Nora K. Jemisin è una delle più grandi autrici della letteratura fantastica, simbolo  della società afroamericana acclamata dal pubblico e dalla critica

Chi è Nora K. Jemisin? Afroamericana classe 1972 si è laureata in psicologia ottenendo anche un dottorato di ricerca. Ha debuttato con il romanzo I Centomila Regni, edito in Italia dalla compianta Gargoyle Books,  miglior romanzo fantasy per il Locus Award. Nel 2010 è arrivata finalista all’Hugo Award e al Nebula nella categoria short-stories con il racconto Non-Zero Probabilities.

Jemisin

Nel 2016 si laurea vincitrice assoluta dell’Hugo Award nella categoria miglior romanzo, con La Quinta Stagione, diventando la prima autrice afroamericana nella storia a fregiarsi di tale vittoria. Si è poi portata a casa altri Hugo Award nel 2017 e nel 2018 sempre nella categoria miglior romanzo con i seguiti de La Quinta Stagione: Il Portale degli Obelischi, e Il Cielo di Pietra. La Broken Earth trilogy ha infranto qualsiasi record in pratica. In Italia debuttò nel 2014 con I Centomila Regni e con La Luna che Uccide di Fanucci Editore, romanzo finalista del Nebula e del World Fantasy Award.

N. K. Jemisin, musa dell’afrofuturismo

N.K. Jemisin è una delle più grandi figure contemporanee del movimento socio-letterario dell’afrofuturismo. Scrittori come Marlon James e autrici del calibro di Octavia Butler e Nnedi Okorafor (portata in Italia da Zona42 con il romanzo Laguna) hanno codificato un genere letterario con obiettivi di critica sociale, di volontà di delineare un nuovo mondo inclusivo (etnicamente e sessualmente parlando), caratterizzato da una patina futuribile e fantascientifica.

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L’afrofuturismo è connaturato anche da elementi folklorici, animisti e mistici che fungono da collegamenti archetipici e nostalgici al continente africano, terra magica e simbolicamente patria perduta. Esteticamente l’afrofuturismo è un modus vivendi narrativo sospeso tra il futuro e un’antichità africana inesplicata, mitica ed eterea, dove elementi psicotropi, sessuali e religiosi vanno a creare una cornucopia di mondi affascinanti ed esotici.

Non si tratta però soltanto della messa in scena di componenti volti a incuriosire il lettore e a rappresentare un immaginario collettivo di derivazione fantasy-fantascientifico: l’afrofuturismo permette di creare un’intelaiatura intellettuale che funge da supporto alla volontà di decolonizzare la mente dei lettori occidentali. De facto l’afrofuturismo è anche il bisogno di abbattere gli stereotipi, i tropi, le banalizzazioni e i comportamenti macchiettistici che attecchiscono (volontariamente o meno) all’interno del pensiero degli occidentali nei confronti di tutte le popolazioni africane e i loro discendenti afroamericani o in generale del mondo.

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N. K. Jemisin, il ciclo di Dreamblood

La Dreamblood Series di N.K. Jemisin è composta da due volumi editi da Fanucci Editore, La Luna che Uccide (2014) e Il Sole Oscurato (2020). Lo stile dell’autrice afroamericana risente (positivamente) delle influenze di altre grandi scrittrici come Tanith Lee, Marion Zimmer Bradley e Ursula K. Le Guin e proietta il lettore in deserti sterminati di faraonica memoria e nel seno di due possenti città stato eternamente in lotta: Gujaareh la Città dei Sogni e Kisua, città nemiche eppure non così simili, lontane ma estremamente vicine.

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Il worldbulding di N. K. Jemisin nel ciclo di Dreamblood è eccezionale ed è uno dei punti di forza del romanzo. In questo mondo che ricorda la Nabatea dove sorge Petra, l’antico Egitto e le remote terre sub-sahariane e i regni askumiti, e di Meroe dell’Africa centro-orientale sorge la città di Gujaareh dove la Pace è l’unica legge, e pur di far rispettare la Pace ad ogni costo viene utilizzata la violenza. Questo ossimoro è una critica sociale davvero interessante e la Jemisin sembra voler emulare il discorso del caledone Calgaco contro i nemici romani scritto da Tacito nell’Agricola “Razziano, rubano e uccidono, questo con falso nome chiamano impero. E dove hanno portato il deserto dicono di aver portato la Pace”.

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Il vampirismo onirico tra Freud e Jung

Gujaareh è una città santa che onora la dea Hananja, divinità dell’oltretomba e dei sogni. Nel labirinto urbano di Gujaareh (e Kisua) prendono vita le storie di Ehiru, Nijiri e Sunandi. Ehiru è uno dei raccoglitori, una casta mistica-reverenziale che assurge al doppio ruolo di salvatore e boia; infatti i raccoglitori visitano ignari dormienti nelle rispettive abitazioni e assorbono la loro energia vitalistico-onirica. La Jemisin, nel ciclo di Dreamblood rinnova con eleganza il tema del vampirismo accentuando i suoi risvolti mistico-onirici, il risultato è molto originale e sofisticato perché il sistema magico della Narcomanzia è un felice connubio dell’interpretazione dei sogni di Freud e della meta-mitologia junghiana.

Freud

I raccoglitori sono anche color che dispensano morti felici, strappando da una vita di sofferenze i  poveri infelici. Manipolando gli “elementi onirici” possono accompagnare il moribondo verso un trapasso beato e armonioso come se stesse sognando il più meraviglioso dei paesaggi o rivivendo un ricordo dolcissimo. Giunta la morte, i raccoglitori prelevano il “sangue onirico” che possono riusare per alleviare il dolore interiore o fisico di altri sfortunati.

E se non esistessero gli eroi?

Non solo elementi fantastico-onirici, la Jemisin nella Dreamblood Series imbastisce una complessa storia di intrighi politici, macchinazioni, tradimenti e mutevoli alleanze. Il gioco del trono di George Martin prende piede in un contesto esotico, nuovo e stimolante dove la magia ha un peso predominante ma viene ricondotta anche a un livello terreno quando la mera politica entra in azione.

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In una trama fluida, grazie a una narrazione lucida e a volte distaccata, i personaggi procedono in varie zone d’ombra mettendo in dubbio il codice morale tipico dei “fantasy” (eroi immacolati) e ribaltando alcuni cliché. N. K. Jemisin è in grado di scuotere il lettore perché lo condanna a interrogarsi ripetutamente.

I dubbi morali, incarnati dai raccoglitori che macinano esistenze come se niente fosse, la difesa della pace con gli strumenti della morte, gli amletici quesiti sulla responsabilità ontologica e sul determinismo allontanano la narrativa di N. K. Jemisin da altri titoli del fantasy, perché propugna tematiche mature e delicatissime con intelligenza, contestualizzazione e classe  stilistica. Gli eroi si mischiano con i malvagi, i villain sembrano aver ragione, la dea della morte sembra così buona che anche la luce del sole appare oscura.

In definitiva La Luna che Uccide e il suo seguito Il Sole Oscurato sono i romanzi idonei a tutti coloro che sono stanchi degli stereotipi del fantasy e hanno la necessità di confrontarsi con qualcosa di estremamente atipico eppure così familiare, come i nostri sogni.