“L’arte più nobile è quella di rendere gli altri felici”

Al cinema approda la storia di Phineas Taylor Barnum, fatica del giovane regista Michael Gracey, coadiuvato da un cast nato per vivere di musical, capace di mettere in scena una rappresentazione pirotecnica e memorabile: The Greatest Showman.

In uscita nelle sale il 25 Dicembre, il musical che vede come protagonisti Hugh Jackman, Zac Efron e la giovane cantante pop Zendaya, è una sorta di evoluzione 2.0 di quanto abbiamo visto anni fa con Moulin Rouge, capace di trasportare il pubblico con canzoni composte da John Debney e brani originali firmati dal team dei compositori di La La Land, spettacolari coreografie, ed un cast altamente trascinante.

Quello che riesce a fare l’opera di Michael Gracey è, senza alcun dubbio, ciò che dovrebbe fare qualsiasi musical che si rispetti: intrattenere.
L’opera, durante tutto l’arco narrativo, è una coreografia costante ed interminabile, aiutata da canzoni che entrano subito in testa (seppur non siano paragonabili, avevamo già testato una situazione simile con La La Land), capace di affascinare lo spettatore sin dal primo minuto.
Vero mattatore è certamente Jackman, il quale ci fa ricordare che, dopo Le Misérables, è totalmente a suo agio sia nel canto che nel ballo, riuscendo a mettere in scena una performance a dir poco fantastica.
Molto bene anche Efron e Zendaya, anche loro per nulla a disagio in questo genere, e soprattutto i vari personaggi secondari e di contorno, artefici di uno spettacolo visivo ideale per tutti colori i quali desiderano sognare ad occhi aperti.
Sognare, sì perché The Greatest Showman è paragonabile ad una grande fiaba, un film dedicato sia ai sognatori che a tutti coloro i quali sperino di trovare un posto nel mondo, una rivincita dei reietti e degli ultimi, capace di non scadere (quasi mai) nei pleonastici banalismi hollywoodiani dove vince sempre il perdente.

Se il genere musical nasce per far canticchiare allo spettatore le canzoni ascoltate durante la proiezione, la pellicola che ha come protagonista l’ormai ex Wolverine ci riesce in pieno, offrendoci uno spettacolo audiovisivo curato nel dettaglio.
Lo script è molto romanzato, visto che fa passare Barnum come un filantropico sognatore e buon samaritano, travisando la realtà, visto che storicamente lo si è sempre accusato di aver sfruttato la figura dei “freaks” per arricchirsi, ma la resa finale è di certo efficace.
Il ritmo dello show è esageratamente incalzante, con zero punti morti, capace di partire sin da subito con il piede sull’acceleratore grazie ad una coreografia spettacolare che fa da cartina da tornasole per ciò che vedremo durante tutti i 139 minuti di proiezione (che hanno il merito di scorrere velocemente senza annoiare).

Ma se da una parte il ritmo, i costumi, le coreografie e le canzoni vengono promosse a pieni voti, dall’altro bisogna dire che la trama rimane leggermente banale, probabilmente rea di aver semplificato ed addolcito esageratamente una tematica sociale molto delicata come “il circo dei mostri”.
Ovviamente, come già anticipato, non ci troviamo davanti ad un’opera colossale paragonabile alla pluripremiata creazione di Chazelle, ma senza dubbio, nonostante tali premesse, i più rigidi storceranno il naso dinnanzi ad una trasposizione molto leggera.

Lo spettacolo visivo però è indubbiamente elevato ed altamente apprezzabile, figlio oltre che delle già citate canzoni e delle coreografie acrobatiche, anche di una fotografia eccezionale, viva, che sa esaltare una palette di colori incredibilmente vasta, diretta magistralmente dall’esperto Seamus McGarvey (The Avengers, Godzilla, Animali Notturni).

 

Verdetto

The Greatest Showman è un musical fresco e vivace, capace di entusiasmare il pubblico di ogni età grazie ad una spettacolare e pirotecnica messa in scena.
Puro intrattenimento visivo, coadiuvato da una tracklist originale che sa rimanere impressa nella mente dello spettatore, resa ancor più magistrale grazie ad un cast nato per vivere di musical.
Il trio clou dell’opera è senza alcun dubbio accattivante, e cattura sia il target più giovane (grazie ad Efron e Zendaya, promossi a pieni voti) che i cinefili più navigati, ma tra di loro Hugh Jackman giganteggia totalmente sullo schermo, meritandosi una valutazione degna di lode, grazie ad una interpretazione convincente, efficace ed esageratamente viva.
Coreografie eccezionali sì, ma l’opera di Gracey ha tanto altro oltre allo spettacolo offerto dai circensi di Barnum.
Il regista australiano ci fornisce una pellicola ricca di contenuti e significati, desiderosa di lasciarci un messaggio e farci riflettere, una fiaba capace di far brillare gli occhi di tutti coloro i quali si sono sentiti abbandonati o messi da parte durante le proprie vite, e che prova ad indicargli la via attraverso la quale potranno trovare la propria consacrazione.
Lo script è molto leggero, tipicamente “fiabesco”, un po’ stucchevole per tutti coloro i quali si aspettavano qualcosa di più impegnativo ed articolato.
Oltre ciò l’opera è rea di aver semplificato esageratamente la narrativa riguardante un personaggio ambiguo come Barnum, ma di certo non ci aspettavamo un’opera politicamente impegnata, e ciò permette di mettere un minimo da parte queste critiche.
Nonostante ciò The Greatest Showman non ha nulla di cui pentirsi, finendo per diventare una pellicola di spicco del suo genere, capace di poter esaltare in toto le caratteristiche chiave che contraddistinguono un vero e spettacolare musical.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.