Possa il tuo cuore essere la tua chiave guida

Non ci si deve stupire se Kingdom Hearts 3 ha assunto, in un passato neanche troppo lontano, i contorni indistinti di un autentico vaporware. Non deve stupire perché non fosse per le notizie arrivate negli ultimi dodici mesi (o poco più), di KH3 non si conoscerebbe nulla, salvo la spasmodica attesa che attanaglia i suoi fan più o meno da sempre. Si può apprezzare (come no) l’esorbitante numero di spin-off rilasciati per questa saga in virtù dell’agognato terzo episodio, ma la verità è che molti non saranno riusciti a seguirli adeguatamente, complice non tanto la mancanza di interesse ma i limiti imposti da uscite sempre più sparpagliate su questa o quella console portatile. Proprio per questo, da un po’ di tempo a questa parte, Square Enix ha deciso di ripubblicare tutti gli episodi della serie, originariamente su PlayStation 3, e a breve anche su PlayStation 4, permettendo così ai fan di avere una visione completa (e cronologicamente corretta) di quella che è la complessa trama del gioco, che –purtroppo, diremmo– ha reso certi passaggi negli episodi portatili a dir poco fondamentali per la sua comprensione. Kingdom Hearts HD 2.8 Final Chapter Prologue è semplicemente l’ultimo figlio di questa politica, e raccoglie in sé quelli che sono gli eventi che di poco precedono i fatti che accadranno nel terzo capitolo. Quelli, ossia, narrati in Kingdom Hearts: Dream Drop Distance (episodio ad oggi in esclusiva per 3DS) e quelli collaterali di Kingdom Hearts χ (lettera greca “chi”), browser game recentemente arrivato su cellulari che, inaspettatamente, si è dimostrato ben più importante in termini narrativi di quanto ci si immaginasse, e qui presente con una sorta di lungometraggio della durata approssimativa di un’oretta.

Questi sono i racconti che fanno da prequel/corollario alla vicenda, ma la verità è che di questa roba potrebbe fregarvi molto poco perché il fiore all’occhiello del pacchetto è il breve(issimo) capitolo chiamato Kingdom Hearts 0.2 Birth by Sleep -A fragmentary passage-. Sequel degli eventi del bellissimo Birth By Sleep (PSP) e, di fatto, vero e proprio anello di congiunzione con il primo, indimenticabile capitolo. La domanda, a fronte di questa politica è: varrà la pena acquistare il pacchetto?

Sogni e cadute

Arrivato su Nintendo 3DS nell’ormai lontano 2012, Kingdom Hearts: Dream Drop Distance è un capitolo interessante, che gode di gran parte delle caratteristiche dei titoli “maggiori” e che per nulla snatura l’essenza della saga, pur aggiungendovi alcune interazioni praticamente assenti da qualunque altro. Ma si tratta di un gioco portatile, nato su di una console particolarmente famosa per la sua capacità di intrattenere con partite veloci, quasi mordi e fuggi, e pertanto non deve meravigliare che l’intero titolo sia stato disegnato proprio su questo concetto di portatilità. La storia è quella di Sora e Riku dopo gli eventi di tutti i precedenti capitoli. In tal senso DDD è praticamente l’ultimo pezzetto di storia da giocare (in ordine cronologico) prima di avventurarsi in quello che sarà KH3. I due prescelti del Keyblade, ormai più che a loro agio nei loro rispettivi ruoli, sono messi alla prova dal grande mago Yen Sid, con lo scopo di conferire ai due l’altisonante titolo di “Maestro del Keyblade”, come successe anni prima agli sfortunati Terra, Aqua e Ventus. Sulla carta ci sarebbero quanto meno le premesse per un viaggio affascinante e avvincente, ma la verità è che KH: DDD non ha il carisma e il mordente dei capitoli più grandi e, a dirla tutta, non se la gioca alla pari neanche con un altro eccellente esponente portatile, lo stra-amato Birth By Sleep.

I motivi sono da ricercare in una narrazione molto diluita, ad uso e consumo di un’utenza che originariamente avrebbe dovuto godere dell’avventura con lo spirito “portatile” per cui è nata. La verità è che all’epoca il titolo comunque non riusciva a brillare in termini di narrativa e la situazione si è quanto mai aggravata con il passaggio ad una console casalinga dove, ovviamente, le sessioni di gioco sono più lunghe ed intense. Il plot è caotico, ingarbugliato, se possibile anche peggio di qualunque altro capitolo della serie (compreso il non proprio memorabile 358/2 Days), risultando spesso stantio e noioso, ed afflitto da numerosi giri di parole che neanche il cast sembra riuscire a scongiurare. E dire che di personaggi memorabili ce ne sono, dai classici intramontabili del mondo animato Disney, come Pinocchio o il Gobbo di Notre Dame, sino ai più improbabili personaggi di Tron e quelli del bellissimo The World Ends With You (sfortunato titolo ad opera dello stesso Nomura, oggi giustamente considerato una perla del parco titoli Nintendo DS). Eppure sono pochissimi i momenti memorabili raccontati da questo episodio, e quello che rende “imperdibile” questo controverso capitolo portatile sono semplicemente le sue battute finali. In queste i nodi vengono al pettine e la trama si va a riunire con quello che è il canone imposto dalla serie principale e numerata.

Anche il gameplay, come immaginerete, nasce con lo scopo di intrattenere un’utenza portatile, con tutto ciò che ne consegue in termini di fruizione. Di base siamo davanti ad un capitolo quanto mai tipico della serie, con un sistema di combattimento in grossa parte ereditato da Kingdom Hearts 2, con tanto di frequenti esagerazioni verticali. Poche sono in realtà le introduzioni, anche se tutte si incastrano in modo decisivo nelle meccaniche di gioco… purtroppo mai nel modo corretto. Il primo e fondamentale scoglio è l’apposito parametro introdotto con questo capitolo, ossia quello relativo alla “caduta”. Detta in soldoni: avrete per le mani due personaggi narcolettici (no, sul serio) che potranno essere usati solo per un determinato intervallo di tempo. Questo momentum è stabilito dall’apposito indicatore-caduta, una barra posta nell’angolo in basso a destra dello schermo che indicherà il momento in cui il vostro beniamino si addormenterà, passando automaticamente la palla all’altro personaggio, Sora o Riku che sia, ovunque esso sia. Del perché i due siano sempre sull’orlo di una pennica non possiamo dirvi nulla senza spoilerare, quel che ci interessa analizzare è la meccanica in sé. La barra della caduta rispondeva, forse, ad un’esigenza originale: quella di creare sessioni di gioco fugaci, adattissime ad una console da tenere in tasca per una partita veloce. Purtroppo, però, questo sistema su home console finisce per diventare un indicatore della vostra frustrazione, visto che non smetterà mai di scendere finendo, neanche troppo di rado, per spezzare un’azione particolarmente avvincente come una boss fight o il raggiungimento di un segreto a lungo agognato sulla mappa. A onor del vero, il sistema è stato pesantemente rivisto in virtù della versione console, riducendo al minimo l’incedere verso il basso dell’indicatore e introducendo delle apposite “bolle” che, similmente a quelle che si raccolgono da sempre per MP ed HP, aiutano a guadagnare qualche secondo in più, ma è evidente che la meccanica semplicemente non funziona, e mettere un timer simile in un titolo che vorrebbe invece essere esplorato da cima a fondo, finisce per essere un limite tedioso.

Sempre in tema novità, stavolta un po’ più gradevoli, il titolo introduce una nuova categoria di Heartless, i cosiddetti “Divorasogni”. Essi si dividono in due categorie, quelli malvagi da sconfiggere, chiamati Incubi, e quelli buoni che ci daranno supporto, chiamati Spiriti, Fondamentalmente identici se non nella colorazione. I Divorasogni sono, secondo chi vi scrive, forse i più brutti nemici apparsi nella serie, lontanissimi dagli stilosi e iconici Heartless neri, e se possibile anche meno gradevoli dei più lattiginosi Nessuno. I Divorasogni sono volutamente pucciosi e kawaii, più adatti al merchandising sotto forma di peluche che ad altro. Il perché vi sarà chiaro presto: se la prima categoria sarà il principale obiettivo della nostra ira bellica, la seconda farà invece le veci dei nostri 2 compagni di squadra assenti (esatto gente, niente Pippo e Paperino!). Gli Spiriti sono nulla più che creaturine volutamente simil-pokémon, che andranno collezionate e coccolate, andando ad infarcire il gioco di un’apposita sezione gestionale. Gli Spiriti non possono essere catturati, ma vanno creati per mezzo delle ricette da reperire nel gioco, e di appositi ingredienti lasciati sul campo dai nemici sconfitti. Una volta create, queste creaturine avranno bisogno di cure, andranno fatte giocare e andranno livellate con tanto di albero abilità, per essere rese sempre più utili ed efficienti e, soprattutto, per far sì che il nostro legame con loro sia il più alto possibile così da poterle utilizzare al meglio in battaglia. Al di là di ogni altro commento sul design di questi mostriciattoli, va detto che il gioco offre un’ottima varietà di Spiriti e permette persino di crearli senza l’uso delle ricette, semplicemente assemblando insieme le risorse che si hanno per vedere cosa ne esca fuori. Il sistema, in linea di massima, funziona piuttosto bene, anche se gli Spiriti, neanche troppo a sorpresa, non godono dello stesso carisma dei beniamini Disney che normalmente ci hanno accompagnato nei nostri viaggi verso il Kingdom Hearts, sopperendo malissimo alla loro assenza nel party.

In ogni caso, il vero problema non è tanto nei Divorasogni o nel fatto che non vi siano personaggi Disney nella nostra squadra, quanto nella sua coesione tra questa introduzione e il gioco in sé. Spieghiamoci meglio: DDD è un gioco lento, sin troppo blando nel trasporto che può offrire al giocatore medio che non sia uber-fan della serie. Il sistema di farming, in tal senso, nella sua completezza e versatilità, talvolta appesantisce e rallenta quella che di per sé già non è un’avventura scattante e particolarmente avvincente. A questo punto si crea uno spartiacque tra chi è appassionato ai titoli dalla forte componente gestionale e chi preferirebbe invece un capitolo più asciutto e diretto come KH2 o il già citato Bith By Sleep. Appartenere all’uno o all’altro versante della schiera “jrpgistica” potrebbe decretare il piacere (o meno) nel completare il titolo. Ci troviamo dinanzi allo stesso dubbio che qualcuno di voi potrebbe aver vissuto nei confronti di un gioco concettualmente simile, quel Ni No Kuni così complesso e meraviglioso per taluni quanto lento e demotivante per altri. “Afflitto” allo stesso modo di una componente gestionale di creaturine che potrebbe avervi avvinghiato come no.

Dal punto di vista tecnico un plauso va sicuramente fatto a Square Enix. Kingdom Hearts: Dream Drop Distance è veramente godibile in termini di resa visiva. La rimasterizzazione ha una fattura pregevole, ancora più piacevole se si pensa che parliamo di un titolo non solo datato, ma anche uscito su di una console portatile. I modelli sono eccellenti ed il loro stile notoriamente cartoon maschera quelli che sono i limiti imposti dall’hardware originale. Siamo ovviamente lontanissimi da quello che vedremo in KH3, ma comunque parliamo di una rimasterizzazione con tutti i crismi, sia in termini estetici che tecnici, con un framerate che non mostra mai il fianco a incertezze e con una buona rimappatura dei controlli ad uso e consumo del nuovo dualshock, da cui il gioco beneficia non poco specie grazie alla presenza del secondo stick analogico. Non da dimenticare, poi, la preziosa aggiunta della lingua italiana per sottotitoli e menù, la qual cosa non era presente nella versione originale del gioco, tanto da aver certamente scoraggiato il più dei fan o per lo meno quelli non a loro agio con la lingua inglese.

Un passaggio…

Ma se siamo qui è perché siamo curiosi non tanto di guardare al passato ma al futuro. Sia in termini tecnici che narrativi. E qui entrano in campo sia il nuovo ed inedito capitolo con protagonista Aqua, sia, a sorpresa, il già citato lungometraggio basato su Kingdom Hearts χ, chiamato Back Cover. Questi altro non è che un insieme di cutscene (in verità montato piuttosto bene) e realizzato con l’Unreal Engine 4, che è poi lo stesso motore che animerà il futuro terzo capitolo. La qualità è pregevole e la storia indaga su quello che è il passato dei misteriosi “Veggenti”, delle figure inedite introdotte proprio con il capitolo giocabile su cellulari. Senza rivelarvi nulla, Back Cover vi trasporterà in un viaggio nel passato della serie, quello ancestrale e per certi versi mitico, ben prima che gli universi finissero vittima delle Guerre dei Keyblade. La storia, dunque, va a riprendere le fila costruite ben prima delle origini videoludiche, mostrando quelli che sono stralci di vita di alcuni maestri del Keyblade, chiamati a sostenere il peso di quella che è una minaccia non del tutto chiara ai loro occhi, ma comunque percepibile. Back Cover è un ottimo momento della storia di Kingdom Hearts. I suoi risvolti sono interessanti, ed il fatto che sia stato incluso in questa particolarissima edizione lascia intendere che le sue trame siano in qualche modo connesse a Kingdom Hearts 3.

Quel che comunque ci piace è la qualità tecnica eccezionale anche se, come già successo per opere simili su disco, il lungometraggio soffre di una serie di difetti – o se vogliamo “distrazioni” – dal punto di vista tecnico, tali da minarne la fruizione e la qualità. Pur essendo a tutti gli effetti un contenuto audiovisivo, Back Cover non gode di alcuna funzione utile alla sua visione, se non la pausa. Non c’è la possibilità di andare avanti e persino il selettore di scene sarà presente solo a film finito, impedendovi di spezzettarne la visione per qualunque motivo plausibile. Una scelta raffazzonata e senza senso, che mina un purtroppo un prodotto che avrebbe comunque la sua da dire, ma che è qui trattato alla stregua di un contenuto extra del più infimo DVD.

…un frammento

E veniamo ora al capitolo A Fragmentary Passage, di fatto prequel di Kingdom Hearts 3 e sequel dell’episodio per PSP, Birth By Sleep. Si tratta certamente dell’offerta più bella e attesa dell’intero pacchetto, vera e propria demo estesa di quello che sarà il futuro di Kingdom Hearts. Indossati i panni di Aqua, in quello che è il periodo trascorso nel Regno dell’Oscurità, ci avventureremo con lei alla ricerca dei suoi compagni, Terra e Ventus. Il primo smarritosi nel buio che ne ha divorato il cuore, il secondo persosi nell’essenza, ma non nel corpo.

Si tratta di un’avventura breve, della durata approssimativa di 3 ore, ma durante la quale potremo passare un momento di profonda vicinanza con il personaggio di Aqua, ormai in dubbio tanto sulla riuscita della propria missione quanto sulle sue stesse capacità. A Fragmentary Passage è, senza mezze misure, quanto di meglio abbia tirato fuori il brand da diverso tempo a questa parte, fondendo in sé momenti delicati, tristi e altri che fungono, con un eccezionale lavoro di retcon, da gioioso anello di congiunzione tra passato e presente. Data la durata dell’avventura è davvero difficile dirvi di più ma vi basti sapere che il breve viaggio di Aqua lascerà profondamente il segno, complice non solo il delicato lavoro di narrazione (e sceneggiatura) ma anche l’eccellente lavoro tecnico che fa ben sperare sul futuro della serie.

A Fragmentary Passage è tecnicamente eccelso. Non c’è altro modo di dirlo. Il titolo è sorretto dall’Unreal Engine 4 ed è costruito su di esso con maestria. I modelli sono dettagliatissimi e puliti, il gioco è velocissimo e colorato, e letteralmente esplode in effetti luminosi e particellari come raramente se ne sono visti in titoli made in Square Enix. Un lavoro bellissimo ed evocativo, che non può che accentuare l’emozione e l’attesa verso il terzo capitolo. Lo smacco è quello di un’esperienza che per quanto autoconclusiva (anzi, per una volta un episodio di Kingdom Hearts non lascia nulla in sospeso… è quasi un piccolo miracolo) è sin troppo breve e frastagliata. Comprensiva persino di un paio di boss fight, A Fragmentary Passage finisce semplicemente troppo presto, tanto che non si fa in tempo a leccarsi i baffi, a godere e scoprire il sistema di combattimento che essa arriva al game over rispedendoci nell’oscurità. Si tratta ovviamente di una scelta voluta, di un antipasto, ma il pensiero dell’acquisto di una collection per circa 3 ore di gioco (3 ore veramente tiratissime, con tanto di qualche scampagnata in cerca di collezionabili ed un po’ di combattimenti per fare level up) è comunque frustrante e, alla fine della fiera, ci si sente forse un po’ presi in giro.

Un peccato, perché Aqua letteralmente vi stregherà. La sua frenesia, la velocità degli scontri, conditi dalla sua grazia nei movimenti, vi cattureranno al primo colpo di keyblade. Il sistema di combattimento, su tutti, è quanto di più bello ed equilibrato abbia offerto la serie, con il giusto mix tra l’azione classicamente imposta dai primi due capitoli, ed un accorgimento per delle novità che, pur snellendo e rifinendo il combat system, non ne azzoppano la profondità. Un esempio sono gli MP, ora su di una barra che si caricherà automaticamente nel corso dello scontro una volta che questa sarà esaurita. Sembrerebbe una semplificazione, ma in realtà il sistema si auto-bilancia perfettamente sia per il costo degli incantesimi (che non possono essere mai e poi mai spammati a iosa) sia per l’immancabile debuff che vi costringerà spesso a ritirare per sopravvivere. La frenesia non viene così punita ed il gioco resta godibile e strategicamente valido, con tutti quelli che sono i limiti di un sistema fortemente action, ma saldamente ancorato al genere ruolistico. Anche il nuovo sistema di finishing moves lavora in tal senso. Incastrare combo riempie ora un nuovo indicatore a scomparsa, presente sul tipico box dei comandi. Al suo riempimento, e conseguentemente allo stile di gioco (attacco fisico o magie), esso presenterà una finishing move diversa da attivare con triangolo o, talvolta, addirittura due da attivare in sequenza. Più si attacca e meno si è colpiti, maggiore è la possibilità che l’indicatore si carichi prima, permettendoci di chiudere uno scontro in poco tempo.

Non mancano comunque problemi. Qui come anche nella riedizione di Dream Drop Distance, Square Enix non è riuscita a regalarci una telecamera capace di seguire l’azione come si deve. Proprio la camera è da sempre un tallone d’Achille per la serie, e spiace un po’ constatare che il team non sia a suo agio né con un titolo della vecchia generazione, né con uno nuovo. In entrambi i giochi la telecamera si incastra, tentenna, a volte non riesce a inquadrare i nemici per problemi di distanza (soprattutto in verticale). Se con DDD il problema è minore, e lo è per i limiti imposti dallo stesso gameplay in termini di velocità di movimento e attacco, con A Fragmentary Passage la cosa è spesso frustrante, perché Aqua è talvolta così veloce (e di pari passo certi nemici) da mettere in difficoltà l’inquadratura… e noi con essa. In franchezza, questo è un difetto che ci auguriamo proprio di non ritrovare in KH3, ma che sappiamo già ci sarà, visto che questo problema, come detto, ha accompagnato l’intera serie su ogni sua incarnazione e, anzi, è andato peggiorando di pari passo con l’aumentare della velocità a schermo.

Verdetto

Facciamo un piccolo riepilogo finale: avendo chiuso questo pezzo con l’osanna di A Fragmentary Passage, starete certamente pensando che il voto è troppo basso, che non va bene, che Kingdom Hearts HD 2.8 Final Chapter Prologue è bellissimo e va comprato. Ma siamo seri per un attimo, questo è un pacchetto controverso e tutt’altro che consigliabile. Quel che offre è infatti dimenticabile, fatta eccezione per lo straordinario assaggio di futuro offerto dal solo capitolo A Fragmentary Passage. Un assaggio comunque troppo breve, e che non vale il prezzo pieno che troverete in negozio. Per quanto riguarda Dream Drop Distance, è stato, ed è tutt’oggi, un capitolo dimenticabile, le cui implicazioni narrative (per quanto importanti) possono essere riassunte in un paio di righe di testo e poco più. Certo, c’è un lavoro di rimasterizzazione ottimo, ma a fronte di un gameplay e di una trama tutt’altro che esaltanti e mal adattatisi alla loro nuova natura casalinga. Anche il lungometraggio tratto dalla trama di Kingdom Hearts χ è sì tecnicamente apprezzabile, ma tutto sommato soprassedibile, andando ad aggiungere sottotrame e altarini ad una storia che ormai è lo stato dell’arte della confusione, senza affatto migliorare la situazione. Insomma, se non fosse per A Fragmentary Passage, questa edizione sarebbe da lasciare sugli scaffali a prendere la polvere. L’acquisto va dunque soppesato insieme al vostro trasporto per la serie e premettendo che esso è inutile se non avete giocato altro che i due capitoli numerati. Perché, a digiuno di tutto il resto, semplicemente non capireste nulla, e questa uscita non farebbe che confondervi le idee. Ma anche qualora proprio non poteste farne a meno, lasciate che vi si consigli di acquistarlo in tempi migliori, cioè quando sarà disponibile a prezzo budget o, perché no, qualora il solo A Fragmentary Passage si renda disponibile come stand alone in versione digitale. Non che ci siano annunci al riguardo, ma possibile che l’idea non frulli in testa a nessuno nel periodo che precederà l’uscita di KH3?