Maccio Capatonda è un comico unico nel panorama italiano. Perché il suo nonsense funziona?

Varietà televisivi, programmi d’attualità, cinema e serie TV. Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, calca da quasi vent’anni i palcoscenici italiani e si è dimostrato adatto a qualsiasi tipo di medium. Gli elementi della sua comicità sono rimasti sostanzialmente gli stessi dal 2004, quando fu “scoperto” da Mai Dire, ma hanno saputo nel contempo evolversi per creare l’unico esempio di nonsense di successo del nostro Paese. La tradizione italiana è infatti piena di grandi comici, ma nessuno come Maccio Capatonda ha saputo mantenersi sulla cresta dell’onda con questa particolare declinazione dell’arte di far ridere. Andiamo a scoprire i suoi segreti!

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Maccio Capatonda e il nonsense: viaggio nei generi

“Il comico è il primo che deve ridere delle sue stesse battute”. Questo è uno dei motti di Maccio e noi vogliamo farne tesoro: eviteremo un paragrafo stile libro di letteratura del liceo sulla sua poetica e cercheremo invece di estrarla direttamente dalle opere. L’evoluzione dello stile va infatti di pari passo con i diversi generi che hanno segnato la carriera dell’artista abruzzese.

Tutto iniziò con i trailer

Chi non ricorda La Febbra, o è troppo giovane o ha vissuto in un tombino. Corre l’anno 2004 e Maccio Capatonda si presenta al grande pubblico con la prima ondata di opere nonsense, i trailer. Semplici montaggi da un minuto circa, i video raccontano i punti salienti di un immaginario film in uscita. Ciò che accade su schermo è quasi sempre privo di senso, ma è confezionato come una parodia: la voce narrante è incalzante, l’alternarsi delle scene riprende i canoni di generi riconoscibili (azione, thriller, horror) e vengono addirittura citati registi e attori famosi, anche se completamente fuori contesto. Questa caratteristica è ricorrente nelle opere di Maccio, così come il suo linguaggio, composto da errori grammaticali e giochi di parole che creano neologismi divertenti. I nomi degli attori e dei personaggi, invece, meritano un paragrafo a parte.

Pubblicità e reality show

Sin da piccolo Maccio Capatonda si diverte con gli amici a ideare pubblicità e televendite nonsense sul modello di quelle che vede in onda in televisione. Da adulto riesce a portarle su schermo con la serie Piccol: brevi réclame di un hard discount immaginario che vende i prodotti più nonsense (bottiglie senza fili, orgasmi in scatola, portapesci a chiocciola). La parodia la fa ancora una volta da padrona, poiché si riconoscono diverse caratteristiche delle vere pubblicità di supermercati, portate però alle estreme conseguenze. Il tutto è accompagnato da slogan decisamente sopra le righe (“Smettila di masturbarti a casa…”) e da limiti temporali delle offerte un po’ particolari (“Solo per ieri”).

Negli anni di All Music Maccio Capatonda si cimenta anche nei reality show. Nasce così Unreal TV, una parodia di Real TV in cui videoamatori inesperti documentano incidenti quotidiani con la loro scadente telecamera. Il tono sensazionalista e pompato tipico dei reality rende paradossali scene normalissime come la caduta da un divano, arricchendo il nonsense puro con un po’ di amara realtà.

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Le serie TV

Per quanto Padre Maronno e L’ispettore Catiponda siano memorabili, non sono veri esempi di serie TV capatondiane: somigliano di più a semplici trailer a episodi. La prima produzione seriale di Maccio Capatonda, Intralci, è anche quella in cui il nonsense domina maggiormente. Soap opera sgangherata e decadente, Intralci è un’accozzaglia ordinata di errori grammaticali, frasi ripetute fino alla nausea, rivelazioni folli (“Io sono mio padre!”) e personaggi eccessivamente caratterizzati. La ciliegina sulla torta, però, sono i titoli di coda, sostituiti da ricette culinarie con tanto di dosaggio degli ingredienti. La serie, in onda su All Music nel 2005, è il prototipo dal quale deriveranno Drammi Medicali, La Villa di Lato, Mario e tutti gli altri capolavori a episodi di Maccio. L’approccio è lo stesso già utilizzato negli altri medium: all’interno della parodia, che mette alla berlina le caratteristiche più controverse di generi ben noti, Maccio Capatonda inserisce trovate di puro nonsense.

 

Il cinema

Il cinema è certamente la sfida più grande che il nonsense di Maccio Capatonda abbia affrontato, almeno finora. Mantenere interessante una storia che vive di guizzi comici per più di un’ora è un’impresa anche per cineasti navigati, tuttavia l’artista abruzzese non si è tirato indietro. E lo ha fatto rimanendo coerente con il proprio stile. I lungometraggi Italiano medio (2015) e Omicidio all’italiana (2017) indagano soprattutto sugli effetti della celebrità e sulle vie strane che si possono percorrere per ottenerla e sfruttarla. Maccio punta molto di più sulla satira rispetto al passato, dando voce a personaggi pubblici come sindaci, politici e giornalisti. Ciò che invece rimane granitico è la radice parodica e nonsense del suo stile: nomi dei personaggi, situazioni assurde portate all’estremo e utilizzo dei canoni di genere sono sempre presenti.

Il paragrafo a parte: nomenclatura capatondiana

Una delle componenti più nonsense delle opere di Maccio Capatonda è sicuramente rappresentata dai nomi che vengono affibbiati agli attori e ai personaggi che interpretano su schermo. Herbert Ballerina, Ivo Avido, Rupert Sciamenna, Nick Malanno, Anna Pannocchia e Pina Sinalefe sono solo alcuni esempi, e la loro origine è molto più banale di quanto si possa pensare. In un’intervista di qualche anno fa Maccio ha identificato la sua nomenclatura come semplice prodotto viscerale e improvviso della vena comica. Ai tempi dei primi trailer, addirittura, li ideava durante il doppiaggio, in fase di registrazione, senza pianificare nulla. Nonostante rappresentino la parte più  random della sua comicità, i nomi sono una cifra stilistica unica e riconoscibile che fa la differenza.

Perché il nonsense di Maccio Capatonda funziona?

Il nonsense non è mai stato appannaggio esclusivo di Maccio Capatonda, nemmeno restando all’interno dei confini italiani. Altri, come i fumetti e i video della serie Scottecs di Sio negli ultimi anni, ci hanno provato, senza però conquistare il grande pubblico. Non è semplice spiegare cos’abbia in più il nonsense di Maccio in confronto a quello degli altri. Non è facile spiegare il nonsense in sé, del resto.

Forse, la caratteristica vincente della declinazione capatondiana è il suo non essere solo nonsense. Come abbiamo visto le sue opere sguazzano continuamente tra la parodia e la satira, dalle quali traggono la linfa vitale per risultare interessanti a lungo termine. Riprendendo elementi ricorrenti di generi ben radicati nella mente degli italiani, Maccio riesce a creare dei contenitori all’interno dei quali inserire i suoi personali guizzi comici. Il nonsense è quindi utilizzato come un fioretto che colpisce lo spettatore ogni tanto, nel momento giusto, conscio della sua natura troppo effimera per sorreggersi da solo. In altre parole, mentre il genere sostiene la struttura narrativa, il nonsense provoca quella risata improvvisa, bambinesca, che rappresenta il grande patrimonio comico di Maccio Capatonda. 

Maccio Capatonda ha portato quindi il nonsense alle vette della comicità italiana, anche durante il periodo Covid, grazie a TG Casa 40ena. Sebbene continui a essere un personaggio lontano dal mainstream, ha dimostrato di sapersi muovere tra diversi medium senza mai rinnegare il proprio stile. Chissà cosa ci riserverà in futuro. Di sicuro Pino Cammino, passante di professione, sarà il primo a vederlo.

Marco Broggini
Nasce con Toriyama, cresce con Ohba e Obata, corre con Shintaro Kago. Un percorso molto più coerente di quello scolastico: liceo scientifico, Scienze della Comunicazione, tesi su Mission: Impossible, scuola di sceneggiatura. Marco ha scoperto di essere nerd per caso, nel momento in cui gli hanno detto che lo sei se sei appassionato di cose belle. Quando non è occupato a procrastinare l'entrata nel mondo del lavoro, fa sport che nessuno conosce e scrive racconti in cui uomini e gatti non arrivano mai alla fine.