultimi anni e della nascita di diverse case di sviluppo nel territorio: gli sviluppatori italiani sono in condizione di poter creare prodotti creativi, originali, inclusivi e quindi culturalmente educativi? Per scoprirlo, ho intervistato otto sviluppatori indie che rispondessero al seguente campione: dove la differenza fra AA e Indie “puro” rimane al livello di produzione e studi in cui si è lavorato da un anno e mezzo a questa parte, mentre i parametri di genere e appartenenza o meno a minoranze è stata vitale per capire se i prodotti indie riescano a ricoprire il ruolo di artefatti culturali ed educativi che già hanno altrove.

La limitazione all’inserimento di genere binario risiede nel fatto che non ho trovato abbastanza individui non-binary da poter includere: anche questo è un dato di rilievo per le conclusioni finali. Insieme a questo, l’impossibilità di scegliere il ruolo interno allo studio: non ho avuto la possibilità di intervistare programmatori, ad esempio.

Risultati e Conclusioni (spicce)

Dalle interviste emergono delle impressioni abbastanza omogenee per le sezione dedicata alla presentazione del proprio ruolo e della condizione lavorativa: tutti i partecipanti hanno delineato le classiche caratteristiche che distinguono uno studio indie: multi-mansionalità, team ridotti, precarietà. La seconda sezione, dedicata alla percezione dell’indie internazionale e nostrano, ha evidenziato le criticità tipicamente italiane: assenza di un gruppo coeso di sviluppatori (quindi assenza di comunicazione) e quasi totale assenza di fondi disponibili al supporto del settore, così come una cultura del gaming ancora troppo giovane.

La terza sezione, dedicata esclusivamente all’indie gaming italiano e alle sue rappresentazioni, ha mostrato elementi più critici. In primo luogo, gli stessi sviluppatori faticano a trovare esempi di indie game di rilievo, specie se viene richiesto di individuare figure femminili come protagoniste o appartenenti a minoranze. Le risposte più esaustive sono arrivate dai soggetti appartenenti a minoranze e al campione Indie. Per quanto riguarda le discriminazioni nell’ambito videoludico italiano (che si riducono per lo più verso il genere femminile) solo i soggetti maschili appartenenti ad un contesto di semiprofessionali (AA) hanno dichiarato che non vi siano discriminazioni di sorta, mentre gli altri sì.

Questo ci porta a conclusioni non positive: i prodotti italiani che sfruttano la democraticità dell’artefatto indie sono troppo pochi, e anche quando esistono sono poco conosciuti poiché non c’è comunicazione attiva sia fra sviluppatori sia nel contesto del gaming italiano- nonostante capolavori come Wheels of Aurelia (2016), ad esempio. La cultura del gaming in Italia è sia vecchia che troppo giovane, per cui nell’ambito creativo e produttivo fatica ad essere inclusiva: la chiusura del settore rende il settore stesso poco accessibile ai più, e la mancanza di fondi e sostegni continuativi da parte dello Stato contribuisce all’isolamento di un ambito in cui sono presenti professionisti di talento.

Si tratta di un’occasione che ad oggi continuiamo a mancare. I bandi legati al gaming sono pochissimi, privi di risorse sufficienti a soddisfare la domanda di sostegni (che c’è!), e le iniziative a supporto sono poche rispetto al numero di studi presenti sul territorio.
Eppure, i dati testimoniano una prospettiva più rosea di quella attuale: IIDEA prevede un continuo aumento della produzione, assieme a una penetrazione più concreta del gaming nel contesto socioculturale italiano. Sarà forse in futuro che vedremo l’indie gaming prendersi lo spazio che merita?

Articolo a cura di Monica Magnani, laureata al corso magistrale di Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse presso l’Università Cattolica di Milano.

FONTI

2020, Fondo per l’intrattenimento digitale, Ministero dello sviluppo economico, https://www.mise.gov.it/index.php/it/incentivi/impresa/intrattenimento-digitale, ultimo accesso: Ottobre 2021
2021, Quinto censimento game Developer Italiani (2021), IIDEA, https://iideassociation.com/dati/industria.kl, ultimo accesso: Ottobre 2021

Forni, D. 2018, Horizon Zero Dawn: ripensare gli stereotipi di genere attraverso il videogioco, Proceedings of DiGRA 2018 Conference: Women, LGBTQI and Allies, https://digraitalia.files.wordpress.com/2018/07/dalila-forni-horizon- 2018_wlgbtqia.pdf, ultimo accesso: Settembre 2021
Garda, M., B., Grabarczyk, P., 2020, Is Every Indie Game Independent? Towards the Concept of Independent Game, << The international journal of computer game research>>, Vol16;1

Lipkin, N., 2020, Examining Indie’s Independence: The Meaning of “Indie” Games, the Politics of Production, and Mainstream Co-optation, <>, Vol. 7;11, pp. 8-24

Long, K., 2021, The Videogame Industry Still Needs to Reckon With Its Lack of
Diversity, Paste, https://www.pastemagazine.com/games/diversity/games-diversity- progressivism-pride/, ultimo accesso: Ottobre 2021

Tucci, W., 2021, Il Videogioco in Italia: Teorie, metodi e prospettive, AIPH, https://aiph.hypotheses.org/10025, ultimo accesso: Settembre 2021