Dei miei guai per un poco si sfuma il contorno

Mi piacerebbe dirvi di essere un fan che del baseball coglie ogni finezza (cit.) e invece questa recensione non avrà il solito piglio esperto, bensì quello di un vero debuttante nel magico mondo del baseball, uno dei tanti sport americani rimasti nell’anonimato in suolo italico e che resta un’apparizione sporadica in qualche film anni ’80, con bambini impegnati a fare la partita della vita mentre i padri fanno irrimediabilmente tardi al lavoro. MLB 17 THE SHOW resta comunque un caso particolare, in quanto è l’unico gioco di baseball esistente, al contrario di altri titoli sportivi che invece esistono in più formati e filosofie. Questo non ha però impedito ai San Diego Studios di realizzare un titolo che non sfigura con nessuno in termini di modalità, complessità e, perché no, divertimento, offrendo in esclusiva ai possessori di PlayStation 4 una simulazione di grandissimo livello.

Ovviamente, la prima cosa da fare approcciandosi al gioco è un’infarinatura teorica obbligatoria: malgrado le apparenze, infatti, il baseball è un gioco complesso con delle regole ben precise, regole che purtroppo The Show non spiega dando per scontato che siate dei Gil Renard qualsiasi. Inoltre, essendo il gioco localizzato esclusivamente in inglese, sarà necessario conosce un po’ la lingua oltre che la terminologia tecnica per poter quanto meno comprendere cosa fare. Ad ovviare a questa mancanza, però, il gioco si apre con un tutorial che spiega in modo abbastanza semplice i vari ruoli dello sport, proponendo per essi diverse modalità di comando per rendere l’esperienza il più fluida e fruibile per tutti. Fatto questo, The Show apre le sue porte mostrando la mole di contenuti a disposizione, davvero tanti e variegati.

Ovviamente lasciamo perdere le modalità classiche di esibizione per andare nei centri nevralgici del gioco, primo fra tutti Road to the Show che permette di farsi strada nel mondo della pallina cucita partendo dalle imprese al college fino ad arrivare tra i giganti della Major League Baseball. Sarà possibile utilizzare un personaggio preesistente oppure creare da zero la nostra star, grazie ad un editor estremamente profondo che vi permetterà di ricrearvi con un grado di fedeltà molto alto e cominciando la vostra scalata. La modalità ci permette di vivere da protagonisti le partite, permettendo anche delle simulazioni complete o parziali, ed eventualmente di giocare solo i momenti salienti della partita. Ogni incontro disputato ci garantirà dei punti esperienza che, come nel più classico dei GDR, serviranno per aumentare le nostre statistiche, permettendo di modellare il nostro atleta virtuale come più ci piace. Molto gradita, inoltre una piccola componente narrativa dove spesso ci ritroveremo a rispondere al coach o al presidente della squadra, creando una sorta di personalità al nostro giocatore che influenzerà i nostri rapporti esterni e la nostra carriera.

Passiamo poi a Diamond Dinasty, a.k.a. la versione MLB dell’Ultimate Team di Fifa, non espansa a grandi livelli come quest’ultima ma che porta a casa il suo compito giocando molto anche sul fattore nostalgia, mettendo in capo le celeberrime figurine del baseball che fanno andare fuori di testa gli americani. Con a disposizione un roster che comprende più o meno tutti i giocatori di baseball della storia, la possibilità di creare il proprio Dream Team è assolutamente alla portata del giocatore, anche qui con le varie possibilità di gameplay dedicate sia a chi non vuole perdersi nemmeno un inning, ma anche a chi preferisce l’incertezza della simulazione.

Chiude il cerchio la modalità Franchise, dove potremo ambire a diventare dei veri e propri imprenditori del baseball gestendo la nostra personalissima versione della lega cercando di creare un impero sportivo con tutti i crismi. Una menzione speciale va invece alla modalità retro, che mescola simpaticamente le regole con un’interfaccia ed un gameplay da classico cabinato anni ’80, un piccolo atto di nostalgia per il baseball videoludico che fu.

Per il resto il gameplay del gioco offre sicuramente una simulazione ben realizzata, grazie alle già citate opzioni di personalizzazione e un lavoro operato sulle variabili di gioco volto a bilanciare l’esperienza in base alla difficoltà. In tal senso gioca un ruolo fondamentale la fisica della palla, rivista e il più del volte realistica eccezion fatta per alcune bizze del gioco.

Sul versante tecnico, MLB The Show 17 raggiunge dei picchi davvero elevati. Il lavoro svolto per garantire la massima fedeltà salta all’occhio con modelli estremamente rifiniti e dettagliati, partendo dai giocatori fino alle riproduzioni degli stadi, con tanto di pubblico animato e coinvolto attivamente nel gioco. Le stesse animazioni dei giocatori, eccezion fatta per i classici bug da titolo sportivo, sono credibili e ben realizzate, rendendo molto sottile la linea tra realtà e fantasia. A corroborare questa impressione c’è poi il gran lavoro con MLB Network, che si traduce in transizioni televisive spettacolari, replay, videate in sovrimpressione e commenti tecnici sempre sul pezzo che restituiscono appieno la sensazione di assistere ad un match in TV.
È inoltre presente l’opzione dedicata all’HDR che renderà le partite ancor più belle da vedere, nonché impostazioni personalizzate per i possessori di PlayStation 4 Pro che permetteranno di dare risalto alla qualità grafica oppure alla stabilità del framerate. Quest’ultimo in generale è sempre risultato abbastanza stabile, eccezion fatta per dei momenti dove il software sembrava capirci poco, ma sempre in frangenti passivi e senza rovinare l’esperienza di gioco complessiva.

Verdetto

Nonostante MLB The Show 17 sia in uno stato di monopolio in tutti i sensi, non si adagia sugli allori e porta su PlayStation 4 un titolo davvero ampio e ricco di possibilità. Pur non essendo il massimo dell’accessibilità, le numerose modalità e possibilità di gioco potrebbero essere l’ideale per chi è appassionato di questo sport, ma anche per chi cerca un titolo sportivo diverso dal solito, ma comunque solido e longevo.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.