Rita Petruccioli fa il suo esordio come autrice unica con Ti chiamo domani, racconto on the road in pieno stile Bao

Alcuni autori  hanno così tanto da dire che stupisce che non l’abbiano fatto prima. Così, dopo una fiorente carriera da illustratrice, Rita Petruccioli approda nel mondo della scrittura e pubblica con BaoPublishing Ti chiamo domani, il suo primo libro da autrice unica. Avevamo già avuto modo di ammirare lo stile della Petruccioli in Frantumi  dove la scrittura era, però, stata affidata allo sceneggiatore Giovanni Masi. Eppure anche là l’impronta di Rita era evidente, il carisma dei personaggi e la delicatezza della graphic novel erano intrinsecamente legate alla resa grafica. Oggi, la casa editrice milanese propone il suo volume, personale, profondo e complesso, in cui l‘autrice mette su carta la propria sensibilità attraverso un racconto per immagini e per parole dall’aspetto sofisticato, che tanto ricorda quel fumetto francese su cui lei stessa afferma di essersi formata.

Ti chiamo domani è il racconto di un viaggio di un paio di giorni da Tolosa a Roma. La protagonista, Chiara, è giovane, solare, entusiasta e libera. Chiara è la creatura esemplare della generazione Erasmus, pronta a cambiare città e stile di vita con uno zaino in spalla, senza troppe pianificazioni o vincoli. La sua voglia di chiacchierare si scontra con il suo compagno di viaggio, Daniele che – invece – ha tutta l’aria di volersi godere il tragitto in religioso silenzio. Ma, come spesso accade nelle storie di questo tipo, gli opposti finiranno per attrarsi e per creare un frammento di vita condivisa di profonda e rara empatia.

Ti chiamo domani: tra fortezze interiori ed esteriori

Il viaggio in cui ci conduce Rita Petruccioli è una metafora di un periodo preciso nell’esistenza della giovane protagonista, in cui affronta le proprie incertezze e mette le basi per la sua vita futura di donna. Affiancata dalla lettura de Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, Rita racconta il momento esatto in cui si abbandona la propria fortezza interiore, si spezza la contemplazione del confine e si prende la decisione di mettersi in viaggio. E, per farlo, non si ricorre a un’eroina o a un’ambientazione fantastica, ma a una ragazza come tante, in cui la lettrice – o il lettore – potrà facilmente riconoscersi.

Quello che Chiara affronta non è un momento semplice, ma la lezione che impara grazie alla fuga sarà custodita come un tesoro prezioso nella sua vita a venire, o – almeno – questo è quello che speriamo. 

ti chiamo domaniChiaramente, il sospetto autobiografico è dietro l’angolo ad ogni pagina, ma il comportamento della protagonista ha un carattere universale, che rende la fonte d’ispirazione del tutto secondaria. Tante volte, nel cuore insicuro di un giovane individuo in formazione, l’aspetto romantico prende il sopravvento sulla propria autodeterminazione, portando nella maggior parte dei casi a prendere delle decisioni sbagliate. La retorica della coppia che dilaga nella cultura di ogni dove e ogni quando, anzi, induce tanto spesso a pensarsi incompleti se non impegnati in una relazione stabile. Questa gabbia costringe a compromessi, vite a metà, errori e rimpianti. Ed ecco che la storia di Chiara diventa la storia di tutti, di chiunque abbia – in un momento della propria vita – avuto il coraggio di dire “No” o, perlomeno: “Aspetta un attimo”.

Ti chiamo domani, ma anche no.

La vivacità di Chiara e la sua attitudine creativa ed estroversa sono l’involucro – autentico – di una sofferenza interiore, alla cui scoperta il lettore è guidato piano piano. Parliamo di quella ferita, la cui cura richiede tempo, amore (per se stessi) e fatica, che nasce dalla sensazione di non essere stati parte attiva nella propria vita. L’Io come oggetto e non come soggetto senziente, a cui è sottratta la possibilità di decidere ciò che è meglio per sé è il grande mostro da cui fugge la protagonista. 

Nella figura di Kevin, innamorato, determinato a tenere la ragazza accanto a sé a lungo e a qualunque costo, troviamo lo spauracchio di ogni relazione: l’annullamento della nostra volontà in quella dell’altro. Questo pericolo, che accende una gigantesca spia di allarme nei personaggi e nel lettore, diventa concreto in maniera devastante nell’incontro sessuale tra Kevin e Chiara.

Tutto nasce per caso, lo spiraglio si apre per il buon cuore della ragazza, l’amicizia è presa e fraintesa come consenso. Tuttavia, nello sgomento e nella disperazione della ragazza, protagonisti di una memorabile splash page, si ribadisce che in nessun caso il consenso può essere sottinteso. Attenzione a non trascurare questo importante messaggio che, per quanto la Petruccioli non calchi particolarmente la mano, parla forte e chiaro qualunque sia il tono con cui lo si voglia esprimere.

ARFestival 2019 – Intervista a Rita Petruccioli

ARFestival 2019 – Intervista a Rita Petruccioli#ARF5

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Note stilistiche e pregi estetici di Ti chiamo domani

Lo stile con cui Rita Petruccioli costruisce la sua storia è minuzioso, studiato, frutto di una precisione e di un controllo assoluto del mezzo. L’uso di diverse palette e dell’assenza cromatica totale in pochi momenti-chiave, inoltre, dimostrano una forte consapevolezza espressiva anche del colore. A seconda del piano narrativo in cui ci troviamo, infatti, l’autrice sceglie una scala di tonalità che immediatamente evoca l’atmosfera e le sensazioni legate a quel momento del racconto.

La resa grafica dei personaggi, profondamente debitrice della formazione di Rita come illustratrice e non come fumettista pura, contribuisce senza alcun dubbio a rendere il prodotto esteticamente interessante, bello da vedere, al di là della profondità del testo. Ancora una volta il fumetto vince la sfida della bidimensionalità, entrando dolcemente nei labirinti mentali ed emotivi di Chiara e Daniele, più umani degli umani in carne ed ossa.

Da un punto di vista narrativo, Ti chiamo domani si comporta come un racconto on the road, in cui il fascino del viaggio – su un camion, un mezzo così distante dall’immaginario un po’ radical chic delle graphic novel – si moltiplica in un caleidoscopio introspettivo. Probabilmente, sarebbe stato altrettanto interessante concedersi lo spazio e il tempo per entrare in maniera più approfondita nella storia e nei pensieri dei due personaggi, per comprendere con maggiore chiarezza le cause delle loro decisioni. Ma questo è un voyerismo che la Petruccioli non ci concede: discreta, impenetrabile, racconta ciò che vuole raccontare. 

 

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.