Uno, nessuno e topomila

Novanta. Un bel numero tondo tondo che richiama alla mente umana tantissime cose, tipo “la paura fa novanta”, espressione famosa per esprimere i livelli di fifa in una determina situazione, oppure “novanta gradi”, che non indica la temperatura bensì l’angolo retto che tutti noi abbiamo studiato (e odiato) almeno una volta nella vita sui banchi di scuola. Inoltre, novanta sono anche i minuti di un partita di calcio, i numeri della tombola e del lotto, novanta è pure il numero atomico del Torio e perfino l’età della vostra arzilla nonna che vi rimpinza ad ogni cena di Natale.

Il 18 novembre del 2018, novanta sono pure le candeline che soffia sulla sua torta una delle icone della cultura mondiale. Si tratta di Mickey Mouse (anche noto in Italia come Topolino), il “topo” di Walt Disney, che ha fatto il suo esordio ufficiale il 18 novembre 1928 nell’ormai leggendario cortometraggio Steamboat Willie.

Per commemorare l’evento, abbiamo deciso di mettere insieme le apparizioni cinematografiche che ne hanno segnato l’evoluzione in nove decenni d’indiscussa carriera. Infatti Topolino nasce come personaggio per il cinema nonostante il successo ottenuto in altri medium (come la televisione, il fumetto e i videogiochi) e, per molto tempo, appare esclusivamente sul grande schermo, in cui si è imposto come un mito riconosciuto in tutto il globo.

topolino

I primi anni

Come abbiamo detto, l’esordio ufficiale del Topo è datato 18 novembre 1928, quando Steamboat Willie venne proiettato in bianco e nero al Colony Theatre di New York. Tuttavia non è stata quella la sua vera “nascita”. Infatti, fu creato il 16 gennaio di quello stesso anno da Disney e dal grande animatore Ub Iwerks per comparire in ben due cortometraggi prima di Steamboat: “L’aereo impazzito” e “Topolino gaucho”, che però furono presentati al grande pubblico solo nel 1929 e diedero vita alla serie di corti chiamata “Mickey Mouse”, destinata ad occupare le sale per decenni. In questi due lavori venne sviluppato il design originale di Mickey e ideato tutto il cast principale (come Gambadilegno e Minnie), a cui di lì a pochi anni si aggiunsero anche Pluto, Pippo, Orazio, Clarabella e Paperino. Il successo di questo nuovo personaggio fu dirompente, tant’è che ebbe perfino un cameo animato nel film La grande festa del 1934 con Stan Laurel e Oliver Hardy e Disney ricevette un Oscar “retroattivo” per la sua creazione nel 1932.

L’arrivo del colore

A proposito di svolte importanti, l’anno 1932 è anche quello che vede l’approdo del colore nelle animazioni Disney con Fiori e Alberi, un musical animato che ha dato vita ad un importante precedente nella storia del cinema. L’ipotesi di dare il “full color” alla sua mascotte non poteva non stuzzicare Walt, che porta Mickey ad abbandonare il suo fedele bianco e nero per abbracciare l’arcobaleno in poco tempo. Questa idea si concretizzò in un breve filmato dal titolo Parata, mostrato alla cerimonia degli Oscar nel 1933, che vedeva il Nostro presentare l’evento in pompa magna. Ma la vera svolta avvenne con Fanfara (The band concert) storico cartone dove Topolino dirigeva un’orchestra composta da tutti i suoi amici (anche loro per la prima volta a colori), travolta da un’improvvisa tempesta. Tutti lo abbiamo visto almeno una volta nella vita e qui Mickey non solo si trova nella sua nuova veste in technicolor, ma indossa perfino una divisa da direttore d’orchestra. La fama di questo corto è tale che ai tempi Arturo Toscanini (non uno qualsiasi) invitò Disney a casa sua per complimentarsi di persona.

Pantaloni rossi e scarpe gialle

La conversione al full color porta anche un restyling del suo classico design, almeno sul piano visivo. Se infatti Topolino non abbandona il consueto guardaroba, il superamento del bianco e nero lo convince, diciamo, ad aggiornarlo. Ecco dunque venire fuori un altro dei tipici aspetti di Mickey, diventato immortale in altre pietre miliari dell’animazione del periodo, come l’indimenticabile La roulotte di Topolino del 1938. Altro cult assoluto, questo corto si è guadagnato una notorietà tale da venire trasmesso per molto tempo in televisione e ha marchiato a fuoco l’immaginario di intere generazioni di bambini (tra cui quella del sottoscritto n.d.r.). “Si va in gita in montagna, trulalà! Si va in gita in montagna, trulalà!”

L’Apprendista Stregone

Gli anni ’40 sono degli anni interlocutori. Il passaggio al colore ne ha consacrato il mito, ma all’inizio del decennio la popolarità di Mickey è in calo. Non a caso, Disney progetta un ritorno in grande stile per il suo figlio prediletto dopo aver dedicato titanici sforzi alla realizzazione dei primi Classici Disney, ovvero Biancaneve e i Sette Nani e Pinocchio.
Il prodotto di questo periodo è Fantasia che, nonostante un esordio difficile (siamo in piena Seconda Guerra Mondiale e l’economia ristagna), rilancia la figura di Topolino portandolo ad indossare uno dei suoi più celebri costumi di sempre: quello dell’Apprendista Stregone.

L’ultimo Mickey di Walt

Il decennio successivo vede la fama di Topolino diminuire, tant’è che vengono prodotti pochissimi corti e lo studio Disney si lancia verso nuovi progetti, forgiando le basi di quell’impero multimediale che oggi controlla una buona fetta del mercato dell’intrattenimento. Tuttavia non mancano i tentativi di aggiornare Mickey al gusto moderno. Un’ottima prova di questo è “Topolino a pesca”, cartone del 1953 che di fatto chiude un’epoca, essendo stato non solo l’ultimo della serie cinematografica Mickey Mouse ma anche l’ultimo su cui Walt Disney abbia lavorato prima della sua scomparsa.

Canto di Natale

Passano ben 30 anni senza un nuovo corto della serie Mickey Mouse, fino a quando nel 1983 non esce Il canto di Natale di Topolino, adattamento dell’arcinoto racconto di Charles Dickens in salsa Disney. Inutile parlarne: tutti lo abbiamo visto almeno una volta e ogni anno viene riproposto la sera del 24 dicembre, a testimoniare come questa pellicola sia diventata un classico natalizio almeno quanto lo stesso classico a cui è ispirata. Qui troviamo Topolino interpretare Bob Cratchit, il maltrattato dipendente agli ordini di Ebenezer Scrooge (messo in scena ovviamente da Paperon de’ Paperoni) con un’ideale costume ottocentesco.

Il principe Topolino

Negli anni ’80 Topolino fa solo delle fugaci apparizioni in altri film, come in Chi ha incastrato Roger Rabbit di Robert Zemeckis e nella Sirenetta. Qui il suo design rimane sostanzialmente invariato, per poi cambiare drasticamente in una nuova uscita datata 1990: Il principe e il povero. Altro adattamento di un cult assoluto, il romanzo di Mark Twain, dove il nostro appare in versione doppia con degli abbigliamenti medievali perfettamente in tema con l’ambiente.

Il grande ritorno

Negli anni ’90 e duemila, Mickey fa delle saltuarie comparsate al cinema (una dimenticabile nel film Il cervello in fuga del 1995), mentre continua a far parlare di sè soprattutto in televisione con la serie The House of Mouse. Per vederlo ancora una volta sul grande schermo dobbiamo aspettare il 2013 con Tutti in scena!, cortometraggio che riprende finalmente la serie Mickey Mouse, in maniera eccellente. Uscito in antemprima al Festival International du Film d’Animation d’Annecy, ha accompagnato durante tutta l’uscita il mattatore al botteghino di quell’anno: Frozen. Tuttavia, ha avuto un’invidibiale fortuna anche in solitaria visto che ha ricevuto una nomination agli Oscar nel 2014. Nomination meritata, dato che grazie alla sua commistione di bianco e nero, colore e 3D non ha uguali nel suo genere. E si tratta anche di uno speciale ritorno al 1928, visto che la versione in lingua inglese è stata ottenuta rimasterizzando le voci d’archivio dei doppiatori originali, tra cui quella di Walt Disney nei panni di Topolino.

E voi? Qual è la vostra versione preferita di Topolino? Fatecelo sapere nei commenti!

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!