Piccoli grandi incubi

Negli ultimi anni abbiamo visto spuntare sul mercato tanti piccoli titoli pieni di amore, brevi avventure che nascono, sbocciano e muoiono in poche, pochissime ore, e che molto spesso vengono criticate a seguito di ragionamenti che mettono in rapporto costo e durata.

Ha veramente senso dare un peso economico a qualcosa che colpisce, che rimane dentro, e che spesso è l’opera di uno o più autori con tanto da dire? Ovviamente non vi stiamo facendo i conti in tasca, né vi stiamo suggerendo il modo in cui dovete spendere i soldi, ma è uno spunto di riflessione che vorremmo sottoporvi prima di cominciare a parlare di Little Nightmares, proprio perché il titolo si consuma in appena tre ore, forse anche qualcosina meno.

Tuttavia, come già detto, la durata ha un peso relativo quando si tratta di gioiellini come Little Nightmares, che probabilmente se fosse durato anche poco di più sarebbe stato troppo stirato, e pure in questi dettagli si vede la capacità di un team in grado di seguire la propria strada senza voler soddisfare ciecamente le aspettative del pubblico. Ciò che ci siamo trovati per le mani è quindi un’avventura horror di eccellente fattura, curata sotto tutti i punti di vista, che ci ha ricordato le produzioni di Playdead per quanto riguarda la filosofia e l’impostazione di base, seppure con ovvie differenze di gameplay. Ma andiamo un po’ più nel dettaglio.

Six è una bambina che si sveglia in una valigia, in un posto imprecisato che definire squallido sarebbe riduttivo. Già dopo pochi passi incontreremo le gambe di un uomo che pende dal soffitto, giusto per mostrare fin da subito quel tono cupo che permeerà tutta l’avventura.

Il gioco si snoda lungo una manciata di zone all’interno di una misteriosa struttura piena di infiltrazioni d’acqua, creature misteriose e sporcizia, attraverso le quali la piccola Six dovrà cercare di sopravvivere, braccata tanto dai morsi della fame come da mostruosità assortite. Le aree del gioco e la loro struttura concorrono nel creare un percorso narrativo all’interno di un titolo privo di qualsivoglia linea di testo. Il racconto viene così portato avanti dal poco che vediamo, da quello che cerchiamo e pensiamo di capire, rendendo la lotta per la sopravvivenza di Six portatrice di una metafora più grande e importante, che anche verso la fine assumerà dei caratteri più definiti, lasciando comunque un discreto margine di riflessione e speculazione, grazie soprattutto ad alcuni dettagli ed elementi di contorno che, persino dopo titoli di coda, continueranno a cercare una collocazione nel puzzle che vi siete creati in testa.

little nightmares

Abbiamo parlato di un gioco muto, e così sarà anche per quanto riguarda i tutorial o le semplici indicazioni su quale tasto bisogna premere per compiere una determinata azione. Little Nightmares infatti inizia senza dirci assolutamente nulla, ed i suggerimenti come “premi X per effettuare un salto” appariranno soltanto se il gioco si accorgerà che non abbiamo capito come risolvere una determinata situazione, e solo nelle prime battute.
Tolto questo, siamo totalmente lasciati a noi stessi nella risoluzione di qualsiasi enigma. Il paragone con Playdead fatto all’inizio, e nello specifico con Limbo e Inside, è proprio riferito agli enigmi, oltre che ad una storia che parla per mezzo di immagini e gameplay. In Little Nightmares, come in Inside, gli enigmi da risolvere sono estremamente facili, si tratta principalmente di spostare oggetti (alle sezioni puzzle si aggiungono quelle stealth e platform), e raramente vi troverete a pensare più di tanto a come uscire da una situazione. Sempre come in Inside, anche i momenti platform o stealth sono volutamente semplici, ed è molto difficile sbagliare un salto per aver preso male le misure. Se aggiungiamo un sistema di checkpoint molto permissivo all’equazione, appare chiaro come ci si trovi di fronte ad un gioco particolarmente scorrevole, come è giusto che sia in un’opera che vuole prima di tutto raccontare qualcosa, e non subordinare la narrazione alla sfida.

little nightmares

In questo modo le tre ore di Little Nightmares filano lisce, ed è bello giocarlo tutto d’un fiato con la giusta atmosfera di casa, per accordarla con quella che Little Nightmares offre. Il gioco infatti riesce a tenere chi ha il pad per le mani teso come una corda di violino, ininterrottamente, per tutta la sua durata, grazie alla grande cura riposta dagli sviluppatori in ogni aspetto. Non parliamo soltanto della direzione artistica stellare o dei dettagli grafici in grado di dare una marcia in più, ma di un concerto di elementi che funzionano perfettamente assieme come gli ingranaggi di un orologio.
Prendiamo il design dei suoni, ad esempio, che è probabilmente uno degli aspetti più riusciti del gioco: in alcune situazioni tese, in cui Six è in attesa che l’avversario di turno si sposti per poter proseguire, sentiremo nelle cuffie il fiato pesante del mostro, mentre il pad ci vibra in mano come un cuore in tachicardia. Muovendoci percepiremo chiaro il rumore dei passi della bambina, in modo diverso nel camminare sul freddo metallo o su un pavimento di assi di legno. Passando sotto dell’acqua, il rumore sarà quello di gocce che cadono su di una giacca cerata. Il movimento dei nemici è percepibile anche soltanto con le orecchie, utilizzando le cuffie. Potremmo continuare per ore a descrivere ogni dettaglio auditivo che Little Nightmares ha da offrire, ma sarebbe un colpo basso dati i sussulti che gli sviluppatori riusciranno a strapparvi anche soltanto con un minimo suono, un passo, o una goccia d’acqua che cade sulla giacca di Six.

L’altro aspetto principale per quanto riguarda il coinvolgimento, e soprattutto l’ansia, è ovviamente quello visivo, ed anche in questo caso i ragazzi di Tarsier Studios non hanno sbagliato un colpo. Le aree in cui la piccola Six si muove riescono veramente a insinuare sotto la pelle un forte senso di disagio, grazie a stanze claustrofobiche e sporche nella prima ora di gioco, e grazie ad altre soluzioni che non vogliamo spoilerarvi e che noterete avanzando nell’avventura.

Ad un ottimo design complessivo si aggiunge un lavoro tecnico di prim’ordine, che rende Little Nightmares un gioco che a colpo d’occhio non si direbbe assolutamente sviluppato da un piccolo team, e men che meno venduto a circa 20€. Gli effetti particellari, il pulviscolo, gli shader usati per le superfici e la luce che su questi si riflette, tutto è eccellente, senza una minima sbavatura. Le texture sono estremamente dettagliate, ed ogni materiale riflette la luce come lo farebbe nella realtà. La carne traballante e riprovevole di alcune creature è animata in modo più che credibile, così come lo sono più in generale le movenze dei personaggi che interagiscono con gli oggetti di fronte a loro in modo realistico e naturale.

Verdetto:

Little Nightmares è una piccola perla, che non possiamo che suggerire a chiunque ami i videogiochi. È un prodotto breve, ma molto molto intenso, che fa della tensione il suo cardine, e che come ogni buon horror ha anche una tematica importante. Il senso di sfida è sacrificato ad una progressione più liscia, con intoppi minimi, e il gioco ne guadagna dal punto di vista narrativo. Troviamo poi un impianto audiovisivo di prim’ordine, sia per quanto riguarda l’aspetto strettamente tecnico che per quanto concerne la direzione artistica, davvero sublime. Come già detto (ma vale la pena ripetersi), date una possibilità a Little Nightmares. E se proprio vi sembra troppo corto, aspettate un’offerta.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.