Il nuovo album di Liberato mescola ancora una volta la tradizione con l’innovazione e la rivoluzione, regalandoci anche videoclip sensazionali

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IBERATO canta ancora. Questa è la didascalia del suo ultimo post sulle pagine social, nella consueta data del 9 maggio, in cui proprio a pochi minuti dal “gong” ha annunciato il suo nuovo album – LIBERATO II -, rincuorando i fan che già si apprestavano a una cocente delusione.

È infatti ormai consuetudine che il cantautore faccia uscire almeno un pezzo o – come in questo caso – un album, in quella data che ormai è diventata iconica e che porta il nome del suo primo singolo, che peraltro è uno dei pochi pubblicati in una data diversa dal 9/5, dato che uscì il 14 febbraio 2017.
Fu proprio quel giorno infatti che nacque musicalmente il fenomeno Liberato. La canzone 9 maggio impazzò nel giro di poche settimane, ottenendo un boom di ascolti su Youtube e un mare di condivisioni sui social, attirando la curiosità di migliaia e migliaia di giovani (e non solo) partenopei ma più generalmente di tutta Italia.

E quando si parla di Liberato, è proprio d’obbligo la parola curiosità, poiché parte del suo successo deriva dal fatto che ad oggi ancora non sappiamo la vera identità del cantautore misterioso, sebbene nel corso degli anni si siano rincorse voci, con Livio Cori che è stato il nome più gettonato.
Quel che è probabile tuttavia è che dietro il nome di Liberato, si nasconda, più che un semplice cantante (nonostante sia ovvio che qualcuno gli dia la voce) un vero e proprio progetto musicale che coinvolga più persone e di cui nel tempo abbiamo ricevuto qualche indizio.

Ad esempio fino a qualche tempo fa si pensava che LIBERATO nascondesse in realtà un progetto ambizioso e audace che coinvolgesse uno o più ragazzi detenuti nel carcere minorile di Nisida in una sorta di attività di recupero, motivo per celarne almeno momentaneamente l’identità. Il nome “Liberato”, di certo può favorire questa teoria, e in più alcuni elementi collegati a un suo concerto napoletano del 2018 sembravano avvalorare in un certo senso la tesi. Ad esempio sul palco si esibirono tre persone (chiaramente nell’oscurità), ma sul posto ne arrivarono ben sei e tra l’altro a bordo di un gommone, un mezzo quindi utilizzato forse per approdare da Nisida. Aggiungiamo a questo le sirene che Liberato ha fatto suonare all’inizio e alla fine del concerto, come a voler sancire appunto l’inizio e la fine della libertà e il conseguente ritorno in carcere.
Anche nei testi delle canzoni poi si possono trovare parziali riscontri di queste tesi, ma qui ci sarebbe da dilungarsi ulteriormente.

La complessa arte di Liberato

Tuttavia ormai di tempo ne è passato, e questa teoria non sembra aver avuto riscontro, sebbene si potrebbe sempre pensare che, a prescindere da una eventuale prigionia, a cantante – o al progetto – Liberato siano comunque cari questi argomenti.
In questi anni ad ogni modo, dopo l’iniziale hype e la fortissima curiosità di scoprirne l’identità, l’atmosfera intorno a Liberato è un po’ scemata, nonostante continui ad avere molti fan e a piacere al pubblico.
È indubbio che il cantante abbia saputo conquistare la gente grazie ad uno stile unico, che probabilmente inizia ad essere un po’ ripetitivo, ma è capace di unire più orientamenti, dal neomelodico alla trap, passando per il folklore e la tradizione, in cui il dialetto napoletano si mescola a vocaboli inglesi ma anche spagnoli o francesi, dando vita ad un qualcosa di esclusivo e incredibilmente originale.

Ciò per cui si è lasciato apprezzare nel tempo Liberato è stato anche per i videoclip, dopo i primi più artigianali seppur mai banali, il regista Francesco Lettieri – che nel 2020 ha diretto anche il film Ultras (sempre con la soundtrack di Liberato) – ha iniziato a curare maggiormente questo aspetto e i video delle sue canzoni sono diventati dei veri e proprio racconti, dei piccoli cortometraggi da vivere dall’inizio alla fine, spesso connessi tra loro, come nel caso di Capri Rendez-vous, che è dichiaratamente una videoserie, che inizia in bianco e nero con una ambientazione da Nouvelle Vague per arrivare ai tempi recenti raccontandoci lo sviluppo e l’evoluzione dei suoi personaggi. Sempre e comunque con lo spirito dolcemente malinconico che caratterizza la sua musica e i suoi videoracconti.

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Fa lo stesso in LIBERATO II, il nuovo album lanciato il 9 maggio 2022, in cui ci porta invece nella Napoli del 1700, tra lo splendore dei palazzi dell’epoca e la solita capacità di unire passato e presente, anzi futuro.
Con pochi dubbi possiamo affermare che la migliore canzone dell’album sia Partenope, probabilmente anche la più mainstream, ma parlare di mainstream quando si ha a che fare con Liberato è sempre relativo.
Incredibile infatti come Partenope sia in grado di unire differenti stili e momenti storici, sia nel testo che nel videoclip, discorso che va esteso a tutto l’album. Ed è qui, soprattutto, che il cantante gioca ancora con noi utilizzando le sirene per la Sirena Partenope, mito greco legato alla terra napoletana, confondendoci nuovamente.

C’è poi Cicerenella, una canzone popolare del XVIII secolo, perfetta in questo mix di arrangiamenti e storia, tra rivoluzione e tradizione che dà luogo a una cover bizzarra ma fantastica, o ancora è eccezionale l’idea del video di Nun ce penzà, che ricorda molto il bacio di Hayez su un testo che parla esclusivamente di amore.

Ma non finiscono qui i riferimenti storici presenti in LIBERATO II, perché sono davvero tanti i richiami alla Napoli del passato, e infatti alcuni videoclip – come Partenope, Anna e l’appena citato Nun ce penzà – sono stati girati in edifici storici come Palazzo Doria D’Angri e il Palazzo Reale.
Per Anna poi c’è chi ipotizza un rimando, a legger bene il testo neanche troppo velato, alla storia di Palazzo Donn’Anna e alla macabra leggenda della regina Giovanna d’Angiò, che peraltro ben si abbina a quella della sirena Partenope.

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In ogni caso, ciò che emerge nuovamente fortissimo è un senso di napoletanità viscerale del cantautore misterioso, che omaggia a tutto tondo la città, la sua storia, le tradizioni, i suoi luoghi iconici, regalando simultaneamente un senso di contemporaneità e innovazione senza pari.
Certo, è ovvio che la musicalità e l’impronta siano ormai segni di riconoscimento dell’artista e che, a prescindere da tutto questo, difficilmente ci sarà qualche ‘nnammurato for the first time, poiché chi non amava Liberato fino ad oggi non credo inizierà ad apprezzarlo con questo album.
Per tutti gli altri però è una appagante conferma e il 9 maggio resta una data da aspettare, nella speranza che ogni volta riesca, se non a stupirci, quantomeno a regalarci nuove tracce da ascoltare con piacere.
Insomma Liberà, please don’t run away.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.