A vulgar display of cyberpunk power

Grazie all’arrivo sui grandi schermi di Blade Runner 2049, il mondo è tornato a parlare di cyberpunk e di universi fatti di replicanti, tecnologie superiori che si infiltrano in ogni aspetto della nostra quotidianità, ragionando sui pro e i contro e conflitti etici che sono sempre più vicini ad essere concreti.

Non poteva dunque esserci un periodo migliore per l’uscita di Ruiner, primo titolo dello studio indipendente polacco Reikon e pubblicato da Devolver Digital che, fregiandosi di un’estetica molto vicina al capolavoro di Ridley Scott e Denis Villeneuve, offre un gameplay brutale e divertente, rivelandosi l’ennesima uscita di nicchia meritevole di una partita.

L’anno è il 2091, in un futuro distopico dove le biotecnologie sono ormai all’ordine del giorno. La città orientale di Rengkok fa da sfondo alle disavventure del nostro personaggio, un uomo ridotto ad un cyborg il cui destino è stato ormai tracciato: uccidere il capo dell’Heaven, società specializzata nella diffusione di esperienze virtuali che tengono la popolazione all’oscuro delle numerose macchinazioni del governo e della corruzione che serpeggia all’interno degli apparati dirigenti della società. Minacciati ad eseguire azioni brutali per salvare nostro fratello, un’hacker sconosciuta ci farà tornare in noi, dando il via ad una strada lastricata di sangue per contrastare un mondo ormai sull’orlo del collasso. La trama del titolo è di per sé molto semplice e abbastanza lineare, tuttavia ad affascinare maggiormente sono i vari elementi di contorno che costituiscono una lore solida ed intrigante, che caratterizza in modo efficace ogni elemento del gioco dandogli uno stile ottimo, coadiuvato da scelte stilistiche che si sposano perfettamente con le connotazioni generalmente oscure di questo genere di produzioni.

Passando al gioco vero e proprio, Ruiner è un twin stick shooter isometrico che non riesce a non ricordare titoli come Hotline Miami, anche se con alcune differenze. Una di queste è la presenza fissa nel nostro arsenale di due armi, un tubo di metallo ed una pistola dotata di munizioni infinite, dotazione che si rivela essenziale ma che, molto presto, si rivelerà lo stretto indispensabile per sopravvivere. Di fatto, le armi presenti nel gioco sono molteplici ed ognuna di esse offre una vasta gamma di modalità di fuoco che andranno studiate un minimo per padroneggiare al meglio la situazione. Questo perché, a differenza del titolo Devolver già citato, ci troveremo spesso e malvolentieri in aree di grandezza variabile e sempre circondati da nemici, cosa che rende il gameplay molto adrenalinico ed avvincente e che ci farà correre per ogni lato dello schermo sprigionando una furia omicida che offre discrete soddisfazioni, soprattutto con effetti al rallentatore che esaltano i nostri movimenti, e ci permettono di individuare subito un nuovo obiettivo per concatenare combo sempre più cruente. Non mancano poi abilità speciali come un dash che ci aiuterà a fuggire verso una protezione dal fuoco nemico, utilizzabile però un numero limitato di volte, ed uno scudo che può essere un’extrema ratio per evitare la morte e riprendere un po’ di fiato, anche se quest’ultimo richiede dell’energia speciale recuperabile da alcune piattaforme nella mappa. Per questa ragione Ruined si rivela un gioco discretamente impegnativo, punitivo sempre il giusto e, all’occorrenza, dotato di ben quattro livelli di difficoltà che permettono ad ogni tipo di giocatore di affrontare il titolo a suo piacimento, per quanto la bontà del gameplay vi porterà sicuramente ad alzare sempre l’asticella e spingervi oltre i limiti.

A fare da contorno alle nostre scorribande, c’è poi Rengkok: la città fittizia che fa da sfondo al titolo rappresenta un hub di gioco pieno di cose da fare, tra minigiochi di esplorazione e non solo, le quali ci permetteranno di aumentare il nostro livello di Karma (leggasi esperienza) e di ottenere punti abilità per potenziare il nostro personaggio. Lo skill tree in dotazione offre la bellezza di dodici sezioni diverse, con numerose evoluzioni che renderanno i nostri poteri sempre più efficaci ed utili, ad esempio aumentando il numero di dash effettuabili ed il tempo di recupero dello stesso, oppure permettendo al nostro scudo di deflettere i proiettili nemici facilitando le nostre operazioni di eliminazione sistematica. Ogni potenziamento sarà corredato da un videotutorial che illustra i cambiamenti e, all’occorrenza, il gioco permette il reset completo delle abilità permettendo al giocatore di divertirsi nello sperimentare combinazioni differenti in modo da adattare ogni potere al nostro stile, con personalizzazioni tutte da scoprire.

Se dunque il gameplay di Ruiner è solido, lo stesso si può dire per il frangente tecnico: artisticamente parlando il gioco pesca a piene mani dall’immaginario cyberpunk occidentale ed orientale, offrendo ambienti non sempre ricchi di dettagli ma dall’atmosfera indubbiamente convincente. Molto buono è poi il lavoro svolo sul character design, molto più vicino al manga ma con peculiarità che esaltano un’originalità di fondo. A ciò si devono aggiungere vari effetti visivi che ci renderanno sempre consapevoli della nostra essenza di cyborg, con messaggi su schermo inquietanti ed un senso di desolazione che viene resa alla perfezione anche sotto il profilo visivo. Per il resto, l’utilizzo dell’ormai rodatissimo Unreal Engine 4 ha permesso al team di sviluppo di creare un gioco che gira fluidissimo e senza intoppi, sfruttando ampiamente la potenza di calcolo in cutscenes dal dettaglio notevole mentre le fasi in-game risultano leggermente inferiori ma comunque più che buone.

Altri complimenti vanno alla colonna sonora, ovviamente elettronica e piacevolmente dinamica in quanto l’intensità dei suoni aumenterà man mano che progrediremo nei vari livelli, espandendo la gamma di suoni e incalzando il ritmo di gioco.

Verdetto

Nonostante le apparenze, Ruiner prende nettamente le distanze da Hotline Miami con un gameplay molto più sviluppato e più adrenalinico, con scontri al cardiopalma dove potenza di fuoco e abilità saranno la chiave per vincere. Il tutto, calato in un’atmosfera cyberpunk più che convincente e che manderà in brodo di giuggiole coloro che amano questa corrente artistica.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.