VR: ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise…

Devo ammetterlo, non sono mai stato un fan sfegatato di Star Trek. Ne ho visti svariati episodi, ne ho sempre riconosciute le qualità, e non essendo poi tanto giovincello, conosco i motivi per cui è diventata una serie cult. Diciamo però che per un motivo o per l’altro, non sono mai stato di quella “sponda”. Detto ciò, forse potreste anche considerarlo un fattore positivo, perché posso essere così sicuramente più imparziale nel giudizio del nuovo titolo di Ubisoft dedicato alla celeberrima saga fantascientifica: Star Trek: Bridge Crew.

Quello di cui vi parliamo è di un titolo che, al di là del franchise di appartenenza, è veramente peculiare, e in questo, non si può certo dire a Ubisoft di non provaci ogni tanto, tra i mille giochi cloni, a sfornare qualche idea originale. Bridge Crew è studiato appositamente per la realtà virtuale, e si può giocare sia con i visori dedicati al PC gaming, che con PS VR, versione che ho personalmente testato. Parlare del suo concept in generale è molto semplice, ma diventa estremamente complesso andando nel dettaglio delle meccaniche, vedrò perciò di farvi capire al meglio su cosa si base l’esperienza.

Saremo chiamati a vestire i panni dell’equipaggio della Aegis, una nave della Federazione di nuova generazione, che funzionerà solo grazie alle forze congiunte di quattro professionisti a bordo. Nello specifico il capitano, il timoniere, il tattico e l’ingegnere. Se avete presente una qualsiasi puntata della serie, avrete già in mente lo scenario tipo in cui vi troverete. In effetti, la struttura del gioco fa di Bridge Crew un gioco difficilmente inquadrabile. Si tratta di un misto tra uno strategico e un gestionale in prima persona. Ma è anche un gioco di ruolo a tutti gli effetti nella concezione più letterale del termine. Il lungo e impegnativo tutorial infatti, in cui imparerete tutti i comandi e  le responsabilità di ogni singola mansione, servirà a darvi un’idea della complessità con cui si è cercato di simulare il funzionamento di queste aeronavi spaziali.

Il capitano naturalmente sarà il direttore d’orchestra, quello che dalla propria poltrona avrà accesso alle informazioni basilari di tutti i comparti, quello che potrà decidere gli obiettivi da seguire e le modalità di svolgimento della missione. Il timoniere come è facile intuire, si occuperà attraverso i propri dispositivi di tutte le manovre del mezzo. Il tattico dovrà fare attenzione alle difese, agli scudi, potrà scannerizzare le navi nemiche o sconosciute e potrà in caso di pericolo rispondere al fuoco o fare la prima manovra d’attacco, decidendo all’occorrenza di colpire aree ben determinate del bersaglio. Avrà inoltre la facoltà di individuare superstiti e teletrasportarli nel nostro mezzo. Infine l’ingegnere sarà chiamato a gestire tutte le risorse energetiche della Aegis, la nostra nave spaziale, allocando slot energetici nelle risorse più utili alla situazione, che siano quelle belliche o quelle necessarie a manovre estreme come i viaggi nell’iperspazio. Dovrà anche decidere quante squadre tra quelle disponibili destinare alle riparazioni dei vari settori danneggiati. Se detta così la gestione della nave sembra semplice, vi assicuro che visore in testa e pad alla mano, vi accorgerete quanto anche la più semplice operazione non abbia nulla di automatico ma richieda un certo impegno e la perfetta conoscenza della propria plancia di comando, che ovviamente sarà estremamente diversa per tutti quanti.

Non solo, se quelle descritte sono a grandi linee le mansioni principali dei 4 personaggi (ma ci sono anche innumerevoli altre meccaniche minori da apprendere), studiate per avere un egual grado di importanza e complessità nello svolgimento della missione (per quanto onestamente, il ruolo dell’ingegnere sembri a conti fatti quello un po’ più noioso tra tutti), la più grande variabile per la buona riuscita dei nostri obiettivi rimarrà sempre la perfetta cooperazione e coordinazione tra i vari posti di comando. Bridge Crew infatti si prodiga talmente tanto a simulare in maniera verosimile il funzionamento di un mezzo spaziale di questo genere, che esattamente come ci aspetteremmo nella “realtà”, e come di fatto ci insegna la serie televisiva, è impossibile da governare per una persona sola. Ed ecco che quindi emerge la caratteristica madre del titolo di Ubisoft: Bridge Crew è un gioco che va necessariamente fatto in cooperativa con 4 giocatori. Non solo, richiede un’interazione diretta e vocale, e un affiatamento nella squadra senza la quale ogni sessione di gioco può inevitabilmente passare solo dal tedioso all’”impossibile da portare a termine”. Non esistono infatti azioni da compiere nell’individualità più totale, e il lavoro di ogni specialista si intreccerà con quello degli altri  costantemente. Il comandante è l’unico che potrà realmente tenere sotto osservazione la situazione generale dei vari comparti, il timoniere dovrà per forza dirigere la prua della nave in modo che il tattico possa tenere sotto tiro il bersaglio, allo stesso modo quest’ultimo dovrà aspettare l’intervento dell’ingegnere per poter disporre di maggiore potenza nelle armi che gestisce. Ma questi sono solo alcuni esempi. Giocare con questi presupposti significa vivere un’esperienza appagante, divertente ed estremamente intrigante, soprattutto se si deciderà di immergersi completamente nei panni del proprio alter ego. Questo coadiuvato alla già avvinghiante natura della VR, rende Bridge Crew un titolo estremamente coinvolgente, nonostante graficamente, diciamocelo chiaramente, non sia un granché, e restituisca un’idea del ponte di comando e dello spazio circostante piuttosto abbozzata. Il rovescio della medaglia è però altrettanto rilevante ai fini della valutazione del gioco. Un concept così squisitamente confezionato intorno ad un’idea di cooperazione completa, non può funzionare con la stessa efficacia senza di essa, e infatti, se già giocare con un team poco collaborativo o inesperto ammazza il divertimento molto in fretta, ho trovato il titolo in singolo particolarmente frustrante e noioso.

In singolo infatti avremmo si modo di dare semplici comandi agli altri membri mossi dalla IA, ma spesso e volentieri sarà veramente troppo limitata come cosa, e dovremmo necessariamente entrare nei panni di tutti e 4 i membri dell’equipaggio per svolgere di volta in volta tutti i passaggi richiesti dall’obiettivo, che sia esso una ricognizione, un attacco, un’esplorazione e cosi via. Giocato così Star Trek si rivela un titolo troppo statico, meccanico, lento e per niente coinvolgente. Forse gli amanti più estremi di Star Trek riusciranno a divertirsi lo stesso, galvanizzati dal contesto tanto fedele a quello originale, e troveranno perciò soddisfacente premere tasti, spostare cursori, tirare leve, anche da soli; ma la verità è che con questa impostazione il valore ludico del titolo precipita a piombo ed è francamente sconsigliato a tutti. Sul piano dei contenuti, Ubisoft ha fatto un lavoro senza infamia né lode, la campagna offre 5 missioni  della durata di circa un’ora che sebbene offrano l’opportunità di essere affrontate con una certa libertà, e con un sapore sempre nuovo a seconda del personaggio utilizzato, non offrono quella varietà di situazione che ci saremmo aspettati da un gioco che poteva pescare spunti da centinaia di episodi televisivi. È però presente un’altra modalità che, oltre a permettervi di usare la mitica Enterprise (con le strumentazioni di bordo vintage più confuse e indecifrabili che rendono la sfida ancora più alta), rimescola sempre le carte in tavola generando missioni con uno sviluppo degli eventi casuali che quanto meno permettono di elevare la longevità del titolo su dei livelli accettabili.

Verdetto

Star Trek: Bridge Crew è un gioco che sfrutta molto bene la VR e il brand a cui si ispira, che fa del suo più grande pregio, paradossalmente, anche il più grande difetto: funziona come deve e diverte solo ed esclusivamente in cooperativa partecipata. Il problema quindi sorge nel momento in cui non è cosi scontato riuscire a trovare una situazione del genere molto spesso, a meno che non avete 3 amici muniti di visore disposti a lanciarsi nell’avventura con voi. Inoltre il gioco soffre di una certa sciattezza in tutto ciò che fa di contorno al gameplay, ovvero una grafica funzionale ma niente più (e si, si poteva fare di più anche con PS VR), un editor del proprio alter ego molto superficiale, la presenza della sola lingua inglese (uno scoglio veramente grosso vista la complessità del sistema di gioco), un comparto narrativo veramente poco entusiasmante e una serie di missioni che non offre una varietà di obiettivi e spunti strategici tali da sentirsi pienamente soddisfatti. Rimane comunque un gioco dalle grandi potenzialità. Se siete dei fan sfegatati di Star Trek poi, penso potete decisamente alzare il voto di un punto se non addirittura due: non esiste un gioco al giorno d’oggi che vi possa far sentire in maniera così viscerale dentro l’universo ideato da Gene Roddenberry nel lontano 1966.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!