Esploriamo Gravoi, la fittizia città sarda protagonista di Saturnalia. Perdiamoci nella labirintica anteprima del nuovo survival horror firmato Santa Ragione e Horrible Guild

Ci sono moltissime cose che, in potenza, potrebbero rendere Saturnalia un titolo di interesse del prossimo futuro tra quelli disponibili in esclusiva su Epic Store. Alcuni di essi ho avuto modo di discuterli insieme a Pietro Righi Riva (game director di Santa Ragione) in un’intervista pubblicata recentemente, ma meritano comunque di essere riesplorati e rielaborati. Altri, invece, li ho potuti comprendere solo pad alla mano; approfondendo via via la mia conoscenza di Gravoi e delle vite che la animano.  Tutto questo, però, ha bisogno di una premessa che sarà anche bussola con cui leggere quanto segue: questo gioco va scoperto e compreso in prima persona, sperimentandolo in modo diretto.

Per chiarirci fin da subito: no, non si tratta di una banalissima e sterile crociata contro gli spoiler (anche perché chi vi scrive spesso e volentieri si è espresso in modo decisamente permissivo nei confronti degli stessi). Qui, al contrario, la componente narrativa è un velo da sollevare in conseguenza e in relazione alla crescita di consapevolezza del tutto in chi gioca. Mano a mano che si ha dimestichezza con i sistemi e le meccaniche che il gioco ci pone di fronte, infatti, avremo più o meno chiari elementi del racconto che sono – a tutti gli effetti – ricompense e risultati di ciò che avremmo fatto o scelto di non fare.

Badate bene, il gioco (almeno nel suo stato attuale, essendo ancora da ultimare) non pone a chi gioca delle scelte morali da compiere ma piuttosto si rivela ai suoi occhi in base all’ordine con cui ha scelto di risolvere determinati eventi, alle reazioni che ha avuto a determinati eventi. Arrivati a questo punto dell’articolo, non vi sarà esattamente chiaro quel che sto cercando di raccontarvi. E, in un certo senso, l’esperienza che potreste avere giocando a Saturnalia non differisce molto da questo: tra non molte righe capirete il perché. Quindi accendete l’ultimo fiammifero che vi è rimasto in tasca e muoviamo insieme i primi passi per le strade di Gravoi.

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Perdersi a Gravoi: la creatura, i fiammiferi e le strade

L’idea alla base di Saturnalia, che non solo si lega perfettamente con lo smarrimento e il disvelamento progressivo ma ne definisce l’importanza, è quella di un survival horror basato su labirinti all’interno dei quali chi gioca si muove con a disposizione una risorsa limitata. Immaginate il più classico degli inseguimenti: una creatura spaventosa è in cerca di sangue, e gli indifesi protagonisti hanno poco altro a disposizione se non scappare, nascondersi e – data la scarsa illuminazione del labirinto – illuminare con le ridotte fonti di luce (i fiammiferi) che gli sono rimaste nelle tasche. Il gioco, in parole molto semplici, parte da questa premessa.

Gravoi è un groviglio di misteri, all’interno del quale chi gioca deve imparare a muoversi gestendosi e gestendo ciò che ha. Questo viene tradotto in termini ludico-meccanici con una struttura che pesca dai roguelike gli elementi di ricorsività e ripetizione svuotandoli dalle inevitabili frustrazioni dovute alle morti dei personaggi. In Saturnalia, infatti, la creazione casuale del dungeon che cambia a ogni incursione viene collegata a mandate strette con una costruzione tensiva che possa instaurare nuovi discorsi su ciò che può fare paura. Questo porta al game over quando ciascuno dei quattro personaggi disponibili muore, portando Gravoi a riconfigurarsi e chi gioca a perdere consumabili e utilità.

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La frustrazione, però, viene attenuata dal mantenimento dei progressi narrativi compiuti da chi gioca. Non sarà necessario ricominciare da zero la storia, con il rischio che un determinato momento di tensione perda della sua carica, ma il tutto viene riconfigurato in modo tale che certe situazioni siano ripetibili con la stessa intensità. Perdere quindi è comunque inteso come una sanzione fortemente negativa e che chi gioca deve in un certo senso temere, non per una banale questione di progressione ma per una più costruttiva e compiuta volontà tematica. Imparare a capire fin dove si può abbassare la guardia e quando invece è necessario fare economia di ciò che si ha per non rischiare eccessivamente di perderlo. Saturnalia vuole rendere tensivo e pauroso questo aspetto, instillando in chi gioca il costante dubbio di non avere a disposizione oggetti fondamentali e personaggi a cui farli usare per sempre.

Ci troviamo dunque di fronte a un gioco dove la missione principale che chi ha sviluppato voleva perseguire è cercare di capire cosa può fare paura in un videogioco anche e soprattutto a livello meccanico, senza essere eccessivamente frustrante e gravoso per chi gioca. La soluzione scelta apre in potenza moltissime porte, che giocando siamo chiamate e chiamati ad aprire. Si ha quindi un gioco che vuole prima di tutto raccontare una storia e farla arrivare a qualcuno, anche tramite soluzioni rompicapo (come il menù/infografica che ci dà una mappa concettuale delle diramazioni narrative che abbiamo scoperto fino a quel punto) che siamo chiamati a districare e interpretare.

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Conoscere Gravoi: le tradizioni, la miniera e le persone

Ho già avuto modo di sottolineare che svelare i dettagli narrativi che potete trovare dentro Saturnalia andrebbe a inficiare la vostra personale esperienza con il gioco, perché parte integrante del processo ludico passa anche attraverso la storia che Santa Ragione e Horrible Guild hanno voluto raccontare. Quel che si può fare, però, è provare a evocarne le sensazioni, i temi e le ragioni.

È inevitabile partire, parlando di questo aspetto, iniziare dall’ambientazione e dalla fascinazioni estetiche che gli sono state affiancate. Gravoi è, infatti, un paese immaginario della Sardegna che da essa ne raccoglie tradizioni, costumi ed eredità declinando il tutto con un accento proprio, finalizzato e pensato apposta per comunicare una storia che è ispirata da quei luoghi ma non esplicitamente tratta da essi. I riferimenti folkloristici, nel gioco, sono solo la base per un discorso che non necessariamente ha gli stessi valori.

Viene dimostrato quindi un notevole impegno e volontà di preservare il significato originale del materiale a cui ci si è ispirati senza distorcerlo, ma anzi preservarlo e omaggiarlo con una storia che ne ricava le sensazioni più che i significati letterali.

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L’intreccio principale di Saturnalia quindi coinvolge sì carnevali e tradizioni sarde, ma solo come punti di partenza e non in una traduzione letterale, per parlare di altri temi attraverso l’angoscia e l’orrore. Nello specifico sto parlando del rapporto tra politica e persone comuni (e soprattutto lavoratori) sul finire degli anni ’80 in Italia che senza anticiparvi troppo è il filo conduttore che rende coese tutte le sottotrame che vengono svolte nel gioco. Un sottotesto che in primo luogo sembra leggero, quasi a voler accompagnare per mano chi gioca attraverso la comprensione di un clima politico estremamente particolare, ma che poi esplode portandoci alla vera questione: come possiamo rapportarci a una storia di trent’anni fa con la consapevolezza e i problemi di oggi? Dove abbiamo sbagliato? Dove stiamo sbagliando?

Si crea quindi un contesto in cui horror e temi sociali non soltanto coesistono ma sono estremamente dipendenti tra di loro. In cui le domande e le risposte di ieri sono da confrontare con quelle di oggi, e conseguentemente l’elemento più strettamente allegorico e metaforico (ovvero tutto quello che riguarda il sovrannaturale nel gioco) possono in un certo senso diventare gli elementi di decrittazione su cui svolgere i dovuti ragionamenti. Saturnalia, dunque, si pone la grande responsabilità di sensibilizzare attraverso il videogioco; e non possiamo fare altro che esserne contenti.

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In conclusione: l’anteprima di Saturnalia che ho avuto la fortuna di provare mostra un gioco con un enorme potenziale dalla sua. Un lavoro che rende sempre più evidente l’urgenza del videogioco di prendersi a carico i temi più impellenti della nostra società, di quelle passate e di quelle future. Un gioco che declina tutto ciò che ha al suo interno alla ricerca di nuovi modi di raccontare l’orrore, che arrivino anche in modo strettamente ludico. Una storia che potrà davvero cambiare le cose. Tenete d’occhio il progetto, in arrivo prestissimo su Epic Store, perché difficilmente ne resterete delusi.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.