Truth Seekers è la nuova serie comedy/sci-fi degli autori della Trilogia del Cornetto

Squadra che vince non si cambia? Di certo, non la squadra composta da Nick Frost e Simon Pegg, duo protagonista della Trilogia del Cornetto. Composta dai film L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo, tutti diretti da Edgar Wright e da lui scritti insieme a Pegg, la trilogia è il trionfo del British humour declinato in salsa prima horror, poi poliziesca, infine sci-fi. E proprio quest’ultimo filone è quello su cui si inserisce Truth Seekers, serie comedy in otto episodi interpretata oltre che scritta da Frost e Pegg, insieme con James Serafinowicz e Nat Saunders, per Amazon Prime Video.

Ambientata nel Regno Unito, la serie segue le avventure paranormali di Gus Robertson (Frost), un tecnico dell’azienda di telecomunicazioni Smyle che affianca al proprio lavoro l’interesse per i fantasmi e il sovrannaturale: le case che sceglie per installare modem e router sono spesso infestate, dandogli pane per il suo canale YouTube “Truth Seeker”. La musica cambia quando il suo capo, Dave (Pegg), gli affianca un collega da formare: è il giovane Elton John (Samson Kayo), che si unisce suo malgrado a Gus nelle spettrali esplorazioni.

Truth Seekers

Il duo diventa presto una squadra, con l’arrivo della misteriosa Astrid (Emma D’arcy) e con il coinvolgimento di Helen (Susie Wokoma), la sorella di Elton, e del padre di Gus Richard (Malcolm McDowell): unire le forze si rende necessario quando Peter Toynbee (Julian Barratt), famoso esperto di paranormale, sembra nascondere qualcosa di pericoloso per tutti.

Tra gag e paranormale

La struttura di Truth Seekers appare come un omaggio a X-Files, madre di tutte le serie tv sci-fi: ogni episodio si concentra infatti su una trama verticale, che inizia e finisce nell’arco di mezz’ora, sebbene si ricorra (troppo) spesso all’espediente del cliffhanger finale, che fa intuire come il caso non sia risolto, sebbene non venga mai più ripreso nella serie. Questo accade a scapito della trama orizzontale, che per i primi tre episodi non riesce a emergere diventando prominente solo dal quarto in poi: trattandosi di una serie di otto puntate, si tratta di una scelta narrativa che richiede un grande atto di fede da parte dello spettatore.

La fiducia da accordare alla serie diventa ancora più importante nel momento in cui lo spettatore accetta il fatto che si tratti di una comedy impropria. Certo non è da definirsi una serie drammatica, ma è ben lontana dalla sagacia di battute e gag cui i film di Wright ci hanno abituati. I momenti divertenti ci sono, così come ci sono dialoghi brillanti, ma quello comico non è l’aspetto prominente di Truth Seekers: qui, a farla da padrone sono più che altro i fantasmi e gli spiriti. È una serie molto più sci-fi di quanto si possa pensare, molto più mitologica di quanto la patina da comedy possa suggerire, e il risultato è che il suo lato paranormale sovrasta di gran lunga quello divertente e spassoso. Non che questo sia un male, anzi: la suspense è ben architettata, le situazioni sono suggestive quanto basta da non renderla una serie spaventosa, ma neanche da guardare tranquillamente da soli al buio. Solo che, come sempre, è una questione di aspettative.

Truth Seekers

Truth Seekers: il segreto sta nella componente umana

Il grande merito di Truth Seekers, comunque, non sta né nelle sue battute né nei suoi fantasmi, ma piuttosto nella chimica tra i suoi personaggi. Sorprendentemente, Nick Frost e Simon Pegg condividono davvero poche scene sullo schermo: mentre il primo ha un ruolo da protagonista, il secondo fa sporadiche e brevi apparizioni nei primi otto episodi della serie. L’alchimia che Frost crea col suo improbabile gruppo di acchiappafantasmi, però, non si trova facilmente: gli attori sono tutti davvero molto bravi nel restituire in maniera verosimile e accattivante le dinamiche che si instaurano tra individui che si conoscono appena e altri che si conoscono da una vita.

L’effetto è talmente sorprendente che sembra quasi di essere lì con loro, oppure di aver passato nel van scapestrato di Gus qualche settimana, se non qualche mese: il senso di familiarità che la serie restituisce, quasi come se i protagonisti fossero vecchi amici di chi guarda, fa sì che si perdoni tutto. Oltre i fantasmi c’è di più, per parafrasare qualcuno: è l’aspetto umano qui a essere impagabile, più di quanto un qualsiasi ectoplasma potrà mai fare.

Martina Ghiringhelli
Nasco in un soleggiato mercoledì a Milano, in contemporanea col trentesimo compleanno di Cristina D’Avena. Coincidenza? Io non credo: le sue canzoni sono un must nella mia macchina, e non è raro vedermi agli incroci mentre canto a squarciagola. Altri fatti random su di me: sono laureata in cinema, sono giornalista pubblicista, ho dei gusti musicali che si prendono tragicamente a pugni tra loro, adoro la cultura giapponese, Mean Girls è il mio credo e soffro ancora di sindrome da stress post-traumatico dopo il finale di Game of Thrones.