Con No Rest for the Wicked Moon Studios cambia genere e atmosfere, mantenendo però intatta la sua cifra stilistica

Avrei potuto giocare molto di più all’accesso anticipato di No Rest for the Wicked, sarò sincero. Eppure a un certo punto mi sono fermato, nonostante sapessi che il gioco aveva ancora da offrire molto, quindi prendete quanto scrivo con cum grano salis, dandogli il peso di una prima impressione di pancia e non di qualcosa di super approfondito.

Ho approfondito meno di quanto avrei voluto per non rovinarmi la sorpresa quando uscirà il gioco completo. Questo perché al netto dei vari problemi tecnici e di bilanciamento assolutamente fisiologici per un accesso anticipato, No Rest for the Wicked si preannuncia come un soulslike di cui si parlerà a lungo.

No Rest for the Wicked inizia con una creazione del personaggio abbastanza limitata (sempre di accesso anticipato parliamo) che però mette bene in luce la particolare direzione artistica di No Rest for the Wicked: i corpi sono fuori proporzione, tozzi e con braccia troppo lunghe, ma ben si armonizzano con le scelte estetiche dello studio.

Ciò che fin da subito colpisce è quindi l’apparato artistico del gioco, fin dal tutorial del personaggio. Superandolo, ci troveremo su una nave, durante una tempesta. Qui impareremo le basi del combattimento, prima di essere lanciati nell’avventura. Chi ha giocato ha Ori può immaginare cosa aspettarsi, perché gli elementi riconoscibili di Moon Studio ci sono tutti, dalle ambientazioni “fin troppo” piene di dettagli e di elementi fino alla palette cromatica utilizzata, per finire con quell’aspetto un po’ cartoon e un po’ dipinto del tutto. Sembra quasi incredibile pensare, soprattutto durante le cutscene, che quello che vediamo sia in 3D e non semplicemente disegnato a mano. L’utilizzo degli shader, le animazioni e le forme costruiscono effettivamente qualcosa di molto più vicino all’animazione tradizionale che non al 3D, e i risultati sono impressionanti come potete apprezzare dagli screenshot a corredo di quanto state leggendo.

“Incredibile” fin troppo, perché se proprio devo muovere una critica a No Rest for the Wicked è che a volte le schermate sono così tanto piene di dettagli animati e colori forti, oltre che molto contrastati, che serve una buona concentrazione per leggere cosa succede a schermo. Buona fortuna a giocarci su Steam Deck!

Non di solo impatto visivo vive il videogioco però, e quindi c’è pure la questione del “come si schiacciano i tasti”. No Rest for the Wicked è un soulslike dark fantasy, se vogliamo decider in quale reparto della libreria metterlo. Le atmosfere riportano a quelle di Game of Thrones nei filmati, promettendo intrighi politici, monarchi con più presunzione che competenze e ambizioni di potere, mentre sotto di loro le persone muoiono dilaniate da piaghe. Noi interpretiamo un o una Cerim, un membro di un ordine di guerrieri che dopo il naufragio si ritroverà su una spiaggia desolata e poco accogliente di fronte a un forte in rovina che fa da casa a dei banditi.

Il sistema è a un primo contatto quello tradizionale del soulslike, ma ha le sue variazioni, anche importanti, per quanto riguarda l’esplorazione e la telecamera, che in questo caso inquadra l’area in isometria. Abbiamo quindi il classico set di schivate, parate, attacchi, gestione del peso dell’equipaggiamento ecc. Non starò qui a elencarvi tutte le caratteristiche del soulslike, soprattutto perché trovo più interessanti le novità che il gioco di Moon Studios introduce.

Le principali riguardano, come suggerivo poche righe fa, l’esplorazione. In No Rest for the Wicked possiamo scalare i rilievi più bassi, camminare radenti al muro e nuotare, oltre a poterci arrampicare su piante rampicanti e altri tipi di pareti. Sembra cosa da poco conto, ma in realtà queste semplici introduzioni aprono un non indifferente ventaglio di possibilità di esplorazione, e se uniti alla non semplicissima leggibilità di alcuni ambienti si ha un ottimo stimolo a esplorare e scandagliare con attenzione tutte le aree.

Oltre che ai souls però il gioco di Moon Studios guarda altrove: ci sono leggeri elementi survival à la Breath of the Wild e la randomizzazione di oggetti nelle aree già esplorate che strizza l’occhio al roguelike. In più nell’hub principale si concentrano missioni secondarie e altri obiettivi e possibilità.

I perni restano sempre l’esplorazione e il combattimento, e a seguire la raccolta di loot e il miglioramento del proprio equipaggiamento, e questi sono forse gli aspetti su cui c’è più bisogno di fine tuning. Nonostante ci sia da lavorare però, già così il combattimento del gioco è estremamente tattico e soddisfacente. Un po’ sbilanciato certamente, ma da qui non si può che migliorare, perché le basi sono solidissime.

Insomma: ho esplorato, combattuto e completato missioni secondarie ma a un certo punto mi son detto che non volevo più farlo, nonostante sapessi che questa versione in accesso anticipato del gioco offrisse già una ventina d’ore di contenuti. Quello che ho visto mi è bastato per farmi venire una gran voglia del gioco finito, e non volevo rovinarmi l’appetito per quando uscirà. E poi mi son scaricato di nuovo i due Ori.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.