Dal 15 giugno 2022 Internet Explorer raggiunge il Valhalla dei browser, da cui insegnerà alle valchirie l’importanza della serafica lentezza

internet explorer

i sarà giunta notizia, mentre accedevate alle notizie in rete grazie a qualche altro browser, che Internet Explorer non è più tra noi, ma che è volato in cielo con il virtualmente ancora scaricabile avo Netscape Navigator, e che da lassù insegnerà agli angeli a essere il browser più famoso e meno scaricato di tutti i tempi.

Ne danno il triste annuncio i manager di Windows, già pronti a puntare tutto su una (improbabile – ma mai dire mai) crescita di Microsoft Edge – il browser predefinito da Windows 10 in poi – erede già da tempo battezzato, con una di quelle battute memetiche che hanno sostituito i proverbi nella nostra generazione, il miglior browser per scaricare altri browser.

 
 
 
 
 
Visualizza questo post su Instagram
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Un post condiviso da Iconografie (@iconografiexxi)

Internet Explorer, nato nel 1995, se ne va dopo 27 anni, entrando di diritto nel più esclusivo dei club insieme a Janis Joplin e Kurt Cobain – una coincidenza non da poco, per il browser che ha introdotto la nostra generazione al world wide web. Per me, per esempio, Internet Explorer era passare ore sul defunto pokemon.it, sito non ufficiale del franchise, a scandagliare il pokédex fino a conoscere come amici intimi i 151 pokémon della prima generazione, a studiare con meticolosità le regole del gioco di carte, che restavano però serio oggetto di collezione e scambio, mai di attività ludica.

Internet Explorer – generalizzando a livello generazionale – è stato per noi appena trentenni l’amico con cui cresci dalle elementari alle medie, quello con cui passi i pomeriggi a giocare, con cui fai ricerca per le prime tesine, quello che ti fa conoscere altri amici con cui passare i pomeriggi a scambiare messaggi ed emoticon di cipolline antropomorfe, quello che poi, a un certo punto, inizi a trascurare in favore di nuovi amici più cool, con lo stile più giusto, appena arrivati e quindi intrinsecamente più interessanti. Da un certo momento in poi, forse perché ferite e feriti dalla chiusura improvvisa del luogo digitale in cui si erano consumati amori e amicizie, litigi e riappacificazioni – l’adolescenza intera, in poche parole – abbiamo iniziato a prenderci gioco di Internet Explorer con la ferocia di chi fortemente ha amato, e profondamente è stato ferito.

internet explorer

Il nostro primo vero lutto informatico si consuma nel 2012 con la chiusura di MSN Messenger – lo stesso anno della profetizzata fine del mondo secondo il calendario di Roberto Giacobbo, lo stesso anno in cui, secondo Il Sole 24 ore, l’Italia è il più colpito dei paesi europei dalla crisi economica, con vertiginosi cali di produttività e occupazione. Sono anche gli anni in cui, giovani di belle speranze, ci affacciamo al mondo del lavoro, dell’istruzione di livello superiore – in cui iniziamo a sentirci dire che siamo una generazione di bamboccioni, che siamo troppo choosy. Come Internet Explorer, anche noi cresciamo sentendoci dire che non siamo mai abbastanza, consapevoli di essere, per la macchina del lavoro, uno strumento utile ma da sostituire appena se ne presenta l’occasione – perché infiniti stage costano meno di un’assunzione.

Se è vero che per un software 27 anni sono un’età onorevole per andare in pensione – soprattutto per un browser che non si è mai innovato, dando per scontato che essere di default su un device spingesse gli utenti ad affacciarsi a internet solo dalla sua finestra -, non si può dire lo stesso della nostra generazione, che continua a essere vista da quelli che vengono ormai comunemente definiti boomer come una massa di giovinastri fuori tempo massimo – troppo vecchi ormai per metter su famiglia in maniera rispettabile, per farsi una carriera, per riempire quei vuoti lavorativi occupati da persone con la terza media, per cui adesso viene richiesto un master universitario e un’esperienza di cinque anni. L’obsolescenza programmata pesa IRL su di noi, che ci sentiamo in ritardo sulla tabella di marcia, che nei momenti peggiori ci sentiamo utili proprio come Internet Explorer, dimenticati sul desktop alla fine di un contratto a tempo determinato. Ma forse è proprio questo il motivo per cui abbiamo continuato fino all’ultimo a burlarci bonariamente del browser dei nostri albori su internet; per questo senso di appartenenza, di somiglianza, di affinità, per questo nostro desiderio intrinseco di non sentirci più dire “io alla tua età” da chi è diventato adulto in un momento di ripresa economica e incoscienza ecologica. E allora, con questa nuova consapevolezza, addio Internet Explorer, forse la tua serafica lentezza era un monito che non siamo riusciti a cogliere, ma che ci accompagnerà. Almeno fino al prossimo lutto tecnologico.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.