Diretto da Alexandre Aya e interpretato da Mélanie Laurent, Oxygen è la nuova proposta sci-fi di Netflix. Un thriller avvincente e difficile, che rivela sorprese per tutta la sua durata

Oxygen (o Oxygène, nella versione originale francese del film Netflix) è un lungometraggio inquietante. E, per aggiungere qualche aggettivo che chiarirà immediatamente l’atmosfera, angosciante, claustrofobico, opprimente, ansiogeno. Insomma, se volete una compagnia rilassante per una serata senza pensieri potrebbe non essere la scelta più giusta. Se, invece, trovate nelle disgrazie altrui (in fiction) una valvola di sfogo e un senso di sublimazione, allora ci siamo.

Un’unica location, un unico personaggio in scena (o quasi), svolgimento in tempo reale. Una voce robotica calda e maschile che sveglia un corpo nervoso femminile. Liz, interpretata da Mélanie Laurent (Shoshanna di Bastardi senza Gloria, per citare il suo maggiore successo) è rinchiusa in quella che sembra una specie di bara, salvo un sovraccarico tecnologico insolito. La funzione di tutto quell’apparato sci-fi e di M.I.L.O. (questo il nome dell’intelligenza artificiale dalla voce di Mathieu Amalric) sarà presto detta. Liz, diminutivo per Elizabeth Hansen, si è svegliata anzitempo da un sonno criogenico e deve assolutamente trovare un modo per uscire dalla sua capsula prima che l’ossigeno finisca.

L’incubo dell’essere sepolti vivi

Va da sé che ogni altro dettaglio rappresenta uno spoiler e rovinerebbe il piacere di guardare e scoprire Oxygen su Netflix. C’è da dire, però, che al di là di come la trama si evolve, lo script di Christie LeBlanc attinge a un topos della letteratura dell’orrore che terrorizza scrittori e lettori da secoli. Come racconta Edgar Allan Poe in diverse occasioni e in alcuni dei suoi più celebri racconti, la paura di essere sepolti vivi e di osservare il tempo avanzare verso morte è un sentimento atavico. Certamente le sue basi risiedono in un periodo in cui gli strumenti della medicina riuscivano ad ovviare più di rado ai casi di morte apparente, tuttavia come concetto continua ad essere molto efficace. E film come Oxygen ne sono la dimostrazione.

Assieme al terrore di finire sepolti chissà dove, lontani da tutti e senza alcuna possibilità di uscirne (vivi) si unisce la più classica fobia degli spazi chiusi. Anche questo concetto è ben reso dal film di Alexandre Aja che si svolge in pratica tutto (o quasi) dentro pochi centimetri. Il buon cinema ci ha abituati a sceneggiature che si svolgono interamente in un interno, o in una stanza, e restare dentro a una “bara” per 100 minuti è lo step successivo.

oxygen netflix

Oxygen su Netflix: nulla è scontato

Il modo migliore per guardare Oxygen di Alexandre Aja è probabilmente accostarsi allo schermo con meno informazioni possibili. Solo se si resta all’oscuro di tutto, si potrà entrare in empatia con la protagonista e scoprire assieme a lei gli elementi necessari per trovare una soluzione a una situazione disperata e praticamente impossibile. La caratteristica principale del film – oltre allo spazio ristretto e ai pochissimi interpreti – è proprio un sistema a scatole cinesi per cui ogni conquista porta a un nuovo problema, e così via fino al finale. Il tutto è un’escalation di rivelazioni, che ci conducono da un thriller-horror a uno sci-fi distopico. Insomma, lo spettatore si impegnerà molto per prevedere e anticipare ciò che succederà a Liz, ma in diversi punti resterà piacevolmente sorpreso.

L’atmosfera, il tono ricordano il maggiore Gravity di Alfonso Cuarón, con la scelta – però – di mostrare il contesto poco alla volta. Alcune incongruenze possono rendere certi passaggi un po’ macchinosi, un po’ forzati, tuttavia nella concitazione del susseguirsi di fatti e azioni, le perplessità lasciano spazio all’ansia di saperne di più.

Importante a questo proposito è il ruolo che gioca la memoria, ma anche l’immaginarsi in luoghi diversi per sfuggire al senso di oppressione. Mentre il conto alla rovescia dell’ossigeno in esaurimento è dettato dalla voce impassibile di M.I.L.O., Liz si ritrova costretta a un profondo training autogeno, per mantenere la lucidità e la calma e ridimensionare gli inevitabili attacchi di panico. Da questo punto di vista, dunque, Oxygen indaga anche sulla psicologia umana e sull’importanza dei ricordi e del passato per l’autoconservazione; il sentirsi ancorati agli affetti, il poter visualizzare i luoghi felici in cui si è stati, sono tutti espedienti per ri-conquistare la propria identità e – di conseguenza – la propria umanità.

Una sorpresa su Netflix

Siamo onesti: non sempre il catalogo Netflix è garanzia di qualità, o almeno non su tutte le tipologie di prodotti. Talvolta, nell’immaginario comune, il nome della piattaforma è associata a un modo di far cinema un po’ sciatto e approssimativo. Spesso i volti famosi prendono parte a progetti minori, forti di una distribuzione capillare e “sicura” in questo periodo di forte incertezza. Detto ciò, Oxygen è un’opera che si eleva al di sopra del catalogo, anche se probabilmente non passerà mai in sala. Per la sua stessa natura di utilizzare una sola vera location e pochissimi interpreti, riesce a sfruttare al massimo il budget con un cast totalmente all’altezza di reggere questa sfida e con una scenografia efficace. Anche gli effetti di computer grafica che diventeranno fondamentali da un certo punto in poi fanno adeguatamente il loro dovere, almeno sul piccolo schermo. L’unità di tempo e luogo attinge a tecniche antichissime per raccontare una storia universale e allo stesso tempo proiettata verso il futuro e l’annosa domanda su etica e scienza.

Alexandre Aja non è un regista di primo piano, i suoi lavori fin ora sono spesso ben riusciti ma non ha (ancora) superato il confine che relega molti autori di genere a un cinema di serie b. Non è da escludere tuttavia che presto possa essere rivalutato come un buon tecnico e una mano attenta a rendere atmosfere e adrenalina. Suo è il remake de Le colline hanno gli occhi (2006), uno dei pochi a non essere distrutto dai fan dell’originale. Che Oxygen sia il film giusto per fare il salto?

Oxygen è su Netflix dal 12 maggio 2021.

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Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.