“Tu non sei invisibile, sei solo un supereroe”.

Il premio Oscar, Gabriele Salvatores, torna a dirigere la storia del giovane supereroe italiano, per il suo secondo capitolo, riproponendo un genere amatissimo nel Belpaese, ma mai affrontato (eccezion fatta per Mainetti con Lo chiamavano Jeeg Robot) con coraggio dai registi nostrani: Il Ragazzo Invisibile – Seconda generazione.

Dopo la pellicola uscita nel 2014, accolta con un discreto consenso da parte della critica, ma non ripagata dal botteghino, il regista napoletano decide di ritornare dietro la camera dirigendo un sequel più maturo e consapevole di sé stesso, mettendo, seppur minimamente, da parte la questione dei superpoteri e concentrando prevalentemente la sua opera sulla figura del giovane protagonista Michele.

Infatti, dopo quanto accaduto nel primo capitolo di quella che sarà una saga vera e propria (come è stato confermato dallo stesso Salvatores, speranzoso di ricevere il benestare della casa di produzione Indigo), troviamo il giovanissimo triestino più oscuro, più combattuto ed introspettivo.
Il time-skip di tre anni si fa sentire, mostrando l’eroe nella tipica fase di ribellione ed incomprensione adolescenziale.
Questa sfaccettatura è senza alcun dubbio la più affascinante ed interessante dell’intera opera, e Salvatores decide di analizzare totalmente la figura di Michele, il suo rapporto con gli altri, con la famiglia, con l’amore, mentre i suoi poteri finiscono per essere quasi unicamente un tramite.

Purtroppo l’intero film si basa in pratica sulla regia del premio Oscar napoletano, perché lo script, oltre ad un messaggio forte che prova a mandare allo spettatore seduto in sala, non ci lascia molto altro.
Senza alcun dubbio la sceneggiatura, sviluppata da Fabbri, Rampoldi e Sardo, presenta delle forzature durante tutto l’arco narrativo, nette ed evidenti.
La storia, a differenza del primo capitolo, non è più lineare, ha dei salti temporali, delle intersezioni possibilmente interessanti, ma gli incastri risultano sempre posti unicamente per poter arrivare a dama, rendendo il tutto meno fluido, finendo per far perdere il ritmo ad un’opera che non riesce mai a premere sull’acceleratore (e per un film prettamente supereroistico è abbastanza grave).

Migliorano di molto invece gli effetti visivi (VFX), affidati all’esperto Victor Perez, il quale, dopo aver collaborato in The Dark Knight Rises e Rogue One, ha deciso di cimentarsi in una sfida assai ardua, a causa di un budget di modeste dimensioni rispetto ai colossal statunitensi, ma riuscendo a portare sullo schermo un prodotto visivamente e qualitativamente molto valido, dimostrando che la qualità non è necessariamente, e strettamente, vincolata ai soldi nel mondo della cinematografia.

L’altalena di giudizi dati sino ad ora, però, riprende a toccare il fondo non appena si prova ad analizzare nel complesso l’opera, visto che, tralasciando la regia di Salvatores, l’idea alla base interessante e le migliorie in campo VFX, tutto ciò che ci resta dopo la visione è realmente poco.
Il Ragazzo Invisibile – Seconda generazione non solo non riesce a reggere il confronto con i modelli Marvel ai quali si ispira, ma finisce per apparire come una mera storpiatura della fenomenologia supereroistica, dalla quale prova a distaccarsi, senza mai riuscirvi.
Oltre ciò il cast non aiuta a poter dare un giudizio positivo, visto che il protagonista, Ludovico Girardello, si palesa a più riprese acerbo e piatto, deludendo ulteriormente le speranze di una sua maturazione artistica.

Unica nota realmente positiva risulta essere la fotografia, la quale, riprendendo la falsariga delle produzioni seriali, e non, di stampo italiano, con campi medi e mezze figure permette l’esaltazione dei personaggi sullo schermo, donando, tramite la palette spenta ed urbana, una resa volutamente dark e “povera”.

il ragazzo invisibile seconda generazione


Verdetto:

Il Ragazzo invisibile – Seconda generazione più che essere il secondo capitolo di una saga supereroistica di stampo italiano, risulta l’ennesimo esperimento non andato a buon fine.
Nonostante la regia del premio Oscar Gabriele Salvatores, la pellicola ha unicamente punti bui dove lo spettatore finisce per perdersi, soprattutto a fronte del sempre più crescente fenomeno dei supereroi nato nel 21esimo secolo, tale da far scaturire, naturalmente, un parallelismo con le opere americane, da cui la produzione nostrana non riesce ad uscirne mai vincitrice.
Una trama per nulla fluida, forzature di sceneggiatura e un cast non convincente, finiscono per affossare del tutto un film al quale non gli si chiedeva più di tanto rispetto a quanto avesse fatto intravedere tre anni prima.
Tutto ciò risulta essere un vero peccato considerate le premesse che erano state create per questo secondo capitolo, che non ha appreso nulla dagli errori del passato, finendo per essere un prodotto decisamente anonimo.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.