Impegnato da anni nella lotta alla pedopornografia online, Einar e il suo team hanno portato alla luce migliaia di utenti di materiale illegale in tutto il mondo.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Einar Otto Stangvik, hacker e giornalista investigativo del sito norvegese VG.no, impegnato da anni nella lotta alla pedopornografia online. Dopo il successo del progetto The Downloaders, l’ultimo successo di Einar è stato l’hacking del forum Childs Play, gestito in segreto dalla polizia australiana per quasi un anno. Raggiunto via mail, Einar ci ha parlato dell’etica dietro a queste operazioni e del suo impegno per rendere il web un posto meno oscuro.

Sappiamo che Childs Play non è stato il tuo primo incontro con del materiale pedopornografico online: quando e perché hai deciso di sfruttare le tue abilità informatiche per combattere questo crimine?

Verso la fine del 2012 mi sono reso conto di essere sempre meno soddisfatto del mio lavoro. A partire dal 2001 ho lavorato usando tante tecnologie diverse, linguaggi di programmazione e discipline, ma questo tipo di lavoro mi faceva sentire vuoto. Così ho deciso, semplicemente, di fare qualcosa per cambiare la situazione. Nello stesso periodo mi era capitato di leggere un articolo sull’hacking dell’iCloud di alcune ragazze, che si erano ritrovate con i loro contenuti privati rubati e pubblicati online. Per farla quasi breve, mi sono messo a scrivere un software in grado di monitorare alcuni siti aggregatori di contenuti e di estrarre metadati dal materiale pubblicato. In poco tempo ho trovato un post con un buon numero di coordinate GPS che portavano in Norvegia e un altro post di testo che confermava che le foto erano state rubate. Ho speso due settimane tentando di scoprire quale fosse la fonte, cercando di far cadere in trappola vari hacker per scoprire i loro indirizzi IP, nella speranza che fossero gli stessi del post con le immagini che avevo trovato. Ho continuato a provare a decrittare password di Hotmail per avere la certezza, più o meno, di chi si nascondesse dietro l’indirizzo mail con cui uno degli hacker di iCloud stava comunicando con me. Qualche tempo più tardi, davanti alla documentazione su di lui che avevo raccolto nel frattempo, ha confessato: era un politico norvegese che è stato condannato al carcere per l’hacking dei dispositivi di più di trenta ragazze. Dopo poco tempo ho iniziato a lavorare per VG, in Norvegia, principalmente come data digger e consulente nel campo del giornalismo investigativo.

Con i tuoi colleghi di VG hai poi lavorato a The Downloaders, un esempio di giornalismo investigativo ben fatto, così crudo nell’esposizione del fenomeno della pedopornografia online da richiedere alcune pause durante la lettura. Proprio per questo vogliamo domandarti quale influenze ha avuto questo lavoro su di te ed i tuoi colleghi; come si fa ad affrontare un tale orrore senza restarne schiacciati?

Non posso parlare a nome dei miei colleghi, ma per me è stato un percorso doloroso per molti motivi. Non abbiamo visto nessuna delle immagini o dei video in questione, perché quel gesto sarebbe stato esso stesso un’ulteriore violenza nei confronti delle vittime, ma anche solo leggere i testi che accompagnano i file è stato orrendo. Le descrizioni sono nella maggior parte dei casi orribili, e parlano di torture, sia fisiche che psicologiche. Ancora più sorprendente e problematico è stato scoprire che molti di questi testi rivelano un mondo in cui gli abusatori fanno qualsiasi cosa pur di giustificare le loro azioni e razionalizzare il loro comportamento. È difficile leggere lo stesso utente che prima asserisce di non fare altro che “prendersi cura” dei bambini e poi implora per avere fotografie di un un bambino violentemente stuprato. Non credo che tutti i pedofili si comportino così, ma è difficile liberarsi dall’impressione che molte di queste persone abbiano personalità così in conflitto tra di loro, che una parte di loro capisca quanto sia sbagliato quello che fanno, da dover creare elaborate bugie a cui credere in prima persona, per andare avanti giorno per giorno.

Dopo The Downloaders ho avuto l’aiuto di un esperto di terapia del trauma, che mi ha aiutato ad affrontare alcuni pensieri che hanno iniziato a tormentarmi dopo il progetto. Non nel senso che mi ritrovavo a pensare “oh, povero me”, ma perché avevo un serio problema con la sensazione di non aver aiutato nessuno per davvero, nonostante avessi ricevuto sentiti ringraziamenti per i miei sforzi da parte delle vittime di abusatori. Ancora oggi credo che quei ringraziamenti siano così immeritati da mandarmi quasi in pezzi.

Molti degli uomini che avete intervistato per The Downloaders sembrano quasi all’oscuro del crimine che hanno commesso e, anzi, ci tengono ad affermare che non farebbero mai del male a un bambino, nella vita vera. Credi che sia possibile un così grande divario tra le fantasie e la vera vita sessuale di una persona?

Non penso che si possa essere categorici su questo argomento. Può una persona passare l’intera vita a cercare materiale pedopornografico, e trarne piacere sessuale, senza sentire mai la tentazione di praticare abusi? Probabilmente sì. Credo che soddisfare qualsiasi tipo di dipendenza (che sia normale pornografia o materiale pedofilo) sia il modo migliore per tenerla sotto controllo? No. La domanda, immagino, è in quale misura i conflitti (ma anche i tormenti, che molti pedofili subiscono) di queste persone possono essere gestiti da loro stessi, quanto essi siano in grado di affrontare la loro situazione, “curandosi” da soli con immagini di abusi. Se dovessi dare una risposta, direi che idealmente queste persone dovrebbero trovare dei gruppi di supporto con personale specializzato in grado di aiutarli senza giudicarli, che a fare quello ci pensa già ampiamente la società. Questa potrebbe essere il migliore e più sicuro percorso da seguire, sia per i pedofili che per le persone attorno a loro.

Sappiamo che la polizia australiana è riuscita ad entrare nel forum Childs Play e guadagnare la fiducia degli utenti al prezzo di condividere in prima persona contenuti di abuso sessuale. In casi come questi agire sotto copertura è l’unica scelta o il tuo lavoro può essere considerato la prova che agire in maniera più etica è possibile?

Questa è un’altra domanda difficile, la cui risposta breve è “no, non credo che questa sia l’unica soluzione per procedere nell’investigazione”. Ci sono sempre altre opzioni, sia per quanto riguarda la durata dell’operazione che per quanto riguarda quanto lontano si vuole spingere la farsa (per come può essere percepita dagli altri utenti del forum). Mettiamo che abbiano postato immagini pedopornografiche per tenerla in piedi: servivano davvero quattro immagini? Poteva bastarne una soltanto? E i gruppi di sostegno alle vittime avrebbero dovuto essere contattati prima di pubblicare l’immagine di quella particolare persona? Ci sono metodi per aumentare l’efficacia delle operazioni, di modo che il sito debba essere monitorato per un solo mese, anziché undici? Da una prospettiva tecnologica, è chiaro che sia orribilmente difficile investigare questi utenti, ma questo problema resta anche quando la polizia ha il controllo del sito. Ci sono molte questioni irrisolte, per esempio se non ci si dovrebbe concentrare sull’infiltrarsi nei siti, anziché amministrarli in prima persona.

In ultima istanza, in relazione a questo punto, quello che chiedo da tempo, e ho continuato a chiedere negli ultimi mesi è la presenza di un controllo internazionale indipendente dalle forze dell’ordine e, possibilmente, anche da ogni singolo governo, che possa esaminare accuratamente il metodo con cui queste operazioni internazionali vengono portate avanti, così da assicurare l’applicazione di un codice etico che non si applichi solo alla singola unità esecutiva di un’operazione, in modo da assicurare che tutto sia gestito nella maniera più efficace e competente possibile. Non chiedo neanche che i risultati di tale disamina siano resi pubblici, solo che sia effettuata.

Con il vostro lavoro siete stati in grado di identificare l’indirizzo e-mail di 95.000 utenti di tutto il mondo che hanno scaricato materiale pedopornografico. La minaccia di divulgazione di questi dati non dovrebbe essere qualcosa di profondamente spaventoso per gli utenti coinvolti?

Beh, no. Abbiamo rintracciato 95.000 indirizzi IP di scaricatori di pedopornografia, abbiamo trovato indirizzi e-mail e altro di molti di questi, ma i nostri sforzi si sono concentrati su quei 70 che si trovavano in Norvegia, tra cui i 10 con i quali abbiamo parlato. Dopo di che abbiamo cancellato il resto delle identificazioni, e anche se è possibile risalire di nuovo alle identità dai dati grezzi, questo non rientra nei limiti del nostro mandato giornalistico. Non siamo poliziotti, non rappresentiamo le forze dell’ordine, non accusiamo o condanniamo nessuno. Noi facciamo luce sui problemi e informiamo il pubblico, possiamo mettere pressione ai politici o a altre forze ufficiali, ma non possiamo fare indagini su singoli individui con lo scopo di consegnarli alla giustizia.

Finora vi siete occupati dei consumatori finali di pedopornografia, ma avete mai provato a raggiungere i produttori di contenuti?

Il progetto che ha fatto chiarezza su Childs Play ha proprio quello come obiettivo finale, il nostro lavoro su questo tema non è finito e andremo avanti ancora per molto.

Possiamo considerare il deep web un ambiente separato dalla normale rete? E quanto è vera l’affermazione che su internet puoi trovare qualsiasi cosa, se sai dove cercare?

Il deep web e la rete normale fanno parte dello stesso ambiente, laddove per “deep” si considera, fondamentalmente, tutto quello che non può essere raggiunto per mezzo dei motori di ricerca. Tuttavia, il dark web è semi-separato dal normale internet. Vi si può trovare di tutto? Sicuramente vi si può trovare molto e suppongo dipenda da quanto sia motivata la persona che sta cercando.

Quale credi che sia il ruolo degli hacker nell’era della post-verità?

Nei vecchi tempi, gli hacker erano curiosi, alla ricerca di soluzioni, riparatori piuttosto che distruttori. In questo momento più che mai abbiamo bisogno di persone in possesso di queste qualità.

Cosa ne pensi del data mining? Quanto sono al sicuro le nostre informazioni online?

Meno al sicuro di quanto la maggior parte di noi voglia immaginare e, a mio avviso, in grado di danneggiarci sulla lunga distanza. Faremmo meglio a minimizzare le tracce che lasciamo online, stando attenti a quello che condividiamo, e con chi.

La rivista W Magazine ha recentemente nominato l’attrice tredicenne Millie Bobby Brown “una delle più sexy stelle della TV”. Quanto può essere pericoloso sessualizzare così i giovani? Può una simile tendenza influenzare il mercato della pedopornografia?

Disapprovo molto questa tendenza. Ai bambini dovrebbe essere permesso di fare i bambini, non di essere trascinati dagli adulti nel loro mondo per soddisfare le loro (fallite) ambizioni da adulti e compagnia bella.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.