In occasione dell’anteprima stampa di Coco, nuovo film targato Pixar, che verrà accolto dalle nostre sale cinematografiche questo Natale, abbiamo avuto modo di incontrare e scambiare due chiacchiere con il regista Lee Unkrich e con la produttrice Pixar Darla K. Anderson.

Gli eredi di Frida Kahlo (pittrice messicana più volte citata e omaggiata nella pellicola) hanno visto il film? Come l’hanno giudicato?

Lee Unkrich: Assolutamente sì, l’hanno visto. Non solo, durante la realizzazione del film abbiamo avuto modo di collaborare con la Frida Kahlo Estate, fondazione che preserva la memoria di questa artista e che ci ha aiutato nel rendere al meglio alcuni snodi narrativi che la vedono protagonista, ma anche con diversi studiosi e consulenti artistici. Per noi questa collaborazione è stata fondamentale per creare qualcosa che fosse non solo accurato ma soprattutto rispettoso nei confronti di una personalità simile.

Il film tratta tematiche molto delicate per un pubblico giovane, ad esempio un aldilà molto laico ma anche l’idea del non dover seguire le regole della famiglia rinunciando alle proprie passioni. Come siete riusciti a mantenere in equilibrio i vari temi?

Lee Unkrich: Per noi era estremamente importante realizzare una rappresentazione della terra dei morti che fosse quanto più fedele alla tradizione messicana del Dia de los Muertos, ed era altrettanto importante dare il messaggio che questa non fosse comunque la destinazione finale. Ci auguriamo che il film possa essere visto da spettatori di ogni cultura e religione, lasciando a chiunque la libertà di avere la propria visione definitiva, cosa che anche nel film resta un mistero così come lo è per noi. Aggiungo poi che quando realizziamo dei film, non pensiamo ai bambini bensì a tutti e principalmente a noi stessi, accertandoci che siano comunque adatti ai giovani e che i messaggi trasmessi siano di speranza.

Darla K. Anderson: Sin dall’inizio della produzione desideravamo esplorare il tema del perseguimento delle proprie passioni e il Dia de los Muertos si presta bene, essendo una festività basata sul valore della famiglia. Un altro obiettivo era quello di rendere la musica un punto centrale e la tradizione messicana ci ha permesso di fare un lavoro di cui siamo molto fieri. Per noi è stata un’enorme gratificazione lavorare ad un film capace di integrare tutte queste tematiche.

Parlando delle tecniche di animazione, Coco mostra ancora una volta le enormi capacità di Pixar. Quali sono state le evoluzioni che hanno permesso di creare questo mondo incredibile dal punto di vista visivo?

Lee Unkrich: Realizzare la terra dei morti è stata una delle sfide più complesse che abbiamo mai affrontato, non solo dal punto di vista tecnico ma anche sul fronte del design. Avremmo potuto creare qualunque cosa e, nonostante le tante ricerche fatte in terra messicana, non abbiamo certo potuto visitare il regno dei morti! Abbiamo basato tutto sulla creatività, sempre però tenendo a mente i luoghi reali che abbiamo visto, immaginando una città in perenne costruzione poiché la popolazione di questo mondo non finisce mai. Il team tecnico ha comunque lavorato sodo e in stretta collaborazione con la nostra squadra di artisti, generando qualcosa che sarebbe stato impossibile qualche anno fa, vista una complessità generale che nessun computer sarebbe stato in grado di gestire, ed il risultato finale ci ha soddisfatto oltre ogni nostra aspettativa.

Il personaggio di Ernesto De La Cruz ha sicuramente un’impronta particolare nel film anche come caratterizzazione. Quali sono state le maggiori ispirazioni? Inoltre viene evidenziato anche il tema del confine e della frontiera; che impatto pensate possa avere sugli spettatori, dopo la visione?

Darla K. Anderson: De La Cruz è stato creato traendo ispirazione da un buon numero di cantanti come Jorge Negrete, Javier Solis, Vincente Fernàndez e altri, e pure una punta di Elvis, se vogliamo. Il nostro obiettivo era comunque rappresentare un personaggio carismatico ed amato dal mondo del film, rendendolo epico anche per lo spettatore.

Lee Unkrich: Quanto al tema della frontiera non saprei davvero cosa dire! Se non fossimo ad un incontro con la stampa farei volentieri una chiacchierata sull’argomento.

Darla K. Anderson: Al di là di polemiche che non ci appartengono, a noi interessava porre l’accento sul tema del ricordo dei propri antenati e sul fatto che non vadano mai dimenticati. Il concetto della frontiera è legato molto al nostro DNA che, al suo interno, racchiude le nostre radici biologiche e non solo: è dunque fondamentale tenere sempre nel cuore la nostra famiglia ed essere grati ai nostri antenati, che tanto hanno fatto per farci essere dove siamo adesso.

intervista lee unkirch e darla k. anderson

Visto il popolo di scheletri che ambienta il mondo di Coco, c’è qualche correlazione con La Sposa Cadavere di Tim Burton? Quali sono state, in generale, le ispirazioni musicali e cinematografiche che hanno contribuito alla creazione del film?

Lee Unkrich: Sapevamo già di dover realizzare un film che avrebbe contenuto molti scheletri al suo interno, quindi ci siamo documentati guardando numerose pellicole a riguardo, inclusa La Sposa Cadavere, ma abbiamo comunque cercato di creare un nostro spazio in modo originale. Quanto alle musiche, una delle mie ispirazioni personali è stato Fratello Dove Sei? Dei Coen, un film dove è impossibile scindere la musica dalla narrazione e che si basa su un genere specifico, esattamente come accade in Coco.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.