Rombi di tuono e boati fragorosi…Così si è chiuso il Playstation Showcase del Paris Games Week del 31 ottobre, che ha visto assoluta protagonista Sony. Ma il su citato sottofondo sonoro non è stato solo creato dai titoli bomba annunciati dal colosso nipponico, tra cui spiccano senza ombra di dubbio come Spider-Man, COD WWII, God of War, bensì dall’ultima, succosa novità presentata. Si tratta di un nuovo trailer di The Last of Us: Part II, che vede infatti protagonista un bel temporale con tanto di fulmini e saette…

Dopo l’annuncio in pompa magna, alla Playstation Experience il 3 dicembre 2016, dell’attessimo sequel del capolavoro di mamma Naughty Dog avevamo avuto solo rumors e news, tra cui piacevoli conferme e novità sul team di sviluppo. Su tutte, il ritorno alla scrittura della premiata coppia composta da Neil Druckmann e da Halley Gross, oltre a quello del compositore Gustavo Samtaolalla, le cui strimpellate di chitarra ormai vengono replicate in loop nei nostri cervelli. Ma tra tutte le confortanti notizie ce n’era anche una tragica: Bruce Straley, storico game director del precedente capitolo, non avrebbe preso parte al progetto. Per il resto, teorie, complotti, contro-complotti, fanfiction e ipotesi di ogni genere che troveranno altro combustibile con cui alimentarsi dopo l’ultimissimo trailer, mostrato in questi giorni in occasione della fiera parigina.

Non se lo aspettava nessuno. Infatti, gli spettatori presenti hanno impiegato un po’ di tempo prima di capire che si trattava effettivamente di The Last of Us.

Eppure, col senno di poi, era intuibile fin dalle sequenze iniziali. In quelle inquadrature che aprono il filmato, che ci introducono subito con una perizia tecnica fuori dal comune l’interno di una foresta mentre il cielo urla e vomita acqua, è difficile non riconoscere quello che promette di essere lo stile venturo del titolo.

All’interno di un sontuoso piano sequenza, vediamo le fronde degli alberi e la telecamera che si abbassa lentamente, fino a mostrarci due individui che trascinano una donna legata, assai muscolosa, priva di sensi. L’occhio si è posiziona in basso, al livello dei piedi che calpestano il terriccio bagnato (il rumore è così limpido che sembra di essere lì davanti), fino a portare la vittima di fronte al cappio che penzola in attesa di rompere il suo collo. Appesi ai rami, altri malcapitati che hanno subito lo stesso destino. Forse un rituale? Un sacrificio religioso?Una tortura primitiva?Le minacce e il coltello puntato al ventre della nostra protagonista paiono confermare questa versione. Nel frattempo, il rumore della pioggia sovrasta tutto il resto e si fatica a capire bene cosa sta succedendo, e perché.

 

E il resto (dato che rinneghiamo ogni forma di spoiler) vi lasciamo il piacere di scoprirlo da soli, rimandandovi alla visione. Una visione che, di sicuro, non è passata inosservata agli occhi dei primi fortunati che hanno avuto l’occasione di assistervi. Tempo un paio d’ore e il filmato, per la sua violenza, non ha esitato ad attirare l’attenzione e la condanna da parte dei soliti benpensanti della domenica. Però, in fin dei conti, hanno scelto di concentrarsi su un punto importante, per quanto a causa dei motivi sbagliati. Ciò che ci appare di diverso in questo trailer rispetto al primo di quasi due anni fa è una certa dose di brutalità che segna uno scarto netto rispetto al precedente capitolo. Certo, The Last of Us non era certamente un gioco all’acqua di rose che parlava di gare di cucina in stile Masterchef (per quanto le botte siano assai cruente in simili competizioni), ma una così accentuata componente, con tanto di torture e affini, costituisce un’aggiunta da non trascurare nella dinamica della serie. Anche perché, a pensarci bene, il gioco vedrà al centro i personaggi cresciuti (Ellie su tutti), esasperati da anni vissuti in uno scenario disperato e l’estendersi della sfumatura violenta sembra un’evoluzione conseguenziale, oltre ad essere un fattore che incrementa l’affinità della serie con le altre appartenenti al post-apocalittico. Non a caso, questo trailer ci conferma quello che il precedente aveva suggerito: al centro, più che la lotta contro i Clicker, ci sarà quella tra due rispettivi gruppi di sopravvissuti, senza per ora sapere nulla sul motivo che li ha spinti a guerreggiare tra di loro.

 

A parte ribadire quelli che paiono come i futuri toni crepuscolari della saga, il filmato introduce un altra novità da non sottovalutare: la presenza di nuovi personaggi. Al momento, di loro si sa solo il nome e il doppiatore. Si tratta di Yara (Victoria Grace), Lev (Ian Alexander), Emily (Emily Swallow), e, infine, un misterioso personaggio di cui non è stato svelato quasi nulla: la donna muscolosa portata al patibolo dai due scagnozzi. Le voci di corridoio già ipotizzano che possa essere la madre di Ellie, specialmente per colpa di certe somiglianze fisiche nel design delle due. Prospettiva che sembra molto probabile, dati i riferimenti alla maternità del video e per il modo con cui i Clicker sono trattati (“i demoni stanno arrivando”), cosa che suggerisce un’ambientazione più remota rispetto al presente del primo capitolo. E questo fa sorgere svariate domande sui 5 e passa minuti che abbiamo visto. Si tratta dunque di un flashback? Di un racconto intorno al fuoco? Oppure di una sequenza giocabile ambientata nel passato? Se così fosse, vorrebbe dire aver la possibilità di destreggiarsi tra ben due linee temporali differenti. Una scelta che, se ben gestita, potrebbe ampliare ulteriormente gli scenari di un titolo che ha fatto della narrazione il suo punto forte. Per ora, non ci resta che riprendere le solite elucubrazioni nella speranza di ingannare il tempo che ci separa da nuove rivelazioni o perfino e dall’annuncio della finestra di lancio. Anche perché si è visto troppo poco per poter avanzare un giudizio sul comparto tecnico. Di sicuro, siamo ben lontani da un risultato definitivo per quanto il tutto sembri ben avviato. Ma qualcosa arriverà. Bisogna avere fede. Cominciate già ad accordare le chitarre.

 

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!