Tra draghi, basilischi, non morti e demoni vari, quanto saranno risultati attendibili i combattimenti all’interno di The Witcher?

opo un pellegrinaggio estenuante, The Witcher è arrivato ad un momento di svolta, ma la lama di Geralt dovrà ancora fare molta strada per poter trovare le risposte che cerca.
Miyamoto Musashi, uno dei più grandi maestri di spada della storia dell’umanità, disse: ”Ogni volta che incroci le spade con un nemico non devi pensare di tagliarlo forte o debolmente; pensa solo a tagliarlo e ucciderlo”.
Una lezione spietata, letale, brutale, ma veritiera. La spada, o meglio, l’arte della spada (perché di questo stiamo parlando) prevede rigore, talento e soprattutto regole. Leggi scritte che servono ad affinare tecnica, movimenti, padronanza e conoscenza della propria fidata, nonché mortale, compagna di viaggio, ma anche leggi taciute, ma tramandate con il tempo.

Quando si incrociano due lame, solo una potrà avere l’onore e la fortuna di poter essere rinfoderata dal proprio padrone. Solo un duellante potrà ergersi, anche solo per una notte, come un pilastro di solenne dedizione e meticoloso talento. Vestigia di umanità depauperata dei propri significati sociali, finendo per essere ridotta all’istintività animalesca e bestiale.

Le lame sono state abbandonante con il tempo, ma la pellicola e i maestri della settima arte hanno deciso di omaggiarla costantemente. In primis, tra tutti quanti i generi, quello che ha sempre voluto esplorare questo universo a sé stante, è stato il fantasy.

witcher combattimenti henry cavill

Gli stunt sono sempre più pirotecnici e affascinanti, ma anche la fedeltà storica vuole la sua parte

Siamo riusciti, pertanto, anche nelle opere di finzione a mantenere una sorta di veridicità nell’arte del duello? Tra combattimenti all’ultimo sangue? Battaglie epiche contro mostri, demoni e uomini? È possibile rendere onore alla spada anche in universi fantastici?  E, cosa ancor più importante: Henry Cavill potrebbe sopravvivere in un vero duello?

Ovviamente la domanda è goliardica (anche se un penny sul granitico londinese li scommetterei in ogni caso), ma è anche vero che, soprattutto al giorno d’oggi, è necessario comprendere quanto possano essere affidabili le scene di combattimento (in questo caso di The Witcher) sotto l’ottica della scherma storica.

Partiamo con un presupposto che, banalmente, potrebbe diventare un disclaimer visibile in tutte le città del mondo: i combattimenti di The Witcher non sono “storicamente” affidabili.
Detto ciò, possiamo iniziare partendo dalle parole di Dave Rawling, maestro di spada alla London Longsword Academy, dopo la visione della battaglia di Blaviken: ”Henry Cavill è estremamente bravo nel posizionare il proprio fisico in base all’avversario, cerca di ottenere spazio”.

Una delle caratteristiche principali di qualsiasi duello con la spada risiede, infatti, nella costante ricerca di spazi, di distanze e di analisi delle misure che intercorrono tra i combattenti.
Cavill, nei panni di Geralt, fa ampio uso di mani, spinte, pugni e calci (soprattutto nello scontro con i fratelli Michelet nella seconda stagione) per allontanare i nemici. A Blaviken, invece, continua ad adoperare un piede perno per roteare e trovare le giuste spaziature. I movimenti sono fluidi e tutti quanti finalizzati ad avere una giusta percezione sensoriale dell’ambiente. Oltre a ciò, il movimento costante permetteva di riuscire a infilzare più facilmente nemici aventi il favore del numero.
Infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, anche in epoca medievale, gran parte dei duelli erano risolti da colpi di punta, anziché di taglio. Questo perché, banalmente, si era meno esposti ai fendenti avversari.

Quella di Geralt è una longsword a due mani (come le tranciapicche) con una lunghezza superiore ai 110cm. Una lama imponente, pesante, con un filo corposo e spesso, ma anche in grado di essere bilanciata nell’utilizzo (soprattutto di un sapiente Witcher) da un’impugnatura sopra la guardia.
Lo si vede perfettamente nel primo affondo a Blaviken, quando decide di aprire come una noce di cocco il cranio (gioiamo per la sospensione dell’incredulità) di uno sventurato combattente. In questa sequenza il Lupo afferra con la mano sinistra la propria spada per il forte (la parte sopra la guardia, dove il filo della lama è più spesso e fatto per reggere gli urti), permettendogli di avere una più agevole manualità.

Il problema di questa prima parte di scontro però nasce dall’impugnatura iniziale, con la lama rivolta verso il basso. Qui Henry Cavill adopera un moncherino (una spada tagliata e ricostruita poi in CGI in postproduzione) e comprendiamo che possa “fare figo” tenere una lama in questa maniera, ma risulterebbe essere un errore grossolano anche per un combattente mutante. Nessuno spadaccino, a livello storico, ha mai adoperato in questa maniera una spada, perché le capacità di movimento sarebbero stare ridotte al minimo, non avrebbe avuto la possibilità di difendersi dagli attacchi dall’alto e, soprattutto, l’apertura per infliggere un colpo in questa posizione sarebbe stata tutto fuorché facile da trovare.

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The Witcher resta eccezionale negli stunt e nei movimenti, peccato per alcuni dettagli cruciali

Un “miglioramento”, invece, si nota già nel combattimento con Renfri. La figlia di Fredefalk, durante lo scontro, usa una spada a punta (quasi da stocco) insieme a una daga. Una scelta ottimale per poter affrontare un avversario con leve superiori come il Witcher.
La daga, o anche i classici pugnali, erano spesso utilizzati durante i duelli per poter colpire fatalmente il proprio avversario impegnato in una parata o una volta ridotte le distanze. In questo scontro la giovane è esageratamente credibile. Tolta qualche giravolta eccessiva, va sempre alla ricerca dello stallo, in modo tale da poter pugnalare Geralt. Il Lupo, invece, vista l’impossibilità di avere un vantaggio sugli affondi, opta per fendenti dall’alto, provando a destabilizzare l’avversaria grazie alla differenza di mole. Uno scontro vivo e ricco di spunti interessanti che avrebbero fatto gioire il buon Rawling.

Dopo un inizio incerto nella seconda stagione, con Geralt che decide di finire una Bruuxa con un colpo alla cieca posizionandosi come se avesse uno semplice stiletto tra le mani, l’evoluzione definitiva dei movimenti di Cavill la si ottiene sin dallo scontro con il povero Eskel infettato dal Leshy. Combattere contro una creatura mostruosa, ovviamente, non è come incrociare le lame con un umano, ma in questa sfida il Witcher deve mantenere costantemente una posizione difensiva, ovviando al problema di ricevere attacchi da ogni direzione. Qui è accerchiato dai rami del mostro, come se un manipolo di uomini l’avesse circondato. Le parate sono tutte perfettamente assimilabili alla scherma moderna, con la lama posta dalla prima alla quarta, per difendere petto e fianchi. Non c’è il tentativo di attacco, ma il paziente studio delle finestre lasciate aperte dalla creatura.
Come al solito la postura delle gambe è perfetta e il costante gioco con l’ambiente permette al mutante di trovare posizioni più sicure, offrendo meno aperture possibili.

Cosa accadrebbe, però, se il nostro protagonista si dovesse trovare senza la propria amata spada? I fratelli Michelet hanno deciso di fare questo fatale esperimento nel Tempio di Melitele. Geralt, per l’ennesima volta, viene accerchiato, ma questa volta è disarmato. Come già anticipato precedentemente, la cosa migliore da fare è prendere costantemente le distanze nella speranza di trovare un modo di disarmare l’avversario. Cavill fa valere tutta la sua fisicità con pugni, spinte e giochi di gambe e, non appena si ritrova in un “semplice” uno contro uno, blocca un fendente, si appropria dell’arma del nemico e inizia a colpire gli avversari con tagli bassi.
La scelta di questi colpi non è casuale, ma è dettata dall’ambiente. Questo perché, in uno spazio così ristretto, riuscire a limitare i movimenti nemici con ferite alle gambe è il modo migliore per sminuirne la capacità offensiva in attesa di eliminarne qualcuno.
Un’ottima scelta che dimostra che oltre alla tecnica, c’è anche molta tattica.

The Witcher, in sostanza, ha portato rispetto a questa nobile ed antica arte, nonostante qualche sbavatura. Piccoli accorgimenti e numerosi dettagli che, probabilmente, saranno sfuggiti all’osservatore meno attento, ma abbiamo sempre saputo che il diavolo si cela nei dettagli, e per un Witcher, probabilmente, sarebbe sconveniente potergli offrire “il fianco”.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.